Micro chiusure, test rapidi e responsabilità: il segreto spagnolo si può esportare.
Sul volo Milano-Madrid è l’argomento più dibattuto. Da mesi. I veterani della tratta mettono in guardia i pivellini. «Vedrai a Madrid. E’ tutto aperto. Dalle scuole ai ristoranti, ai negozi. Un’altra vita. Gli spagnoli si lamentano di dover andare a casa presto, ma per noi italiani la chiusura alle 23 è un miraggio». La differenza nella quotidianità dei due motori economici è impressionante. Da ottobre, la regione di Madrid è rimasta sostanzialmente aperta, la Lombardia quasi sempre chiusa. Il sacrificio chiesto a negozianti, ristoratori e studenti lombardi è stato enorme rispetto a quello dei loro colleghi madrileni.
Milano e Madrid sono le aree più colpite dal Covid nei rispettivi Paesi e i loro governi locali spesso sono stati messi sotto accusa. Si tratta di grandi aree metropolitane con fitti sistemi di trasporto. Multicentrica la Lombardia con Brescia, Bergamo, Pavia, Varese, Como, Milano ormai indistinguibili. Più concentrata Madrid, ma con due dozzine di linee metropolitane che di solito vengono indicate come rischiose fonti di contagio. L’impressione di chi viaggia tra le due città è confermata dai dati: Madrid (aperta) ha comunque patito meno il Covid della
Lombardia (chiusa) sia in termini sanitari sia economici.
Per un confronto il più possibile sensato, abbiamo eliminato dal conteggio il primo periodo, quello in cui il Nord Italia e la Lombardia in particolare hanno battuto tutti i record negativi di infezione e letalità, ma anche il periodo estivo, quello in cui è stata la Spagna ad avere un’impennata di vittime. Il primo ottobre, all’inizio della stagione fredda, la Lombardia si presentava con 107 nuovi positivi e 5 morti al giorno contro i 952 e 50 morti di Madrid. Secondo la logica delle chiusure, chi avrebbe dovuto entrare in isolamento era la Comunidad spagnola. Invece dall’1 ottobre 2020 al 30 marzo 2021 le politiche di contrasto alla pandemia si sono divaricate: Madrid permissiva, con chiusure limitate a singoli quartieri, Milano e le sue sorelle rinserrate. La metropoli spagnola pur con mascherine, distanziamenti e “coprifuoco” ha mantenuto cinema, ristoranti, teatri e scuole quasi sempre operativi anche la sera. La Lombardia no. Eppure l’epidemia ha colpito di più la metropoli prudente.
Tra ottobre e marzo Milano ha avuto la media di 6.200 positivi ogni 100mila abitanti, Madrid qualcuno meno, 5.800. Maggiore il vantaggio della capitale spagnola sui decessi. In Lombardia sono stati 136 ogni 100mila abitanti, a Madrid 98. A minori chiusure ha corrisposto un miglior andamento economico. La Lombardia, più chiusa del resto d’Italia, ha perso il 9,8% del proprio Pil contro una media dell’8,9 nazionale. Madrid, invece, più aperta anche del resto della Spagna, ha retto un po’ meglio, perdendo il 10,3% di Pil contro l’11% nazionale.
Sicuramente insufficienti a spiegare le differenze tra le due aree, ma sempre utili sono anche altre statistiche. L’età ad esempio. La Lombardia ha il 28% degli abitanti sopra ai 60 anni (e il 17% sopra i 70) mentre la Comunidad è un poco più giovane (e quindi favorita davanti al Covid) con il 26,8% sopra i 60 anni (e il 16,3 sopra i 70). A Madrid, anche in tempi normali, si muore meno. Nel quadriennio 2015-2019 ci sono stati 704 decessi ogni 100mila abitanti, nell’anno del Covid (il 2020) sono aumentati del 43% fino ad arrivare a mille ogni 100mila abitanti. In Lombardia in tempi normali i decessi erano invece 997 e sono saliti nel 2020 a 1360 sempre ogni 100mila (+36%, 7 punti in meno che nella Comunidad). Altro aspetto strutturale (e misurabile) che sembra favorire Madrid è il suo sistema sanitario. A inizio pandemia la Lombardia aveva 9 posti letto di terapia intensiva ogni 100mila abitanti e Madrid 14. Un altro potrebbe essere il clima che permette di incontrarsi all’aperto con più facilità a Madrid che in Lombardia. Un altro ancora il minor inquinamento.
Sulla rivista scientifica The Lancet di febbraio, un pool di esperti spagnoli ha presentato tre fattori chiave dello «sforzo titanico di Madrid per controllare la seconda ondata». Primo: la scelta di estendere a tappeto (a chiunque, in qualunque momento e negli ambulatori sotto casa) i test rapidi. “Sicuramente meno attendibili, ma hanno permesso di raddoppiare il numero dei test”. Secondo: la conta del virus nelle acque reflue per identificare e isolare i quartieri prima dell’esplosione del contagio. Circa 2 milioni di abitanti su 6,6 milioni sono stati coinvolti da questo tipo di micro chiusure. Terzo: l’accesso ai test e la consapevolezza del tasso di contagio nel proprio quartiere ha aumentato il livello di responsabilità dei cittadini e la loro attenzione nell’uso delle mascherine e del distanziamento.
E’ esportabile il modello madrileno? «Le ondate pandemiche non colpiscono in maniera sincrona – spiega il professor Paolo Bonanni, epidemiologo dell’Università di Firenze -. Durante l’epidemia Spagnola alla fine della prima Guerra Mondiale, proprio nella penisola iberica hanno avuto una terza ondata che non è arrivata in nessun altro luogo. Perché? Non lo sappiamo. Abbiamo pochissimi strumenti, pur nella nostra epoca, per capire le ragioni dei picchi. I fattori da inserire nel modello sono talmente tanti e variabili nel tempo che basta ignorarne uno per far fallire tutto».
Intanto, però, anche l’altro ieri (7 aprile) Madrid continuava a stare meglio della Lombardia. Aveva più infetti, ma meno vittime: 2.394 nuovi positivi (36 ogni 100mila abitanti) contro i 2.569 lombardi (25 ogni 100mila) e 19 decessi contro 109 (0,2 contro 1 ogni 100mila).
Andrea Nicastro
Corriere della Sera
9 Aprile 2021