“APPUNTI DI PASTORALE DELLA SALUTE” (4). – I soggetti della Pastorale della Salute: il MALATO (prima parte)

“APPUNTI DI PASTORALE DELLA SALUTE (4). – I soggetti della Pastorale della Salute: il MALATO (Prima parte).

 CHI E’ IL MALATO?

Per conoscere l’ammalato è essenziale osservare come valuta la sua sofferenza e, di conseguenza, intuire le sue reazioni. E’ indispensabile, inoltre, oltrepassare la tentazione spesso in agguato di porsi di fronte al sofferente valorizzando “il nostro punto di vista”, o peggio, auspicare che l’altro vi corrisponda. Ogni uomo vive la malattia, l’ospedalizzazione, la sopportazione del dolore, l’accettazione della invalidità con criteri personali e con caratteristiche eterogenee.

L’AVVENTURA DEL “SIGNOR QUALUNQUE”

 Il “Signor Qualunque” ha appena appreso dal suo medico la necessità di un ricovero ospedaliero!  Nella mente del futuro degente scaturiscono immediatamente alcuni interrogativi: “Perché il medico mi propone un ricovero? Che cosa avrò? Guarirò?”. E, in quel momento, il signor Qualunque percepisce che un valore fondante della sua esistenza, la salute, lo sta abbandonando, almeno momentaneamente. Ma pure altre preoccupazioni lo tormentano; riguardano l’ambito famigliare e sociale che abbandona, le difficoltà lavorative e economiche che sta affrontando, la scelta del luogo di cura… Predispone la valigia e giunge in ospedale. Un luogo oscuro; vi si era recato unicamente e velocemente a visitare parenti e amici. E lì incontra persone sconosciute che indossano divise di vari colori e, anche lui, è obbligato ad indossare una divisa come tutti gli altri pazienti: il pigiama e le ciabatte. Deve poi adattarsi ad un orario insolito: sveglia prima dell’alba, assunzione dei pasti molto in anticipo rispetto alle sue abitudini… E tutto il giorno è obbligato a “stare a disposizione” come un carcerato. Commentava Fra P.L Marchesi: “Penso agli spazi nei quali, in pigiama, il malato vaga nell’ospedale, proprio come un carcerato. E noi non ci accorgiamo di essere i suoi carcerieri, soprattutto quando utilizziamo il nostro potere, le nostre comunicazioni, per dare ordini, per rendere ancora più deboli le persone, per rimpicciolirle” (Per un ospedale più umano, San Paolo). Nel nuovo ambiente, può essere accolto cordialmente e gentilmente ma anche indifferentemente o maleducatamente… e lui, è sempre più solo con le sue preoccupazioni. Da “persona” con un nome e un cognome è tramutato in un numero (del letto) o in un caso clinico. Molti si occupano del suo dolore fisico ma pochi della sua sofferenza che sfugge a ogni controllo. Quali angosce tormentano il signor Qualunque? Oltre il dolore fisico è lacerato da patimenti psicologici che si esprimono con l’ansia e la paura; da travagli spirituali poichè il suo rapporto con Dio è in crisi ritenendosi punito ingiustamente; da inquietudini affettive avendo abbandonare l’ambiente famigliare, sociale e lavorativo. E i giorni trascorrono. Di notte si sveglia soventemente impaurito dall’esame che dovrà affrontare per il quale, ha firmato il consenso informato, ma ha compreso poco le modalità di svolgimento e soprattutto e le finalità. I medici lo visitano, parlano di lui, fra loro, senza riferirgli nulla, magari neppure rivolgergli lo sguardo, e se si arrischia a porre domande, diplomaticamente gli fanno intendere che è uno scocciatore poichè sono subissati dal lavoro e non possono dedicargli neppure un minuto.

Il nostro signor Qualunque è l’emblema delle centinaia di malati che ogni giorno sono ricoverati negli ospedali!

Nella trattazione della prima parte dell’argomento, questa settimana, indicheremo le reazioni più comuni e gli elementi maggiormente importanti per comprendere un malato; nella seconda parte, la prossima settimana, ci chiederemo cosa attende da noi ogni sofferente, e quel “oltre” che la nostra presenza dovrebbe offrirgli.

