MARINO SFIDA LA LEGGE E TRASCRIVE 16 NOZZE GAY

Il commento del Vicariato: Scelta dal sapore ideologico.

 Sedici coppie omosessuali hanno trascritto a Roma il loro matrimonio. Coppie di uomini e donne che hanno già formalizzato la loro unione all’estero e oggi vedono trascritta nei registri di stato civile la loro unione anche nella Capitale, per mano del sindaco Ignazio Marino. Una scelta, quella del primo cittadino, che ha i connotati di una “sfida” al prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro il quale, in osservanza della circolare-stop del ministro Angelino Alfano, ha già annunciato l’annullamento dell’atto.

Marino non è il primo sindaco ribelle. Altri primi cittadini hanno alzato la voce dopo che il 7 ottobre il ministro dell’Interno Angelino Alfano ha parlato della circolare ai prefetti perché rivolgano “un invito formale al ritiro ed alla cancellazione” delle trascrizioni di nozze gay. Il sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, ha firmato le prime sette trascrizioni neanche dieci giorni fa, quello di Livorno, Filippo Nogarin ha fatto sapere che non si adeguerà alla direttiva Alfano e il sindaco di Bologna Virginio Merola ha detto chiaramente: “Io non obbedisco”.

 Oggi alle 11 nella sala della Protomoteca del Campidogli si sono presentate cinque coppie di donne e undici di uomini: la prima ad ottenere la trascrizione quella formata da una dipendente comunale e dalla sua compagna.

 Alfano: Marino firma autografi. “Il sindaco Marino ha firmato trascrizioni per nozze gay. Ribadisco per l’attuale legge italiana ciò non é possibile”. Così il ministro dell’Interno Alfano in un post su Facebook commenta la trascrizione dei matrimoni gay fatta oggi in Campidoglio dal sindaco Ignazio Marino. “La firma di Marino non può sostituire la legge: ha fatto il proprio autografo a queste rispettabilissime coppie”.

 Il presidio Ncd. ‘No alle unioni civili. Marino via da Roma’, ‘E mo pure questa: il sindaco legislatore’, ‘Le famiglie romane non arrivano a fine mese e loro pensano ai matrimoni gay’. Sono alcuni degli slogan, sotto la scalinata che porta su piazza del Campidoglio, della protesta organizzata da Nuovo centrodestra contro l’iniziativa del sindaco di Roma Ignazio Marino. Non mancano battibecchi tra i manifestanti e alcuni giovani, sostenitori del sindaco. In piazza la deputata di Ncd Barbara Saltamartini, il coordinatore romano del partito Gianni Sammarco e il capogruppo in Campidoglio Roberto Cantiani.

Avvenire.it, 18 ottobre 2014

 Roma Sette: scelta dal sapore ideologico

«Una scelta ideologica, che certifica un affronto istituzionale senza precedenti» basato su una «mistificazione sostenuta a livello mediatico e politico»: così l’editoriale di Angelo Zema, su Roma Sette, il settimanale della diocesi di Roma in edicola la domenica con Avvenire, definisce la trascrizione di matrimoni celebrati all’estero da alcune coppie omosessuali operata dal sindaco di Roma Capitale, Ignazio Marino, nei registri comunali. L’editoriale parla di scelte «illegittime» in un «contesto dal tono hollywoodiano» e «dal chiaro sapore demagogico». «La vita della città – prosegue il responsabile del settimanale diocesano – chiama ad altre urgenze reali. C’è un bene collettivo da promuovere a ogni costo, specialmente in questo tempo di crisi morale ed economica. Una provocazione come quella del sindaco resta un mero vessillo dell’ideologia sul Campidoglio. Una ferita alla città e alla legge, che non serve a niente e a nessuno».

 Alla fine il dado è tratto, potremmo dire citando una frase passata alla storia. Ma c’è ben poco di storico nella decisione del sindaco di Roma Capitale, Ignazio Marino, di trascrivere nei registri comunali i matrimoni celebrati all’estero da alcune coppie omosessuali che ne hanno fatto richiesta. È solo una scelta ideologica, che certifica un affronto istituzionale senza precedenti, nel solco di provvedimenti analoghi operati da alcuni sindaci italiani. Nonostante la piena consapevolezza di procedere a una violazione delle leggi e malgrado una circolare chiarificatrice del ministero dell’Interno, il sindaco – da poco anche a capo della nuova città metropolitana – è andato avanti sulla strada annunciata già da settimane con (cercato) rilievo mediatico. E ha dato corso, in un contesto dal tono hollywoodiano tra microfoni e telecamere, al suo intento dal chiaro sapore demagogico, spalleggiato da una maggioranza guidata da alcune frange più attente all’ideologia che al bene comune.

 Non si capisce infatti su quale fondamento giuridico si possa basare la decisione che parifica nei registri dello stato civile comunale le unioni omosessuali celebrate in altri Paesi alle nozze celebrate in Italia, chiaramente solo fra uomini e donne. Non certo su un preteso appiglio alla Corte Costituzionale, visto che la Consulta, riflettendo la normativa del Codice civile, ha già sentenziato che il matrimonio «postula la diversità di sesso dei coniugi» e che le unioni omosessuali non possono essere paragonate al matrimonio tra un uomo e una donna; né a norme nazionali, tuttora inesistenti.

 Alla base c’è soltanto una mistificazione, ben sostenuta a livello mediatico e politico e alimentata da un linguaggio che mira a distorcere la realtà. Frasi come «l’amore deve vincere su tutto» fanno parte di questa battaglia che poco ha a che vedere con il diritto e con la politica al servizio della gente.

 Sia chiaro, l’amore è cosa che sta a cuore anche a noi, più di ogni altra. Quello autentico, del vivere e soffrire nella fatica del quotidiano accanto a una persona, anche dello stesso sesso. Ma pensare che ciò basti per avallare scelte del resto illegittime, chiamando una cosa con il nome di un’altra, significa barare, essere autori di una gigantesca manipolazione del vero. Ed è ciò che sta accadendo (non da ora), in quell’ambito delicato che è l’affettività e la trasmissione della vita.

 A corredo della battaglia “politicamente corretta” della trascrizione delle unioni gay, oltre all’affannoso tentativo di varare un inutile registro delle unioni civili, c’è l’attacco scomposto a chi nega la possibilità di quelle trascrizioni attraverso l’utilizzo del logoro bagaglio di parole come «medievale» e «cultura dell’Ottocento» – lessico impregnato di intolleranza – e la strumentalizzazione perfino di quanto dice il Papa. Dispiace molto che protagonista di questa storia sia il primo cittadino della capitale d’Italia, il quale dovrebbe farsi carico di custodire il ruolo di Roma come patria del diritto.

La vita della città chiama invece ad altre urgenze reali. C’è un bene collettivo da promuovere a ogni costo, specialmente in questo tempo di crisi morale ed economica, di sofferenza delle famiglie e delle persone, di disagio dei giovani, di fatica del vivere nella metropoli. Una provocazione come quella del sindaco MARINO lascia amarezza e sconcerto, resta un mero vessillo dell’ideologia sul Campidoglio. Una ferita alla città e alla legge, che non serve a niente e a nessuno.

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