Utilizzare questo tempo di restrizioni causate dalla pandemia per riscoprire le nostre origini cristiane attraverso l’arte. La rubrica Facebook di un giovane sacerdote salernitano propone riflessioni su arte e fede accompagnandole con le immagini del nostro patrimonio artistico.
L’uso dei social network per comunicare e diffondere celebrazioni e preghiere è divenuta ormai una costante per i sacerdoti in tempi di Covid-19. In provincia di Salerno, don Bartolomeo De Filippis, viceparroco della parrocchia di San Biagio a Lanzara, nel comune di Castel San Giorgio, ha pensato anche a un altro modo per far sentire la vicinanza della Chiesa ai fedeli costretti in casa e per accompagnare la preghiera: raccontare i simboli artistici e liturgici attraverso le immagini sacre del nostro patrimonio culturale, in particolare quello salernitano. Dai primissimi giorni del lockdown, il giovane sacerdote salernitano ha iniziato a postare su Facebook delle brevi riflessioni, dal titolo: #EVITIAMOOGNICONTAGIOTRANNEQUELLODELLABELLEZZA!
Inizialmente erano delle pillole giornaliere, brevi rubriche di arte e fede. Col proseguire dei giorni, gli elevati numeri di like e condivisioni lo hanno spinto a sviluppare testi più lunghi e riflessioni più approfondite. Ordinato sacerdote nel 2019 a 25 anni, don Bartolomeo, che da vice parroco si occupa della catechesi e prima del Seminario ha frequentato il liceo artistico, accosta ad ogni post giornaliero su Facebook un’opera d’arte. Per lo più si tratta di opere del Museo diocesano di Salerno o di particolari architettonici e artistici della Cattedrale cittadina. “La bellezza salverà il mondo! E perché non tradurre tutto questo nel contesto della pandemia che stiamo vivendo? La bellezza – dice nella sua intervista a Vatican News – è qualcosa che ci apre alla speranza, è quella realtà che ci fa vivere incarnati in questo tempo, in questa situazione, ma nello stesso tempo ci reca fiducia e ci apre a una realtà molto più grande e che va oltre le difficoltà che stiamo vivendo un po’ tutti ”.
Intervista a don Bartolomeo
Il contagio della bellezza
L’idea è nata dalle considerazioni del sacerdote su questo periodo caratterizzato dalle distanze fisiche: “Se da una parte c’è l’aumento della cultura delle immagini, l’attenzione all’immagine, in tutto questo – continua don Bartolomeo – si può inserire il discorso artistico, per far comprendere sempre di più come siamo legati dallo stesso segno, dalle stesse immagini; immagini che ritroviamo sia nella nostra fede sia nella tradizione, ma anche nel nostro quotidiano. La rubrica – aggiunge – è strutturata come una catechesi liturgica, una catechesi artistica. La riscoperta dei padri della Chiesa ha favorito la stesura di queste riflessioni, che partono dalla simbologia per portare alla riscoperta delle origini e favorire anche una fede matura, in un tempo in cui siamo chiamati a viverla in modo particolare nelle nostre case”.
L’elogio delle api e le case come piccole chiese
Il post di oggi è dedicato all’elogio delle api. “In questi giorni – spiega il sacerdote- sentivo come molti lamentavano il fatto di essere separati nelle proprie abitazioni. Dai social si vede come ognuno vive una propria Chiesa, nel senso che le case si sono trasformate in tante piccole chiese e questa esperienza può essere figurata da due immagini che la liturgia pasquale presenta in questo tempo: il cero e le api. In particolare l’elogio delle api, cui fa riferimento l’Exultet, ci dice che le api sono divise tra loro ma sono riunite in un unico alveare. Questa è l’esperienza della Chiesa, l’esperienza ecclesiale che stiamo vivendo in questi giorni. Quindi il simbolo dell’ape può farci comprendere che anche se siamo divisi nelle nostre abitazioni, siamo comunque riuniti intorno all’unica ape madre che è la Chiesa”.
Il patrimonio artistico locale
All’inizio don Bartolomeo ha cominciato con i simboli delle catacombe cristiane, poi man mano ha cominciato ad attingere dal patrimonio artistico locale, ponendo al centro dell’attenzione le opere del territorio. “Papa Francesco ricordava come i monumenti e le diverse forme artistiche non sono monumenti del passato ma realtà vive, dinamiche, partecipative. La parola di Dio, la Chiesa stessa, la liturgia – conclude – sono realtà vive, quindi un’opera, un quadro, un elemento liturgico può dire qualcosa alla mia vita di oggi e può essere per me un messaggio di speranza e vicinanza di Cristo in questo momento”.
Elvira Ragosta
18 aprile 2020
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