Per “conoscere” il malato dobbiamo comprendere:

1.i moventi dei suoi comportamenti cioè le “motivazioni”;

2.il significato delle sue reazioni cioè gli “atteggiamenti”.

1.I “MOVENTI” DEL COMPORTAMENTO DEL MALATO, CIOE’ LE  “MOTIVAZIONI”

Il nostro riferimento sarà lo psicologo americano, A. Maslow, che nell’opera “Motivazione e personalità” (Ed. Armando) evidenziò nel capitolo “Teoria della motivazione umana” (cfr.: pp.61-83), una “scala dei bisogni” di ogni individuo, da quelli primari a quelli più elevati: fisiologici, di sicurezza, di appartenenza, di autostima e di autorealizzazione. Queste esigenze comuni ad ogni uomo, vanno ponderate e soddisfatte accostando il sofferente poichè nel corso della malattia si accentuano.

Bisogni fisiologici

Si esprimono nella fame, nella sete, nel sonno…, mentre nel malato riguardano il desiderio di un’ adeguata nutrizione, di un letto confortevole, di un’ ambiente tranquillo che gli permetta di riposare, di una terapia specifica per la sua patologia… E’ utopistico senza una previa soddisfazione dei bisogni fisiologici appagare gli altri!

 Bisogni di sicurezza

Si esterna nella richiesta di stabilità, di liberazione dalla paura e dall’ansia e nel desiderio di regolarità. L’ammalato, che riconosce la sua patologia come privazione delle sicurezze primarie della vita, percependosi impotente di fronte ad essa, esige di essere accolto, ascoltato e rassicurato, di apprendere gli accertamenti diagnostici e le terapie, di dialogare con il medico; infatti, “essere informato”, il più delle volte, infonde serenità e sicurezza. Scarseggiando ciò predominano reazioni di repulsione verso l’ ambiente e le persone che avverte ostili e minacciose (aggressione) o, al contrario, subentra la ricerca di una intensa protezione (regressione).

 Bisogni di appartenenza

Si concretizza nel desiderio di avere a fianco la famiglia e gli amici, dal rivestire un ruolo sul territorio e nell’ ambiente professionale. Il malato, sradicato dalla propria abitazione, famiglia, dall’ambito societario… e privato dell’ affetto, respira frequentemente “la solitudine” dovendo appellarsi a sconosciuti, forse poco partecipi della sua situazione. A volte intuisce, anche erroneamente, estraneità e ostracismo.

Bisogni di autostima

Ogni persona reclama apprezzamento e stima, diversamente si è a rischio di avvilimento, scoraggiamento e depressione. La malattia compromette l’autostima poichè I’orgoglio è ferito, svaniscono i sogni e si presentano anche espressioni di vergogna e di colpa. Senz’altro, il trattamento che l’ospedale riserba non migliora questo stato! C. Iandolo descrive alcune “disavventure” di un paziente: “Lo si chiama col suo cognome ‘storpiato’ quando non lo chiama con il numero del letto. Persone che fino a ieri non conosceva lo trattano bruscamente, e gli danno anche del ‘tu’. Gli esami intimi (un’esplorazione rettale), a volte, sono effettuati in presenza degli altri ammalati, e in questa situazione è costretto a soddisfare i suoi bisogni fisici. Questo complesso di circostanze, la depersonalizzazione e la continua violazione della ‘privacy’, fanno sì che il bisogno della stima e della considerazione degli altri rimangano più che mai insoddisfatti” (Approccio umano al malato. Aspetti psicologici dell’assistenza, Ed. Armando).

Bisogni di autorealizzazione

E’ il desiderio di “auto-compimento”, cioè la tendenza a compiere ciò per cui si è “portati” e “preparati”, ottenendo il massimo rendimento dai propri talenti e dalle proprie competenze. Essere “attori” e non “spettatori” della vita è il fondamento di questo bisogno, a volte bruscamente interrotto dalla malattia. Appagare questa necessità, accompagnando il malato nella tensione all’auto-realizzazione, è uno stimolo a reagire positivamente, intraprendendo il cammino della guarigione o di adattamento pacato alla nuova condizione esistenziale forse di invalidità.

