LA DIMENSIONE ETICA DELLA COMUNICAZIONE (3) – Etica nelle comunicazioni sociali

By 14 Febbraio 2025Pillole di saggezza

Dopo aver commentato nelle scorse settimane il termine “etica” e averlo concretizzato in internet, nella comunicazione per il giornalismo e per la pubblicità, oggi poniamo l’attenzione sulle “comunicazioni sociali” esaminando un Documento del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali: “L’etica delle Comunicazioni Sociali” del 4 giugno 2000.
Il Documento, composto da un’ “Introduzione” e da una “Conclusione” e da tre parti, esordisce con questa affermazione: “I principi e le norme etiche importanti in altri campi valgono anche per il settore delle comunicazioni sociali. I principi di etica sociale, come la solidarietà, la sussidiarietà, la giustizia, l’equità e l’affidabilità nell’uso delle risorse pubbliche e nello svolgimento dei ruoli che si basano sulla fiducia della gente, sono sempre da tenere in conto. La comunicazione deve essere sempre veritiera, perché la verità è essenziale alla libertà individuale e alla comunione autentica fra le persone”(3).

Introduzione (1-5)
“L’impatto delle comunicazioni sociali è fortissimo”(2). Con questa espressione, il testo indica da una parte la problematicità dell’argomento e dall’altra la diligente vigilanza richiesta dai mezzi di comunicazione ben consapevoli che “non fanno nulla da soli. Sono strumenti, cioè mezzi utilizzati nel modo in cui le persone scelgono di utilizzarli”(4). Di conseguenza si pone un interrogativo etico: “i mezzi di comunicazione sociale vengono usati per il bene o per il male?”(1).

Le comunicazioni sociali a servizio della persona umana (6-12)
Le comunicazioni sociali hanno un potere immenso sulla promozione della felicità umana e sulla sua realizzazione” (6). E, di seguito, si specificano questi “benefici.
A livello economico”: “i complessi sistemi nazionali e internazionali di oggi non potrebbero funzionare senza i mezzi di comunicazione sociale”(7); sarebbero destinati al collasso con una enorme perdita per le società e per le persone.
A livello politico”: “permettono ai leader di comunicare rapidamente e direttamente con il pubblico”(8), cioè rendono partecipi i cittadini a vari processi politici. Inoltre, “sono importanti strumenti di responsabilità, perché evidenziano l’incompetenza, la corruzione e gli abusi di fiducia, richiamando l’attenzione sulla necessità di competenza, di vitalità e di devozione al dovere”(8).
A livello culturale”: “offrono alle persone l’accesso alla letteratura, al teatro, alla musica e all’arte che altrimenti sarebbero per loro inaccessibili e in tal modo promuovono lo sviluppo umano nel rispetto della conoscenza, della saggezza e della bellezza”(9).
A livello educativo”: “dalla scuola al luogo di lavoro e in diverse fasi della vita (…) e varcano le barriere della distanza e dell’isolamento”(10).
A livello religioso”: “offrono notizie e informazioni su eventi, idee e personaggi relativi alla religione”(11).
Così si conclude la prima parte. “In tutti questi settori, economico, politico, culturale, educativo, religioso e anche in altri, si possono utilizzare i mezzi di comunicazioni sociale per edificare e sostenere la comunità umana. Tutte le comunicazioni infatti, devono essere aperte alla comunione fra persone”(12).

