Lo strano clima intorno al titolare della Salute. E adesso c’è anche una mozione di sfiducia della Meloni che tenta la Lega E’ palpabile. C’è un clima strano intorno a Roberto Speranza. E non solo perché Giorgia Meloni lo ritiene “inadeguato e incompetente” e Matteo Salvini lo attacca e lo sfotte per il libro ritirato. C’è di più. Anche oltre le inchieste su Domenico Arcuri e sul piano pandemico fermo al 2006. Aria pesante.
Bisogna andare alla Camera, allora. Dove il ministro della Salute è atteso per un’informativa sui vaccini. Eccolo, sta parlando: faccia da bambino, 42 anni, scodella numeri. E’ teso. Poco prima in un corridoio ha confessato ai deputati del Pd (ex compagni che gli vogliono bene): “Sono assediato”. E se n’è andato. Chissà se gli hanno riferito cosa pensa sul serio Draghi.
Per esempio in queste ore si sta facendo largo una convinzione a Palazzo Chigi. Riguarda la “struttura” del ministero della Salute ritenuta “ideologica”. Una constatazione che arriva proprio in questi giorni con il premier intenzionato a pianificare riaperture definitive e non provvisorie.
E’ naturale poi che tutto questo, ma c’è dell’altro, vada a finire addosso a Speranza.
Tutti contro il ragazzo lucano con la passione della politica, pupillo di Pier Luigi Bersani che lo scelse nel 2012 per coordinare la sua mozione alle primarie contro Matteo Renzi. Lo stesso che adesso, dai banchi di Italia viva, chiede una commissione d’inchiesta sulle responsabilità e sulla catena di comando ai tempi della prima ondata del virus.
Meglio ritornare dentro. Il ministro della Salute non ha ancora finito di parlare in Aula. Da Fratelli d’Italia cori di buu con sguardi maliziosi ai colleghi della Lega: “Noi possiamo contestarlo, voi dovete frenarvi: tiè!”.
Speranza intanto fa finta di nulla: legge. Rassicura sui vaccini e ribadisce che sulle aperture serve “prudenza e accorto gradualismo”. Allora i leghisti mormorano ancora più forte: “Ancora! Tu ci vuoi falliti per instaurare il comunismo pandemico!”.
Ma il ministro, che è uomo di politica e conosce i tempi degli interventi, va avanti. E alla fine scandisce un appello: “Serve unità, unità, unità”. Dice cose di buon senso, ma sembra chiedere una tregua anche per se stesso. Si rimette seduto. Applausi dal Pd e dal M5s. Stop. Inizia a mandare messaggi ai giornalisti amici.
Intanto, si materializza in un corridoio Bersani. Sì, uno dei suoi due maestri e padri politici (l’altro è Massimo D’Alema tirato in ballo, ma non è indagato, nella vicenda dei ventilatori ordinati da Arcuri).
L’ex segretario del Pd si vede che ha voglia di parlare. E va assecondato anche perché alla domanda scontata su Speranza tira fuori una perla delle sue: “Qui vogliamo far passare la febbre rompendo il termometro”.
Prego? Vuole dire Bersani che tutta questa gragnuola di colpi sul ministro della Salute è solo un modo per trovare un capro espiatorio. Poi dice che c’è un complotto o meglio un disegno dietro questo fuoco concentrico: “Lo attaccano perché dovrà gestire la parte della sanità che riguarda il Recovery e Roby si sa come la pensa sul servizio pubblico”.
Bersani diventa rosso in viso, come ai temi dei comizi: “Facciamo un sondaggio su Roby! Se dovesse saltare mezzo paese sarebbe in rivolta, scenderebbe in piazza, gli italiani stanno con lui”. Per provocazione, con calma, gli si ricorda allora che anche di Conte diceva la stessa cosa (e si sa com’è andata) e che ci sono le inchieste e che c’è, insomma, un clima strano intorno a Speranza. Bersani scuote il capo, fa per andarsene e si ferma: “In questo paese, a volte strano, è saltata anche gente per bene. Di sicuro gli stanno facendo terra bruciata intorno…”.
Ma comunque qualsiasi decisione è nelle mani di Draghi. Che per il momento difende il ministro in pubblico dagli attacchi di Salvini. Ma forse ha più di qualche dubbio in privato specie sulla struttura. Per sbloccare l’impasse degli Europei a Roma, per esempio, Draghi ha avuto parole sbrigative davanti allo stallo tra ministero e cts sulla capienza dell’Olimpico. “Me ne occupo io. Basta così”. Anche perché in mezzo c’era la Turchia pronta a soffiarci la partita inaugurale. Brutto clima.
Poi ci sono l’inchiesta di Bergamo sul piano pandemico, le chat scivolose con Ranieri Guerra dell’Oms, le famiglie delle vittime di Covid che ne chiedono le dimissioni. Davanti a colpi di scena delle indagini, la difesa di Speranza sarebbe impossibile. Il terrore che esca anche solo un messaggio equivocabile agita chi sta intorno al ministro. E dunque bisogna rifare la somma di tutte le spine, i nodi che potrebbero venire al pettine, senza calcolare la battaglia sulle aperture. Fratelli d’Italia annuncia che presenterà una mozione di sfiducia. La Lega dice che la vuole leggere. Forza Italia è critica, ma non asseconderà questa escalation di tensione. Alla fine forse anche Matteo Salvini si tirerà indietro.
Perché è convinto che la caduta del ministro avverrà e non certo per una mozione. Emanuele Fiano ne approfitta, allora: “Un eventuale voto a favore o astenuto sulla richiesta di dimissioni di Speranza non potrebbe rimanere un fatto politico privo di conseguenze”. Ma una sua collega del Pd aggiunge: “Porello, Roberto. Non faceva che ripetermi: sono assediato, sono assediato”.
Simone Canettieri
Il Foglio
16 Aprile 2021