 2.GLI ATTEGGIAMENTI: LE REAZIONI…

L’esaudire o il deludere i “bisogni” genera nel malato alcuni “atteggiamenti”.

Cos’è l’atteggiamento? L’atteggiamento “è la tendenza a reagire in un certo modo in rapporto ad eventi, persone, idee o oggetti specifici e nell’atteggiamento possiamo individuare tre componenti: pensieri o convinzioni (atteggiamento cognitivo), sentimenti (atteggiamento emotivo), comportamento”(L. Kristal, L’ABC della psicologia, Ed. Vallardi). Ma il vocabolo è scarsamente indicativo se non abbinato a motivazioni e bisogni.

Illustreremo gli atteggiamenti più comuni per risalire ai “bisogni più profondi”.

Paura

La paura si manifesta constatando fenomeni pericolosi o premonitori o sorge dalle previsioni realistiche o erronee di minacce future provocando una notevole sofferenza psicologica. Il malato “teme” la patologia, il ricovero ospedaliero, il dolore, il futuro e la morte… E la paura si intensifica nel tempo della solitudine o di fronte alle incertezze e perplessità che suscitano alcune comunicazioni approssimative, imprecise o evasive. Ogni processo emotivo che provoca paura è eterogeneo da malato a malato pur soffrendo la stessa patologia. Per questo è impossibile identificare un “protocollo comune” da seguire, poichè ognuno vive “la paura” da un’ angolatura particolare.

 Depressione

E’ lo stato psicologico che contraddistingue il disorientamento per il futuro e la sfiducia in se stessi. Si manifesta, solitamente, come effetto e conseguenza di avvenimenti negativi, eccezionali ed improvvisi. Anche il malato, costatando aggravamenti o implicanze invalidanti per il futuro nonostante le terapie dolorose a cui è sottoposto, esterna reazioni depressive che si concretizzano nell’appiattimento delle emozioni, nell’indifferenza verso le terapie, nella rinuncia a lottare, nell’isolamento, nei sensi di colpa, fino a giungere al tentativo di suicidio. La “depressione” esprime la malattia come perdita irreversibile di mansioni essenziali: funzioni fisiche e sociali e l’offuscamento della propria immagine.

 Regressione

Con questo atteggiamento il paziente comunica l’incapacità “di mantenere il passo”; perciò adotta comportamenti e atteggiamenti tipici di età precedenti, già collaudati e reputati sicuri. Manifesta un rilevante egocentrismo o adotta notevoli rapporti di dipendenza. Sviluppa, inoltre, la persuasione dell’ “onnipotenza” del medico e della terapia. Anche il rapporto con Dio acquisisce caratteristiche magiche e quello con gli altri è dominato da una densa impulsività. La regressione può insorgere anche quando la malattia è ritenuta una modalità per risolvere gravose difficoltà o strumento per riportarsi al “centro della scena”.

Aggressività

E’ l’ azione devastante che si prefigge di danneggiare o di distruggere qualcuno. Il malato, a volte, incoscientemente, proietta esteriormente la sua collera colpevolizzando familiari, operatori sanitari e volontari di superficialità, di disinteresse e di incapacità. E’ invidioso anche della salute altrui; sembra aver mutato il carattere! L’aggressività, che spesso è esercitata come “scarico energetico”, è riscontrabile nelle persone eternamente polemiche ed esigenti con la struttura socio-sanitaria e gli operatori, rivendicando continuamente diritti e giungendo alla minaccia di azioni legali. Questo atteggiamento sgradevole ha un’ origine “fondamentalmente inconscia”, non è in relazione con l’attacco personale ma unicamente l’ espressione della malattia vissuta come frustrazione. Colpire i bersagli più accessibili e immediati è un meccanismo di difesa di fronte a situazioni a volte insopportabili.

Negazione dell’evidenza

Possiamo incontrare malati con patologie gravi, invalidanti, oncologiche, ormai prossimi alla morte, che tendono a minimizzare e a negare parzialmente o totalmente la loro realtà, anziché riconoscerla e affrontarla come la situazione esigerebbe. Di fronte a questo meccanismo di difesa è opportuno l’estremo rispetto.

(fine quarta parte)

 

 

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