Comunicazioni sociali che violano il bene della persona (13-19)
La seconda parte del Documento mette in guardia che i mezzi di comunicazione sociale possono trasformarsi in elementi negativi e anche distruttivi della persona e della comunità.
Sono ripercorsi con osservazioni negative i settori precedentemente illustrati positivamente.
A livello economico”: ”talvolta, i mezzi di comunicazione sociale vengono usati per edificare e sostenere sistemi economici al servizio dell’avidità e della bramosia”(14). Di conseguenza “contribuiscono alle ingiustizie e agli squilibri che causano quello stesso dolore che poi riportano come informazione”(14).
A livello politico”: “politici senza scrupoli utilizzano i mezzi di comunicazione sociale per demagogia e per l’inganno a sostegno di politiche ingiuste e di regimi oppressivi” (15). Riferendosi al numero 17 dell’Enciclica di papa Giovanni Paolo II “Evangelium vitae” sono messi in evidenza alcuni atti contrari alla dignità della persona e della vita umana. Come? “…accreditando nell’opinione pubblica quella cultura che presenta il ricorso alla contraccezione, alla sterilizzazione, all’aborto e alla stessa eutanasia come segno di progresso e conquista di libertà, mentre dipingono come nemiche della libertà e del progresso le posizioni incondizionatamente a favore della vita”(16).
A livello culturale”: dopo aver condannato la superficialità e il “cattivo gusto” che alcuni mezzi di comunicazione utilizzano(cfr. 16), il Documento si pone la problematica delle semplificazioni eccessive delle discussioni complesse, a volte non chiarificate adeguatamente, ma fatte oggetto di “programmi di intrattenimento e di spettacoli di tipo fuorviante e disumanizzante”(16).
Osserva Mario Cascone, riferendosi alla bioetica: “Tutto questo interesse è sicuramente positivo, a patto però che l’attenzione crescente nei confronti della bioetica non porti la gente a trattare le delicatissime questioni sulla semplice scorta di un sentire emotivistico e pietistico, che non si avvale del rigore logico delle argomentazioni razionali e della costante ricerca della verità oggettiva, da porre a base delle singole decisioni (…). La bioetica non può fondarsi sull’emotivismo, che facilmente fa presa sulla cosiddetta ‘pubblica opinione’, ma non prende in seria considerazione gli elementi valoriali e le responsabilità morali che incombono su ogni applicazione tecnica delle nuove scoperte scientifiche”(Diakonìa della vita. Manuale di bioetica, Università della Santa Croce, pg. 28).
A livello educativo”: “invece di promuovere l’istruzione, i mezzi di comunicazione sociale possono rivolgere altrove l’attenzione delle persone e far perdere loro tempo. In tal modo sono i bambini e i giovani che vengono particolarmente colpiti, ma anche gli adulti soffrono assistendo a spettacoli banali e scadenti”(17).
A livello religioso”: in questo settore sono presenti le principali negatività trasmesse dai mezzi di comunicazione sociale. Si ignorano o si emarginano le esperienze religiose, spesso sono affrontate con superficialità e con curiosità. Si promuovono “mode religiose” e si giudica l’aspetto religione utilizzando parametri “secolari”, “imprigionando la trascendenza entro i confini del razionalismo e dello scetticismo” ( 18).
La conclusione della parte è indubbia: “i mezzi di comunicazione sociale si possono utilizzare per fare il bene o per fare il male. E una questione di scelte”(19).

Alcuni importanti principi etici (20-26)
Il principio etico fondamentale che il Documento propone è enunciato al numero 21 e riguarda il rispetto in ogni situazione dell’uomo: “la persona umana e la comunità umana sono il fine e la misura dell’uso dei mezzi di comunicazione sociale. La comunicazione dovrebbe essere fatta da persone a beneficio dello sviluppo integrale di altre persone”(21).
Il bene e la felicità di ogni uomo sono norme assolute assieme al “bene comune” reputato il secondo principio etico(cfr.: 22).
Il terzo “riguarda la partecipazione pubblica al processo decisionale relativo alla politica delle comunicazioni”(24). Rammenta il Documento: “le decisioni sui contenuti e sugli orientamenti dei media non dovrebbero essere affidate solo al mercato e a fattori economici, ossia ai profitti, perché non ci si può basare su questi ultimi né per tutelare l’interesse pubblico in generale né gli interessi legittimi delle minoranze in particolare”(24).
L’incombenza etica, in particolare, il “discernimento”, la “selezione” e la “formazione” (cfr.: 25), oltre la ricerca della “libertà d’espressione” da garantire sempre (cfr.: 26), coinvolgono non unicamente i professionisti dei mezzi di comunicazione sociale ma anche i “fruitori”.

Conclusioni (27-33)
Nelle conclusioni, il Documento, contemplando il Signore Gesù, “il modello e l’esempio della nostra comunicazione” (33), dopo aver esposto il Suo insegnamento di comunicatore, rivolge un appello al cristiano per una presenza consapevole e responsabile in questo settore: “Il comunicatore cristiano in particolare ha un compito profetico, una vocazione: parlare contro i falsi dei e idoli di oggi, il materialismo, l’edonismo, il consumismo, il gretto nazionalismo…, sostenendo un corpo di verità morale basato sulla dignità e sui diritti umani, sull’opzione preferenziale per i poveri, sulla destinazione universale dei beni, sull’amore per i propri nemici, e sul rispetto incondizionato per la vita umana fin dal momento del concepimento al suo termine naturale, perseguendo il fine della più perfetta realizzazione del Regno in questo mondo, restando consapevoli del fatto che, alla fine dei tempi, Gesù ripristinerà tutte le cose e le riporterà al Padre (cfr.: 1 Cor 15, 24)”(31).

Don Gian Maria Comolli

 

Precedenti:

LA “DIMENSIONE ETICA” DELLA COMUNICAZIONE (Prima parte)

LA DIMENSIONE ETICA DELLA COMUNICAZIONE GIORNALISTICA E PUBBLICITARIA (Seconda parte)