APPUNTI DI PASTORALE DELLA SALUTE (6) – I soggetti della Pastorale della Salute: Il malato; ma dove si trova?
Premessa
Dopo aver trattato le caratteristiche del malato e le sue aspettative, con questi appunti ci chiederemo dove si “trova” il malato e chi lo deve assistere umanamente e spiritualmente.
Il malato e il territorio
Ieri si affermava che la vita umana è uscita dalle pareti domestiche per realizzarsi, nei suoi momenti più critici e decisivi in ospedale. Oggi, questo orientamento è in parte “capovolto”, poiché vari malati prevalentemente cronici, con malattie irreversibili e inguarbili ed anziani con patologie degenerative sono presenti sul territorio. Di conseguenza “il raggio di azione della pastorale sanitaria non può esaurirsi nell’area delle strutture di ricovero, ma deve estendersi a tutto il territorio nel quale si svolge la vita del cittadino, riscoprendo il rapporto naturale tra ammalato e famiglia, famiglia e comunità civile ed ecclesiale. L’ospedale infatti si configura ormai come un servizio integrato con altre strutture sanitarie e aperte alla partecipazione dei cittadini e non più l’unico punto di riferimento per essere curati e guariti. Le concrete implicazioni pastorali di questo spostamento d’accento dall’ospedale al territorio sono numerose e investono di nuove responsabilità sia gli operatori pastorali impegnati nelle strutture di ricovero che quelli operanti nelle comunità parrocchiali. È esigito un modo nuovo di impostare la pastorale sanitaria, che domanda rinnovamento tempestivo e creativo” (La pastorale della salute nella Chiesa Italiana, n. 21).
Dunque, la Pastorale della Salute, ha oltrepassato le mura dell’ospedale coinvolgendo particolarmente le parrocchie e chi in esse ha il compito di visitare i malati: diaconi permanenti, ministri straordinari della Comunione Eucaristica, gruppi di volontariato…
Ma la presenza del malato sul territorio interpella anche la “comunità civile” chiamata a compiere scelte politiche e sociali orientate dalla solidarietà e dal bene comune affinché “i servizi” rispondano con premura e zelo ai disagi e ai bisogni della persona. E’ questo un obbligo, “in primis”, di chi opera negli Enti mediante l’apporto delle proprie competenze. Ma la preparazione professionale qualificata e aggiornata va intersecata da un alto livello di moralità mediante una dedizione generosa, superando “le tentazioni” che ogni giorno constatiamo: abuso di potere, corruzione, clientelismo, ricerca del proprio profitto. Non possiamo dimenticare, inoltre, che ci troviamo di fronte ad un cancro in stadio metastatico, che uccide il presente e il futuro della nostra società. E il cancro si chiama “burocrazia”. Si pensi, ad esempio, allo sproporzionato, farraginoso e disumano “iter burocratico” che i famigliari del malato o dell’anziano devono percorrere per usufruire d’interventi essenziali e vitali. E, allora, come cittadini, dobbiamo fare udire la nostra voce a nome delle centinaia di malati e di disabili, affinchè siano offerte assistenza e cure adeguate, oltre una pregevole qualità di vita, come espresso nei fondamenti Costituzionali e in molteplici leggi. Siamo sollecitati a fare nostro l’oneroso insegnamento che don L. Milani proponeva agli allievi della scuola di Barbiana: “I care”, mi interessa, non posso essere assente… “Tutti sentiamo un ‘i care’ dentro di noi – affermava il presbitero fiorentino – ma è ora di dargli un nome, un volto e decidersi se vale la pena d’impegnarsi o meno” (Il Vangelo come catechismo, Ed. Libreria Fiorentina, pg. 91).
Il malato e la parrocchia
Se ogni cittadino deve impegnarsi affinchè ogni sofferente possa godere anche nella malattia e nella vecchiaia di una degna qualità di vita, un sforzo maggiore è richiesto alle parrocchie e ai cristiani che offrono la loro collaborazione. Offriremo di seguito alcune indicazioni ai parroci e ai loro collaboratori in questo settore.
Molteplici sono i campi che una parrocchia deve animare: dalla catechesi alla famiglia, dalla liturgia alla pastorale giovanile… Tra questi è presente anche la Pastorale della Salute che è un emblema privilegiato della “maternità della Chiesa” e, di conseguenza, dell’incontro della comunità parrocchiale con l’uomo, negli “eventi fondamentali” dell’esistenza: la nascita, la salute, la sofferenza, la malattia e la morte. Avvenimenti “radicalmente biografici” che non implicano unicamente dei problemi organizzativi o sociali ma prevalentemente riflessioni antropologiche e teologico-pastorali, essendo esperienze che offrono configurazione alla vita e contenuti all’esistenza. L’impegno pastorale nell’ambito parrocchiale dovrebbe seguire due direttive: culturale e assistenziale.
DIRETTIVA CULTURALE
Affinché la Pastorale della Salute incida significativamente ed efficacemente sulle esperienze esistenziali, è opportuno agire criticamente sui modelli culturali prevalenti e più affascinanti. Affinchè l’evangelizzazione giunga al cuore dell’uomo, e quindi alle matrici culturali delle sue decisioni, ricordava il beato Paolo VI, è indispensabile confrontarsi, nel nostro caso, con gli attuali modelli di salute, di vita e di morte, incidere sugli stili quotidiani, proporre i percorsi suggeriti dai valori evangelici. E’ un impegno oneroso ma irrinunciabile! Diversamente, l’azione pastorale parrocchiale, si limiterebbe ad espressioni sacramentali e assistenziali-caritativi, sempre doverosi, ma insufficienti essendo lontani e separati dalle fasi decisive dell’esistenza e dalle sorgenti culturali.
Concretamente.
1.Proporci come “comunità sananti”, infatti Gesù “non solo ha curato e guarito i malati, ma è stato anche instancabile promotore della salute. Il suo contributo in quest’area del vivere umano si è rivelato attraverso la sua persona, il suo insegnamento e le sue azioni. Il suo agire, infatti, è teso non solo a colmare l’indigenza dell’uomo, vittima dei propri limiti, ma anche a sostenere la sua tensione verso la pienezza di vita: ‘Sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza’ (Gv. 10,10)” (Predicate il Vangelo e curate i malati, n. 51). E “l’azione sanante” genera un’attenta “prevenzione” così descritta nella Nota: “aiutando i giovani ad uno sviluppo umano e spirituale, accompagnando gli adulti nel superare con equilibrio le crisi della loro età, offrendo agli anziani risorse che li aiutino a vivere serenamente la vecchiaia” (Predicate il Vangelo e curate i malati, n. 51).
2.Approfondire gli argomenti della sofferenza e della salute, del vivere e del morire… nelle catechesi e nelle omelie domenicali quando il brano evangelico ne offra l’opportunità.
3.Organizzare a livello parrocchiale o zonale eventi culturali ponendo attenzione a diffondere un’autentica teologia della sofferenza e una responsabile pedagogia del dolore, evitando l’inutile dolorismo.
4.Educare la famiglia a tenere presso di sé i congiunti in difficoltà o anziani senza valersi del ricovero in strutture protette, informandosi sui servizi territoriali che possono alleggerire problematiche sanitarie e sociali.
DIRETTIVA ASSISTENZIALE
La seconda direttiva riguarda l’assistenza e la carità. Se una comunità parrocchiale o un’unità pastorale percepisce “il pregio” dei malati, come logica conseguenza, si aprirà ad un accoglienza spontanea, così descritta in “Evangelizzazione e testimonianza della carità”. “La carità evangelica, poiché si apre alla persona intera e non soltanto ai suoi bisogni, coinvolge la nostra stessa persona ed esige la conversione del cuore. Può essere facile aiutare qualcuno senza accoglierlo pienamente. Accogliere il povero, il malato, lo straniero, il carcerato è fargli spazio nel proprio tempo, nella propria casa, nelle proprie amicizie, nella propria città e nelle proprie leggi. La carità è molto più impegnativa di una beneficenza occasionale: la prima coinvolge e crea un legame, la seconda si accontenta di un gesto” (n. 39).
Ovviamente, tutto ciò, non può essere gestito unicamente dal parroco o da alcuni suoi collaboratori. Perciò indichiamo alcune “coordinate” da seguire.
-“Coinvolgere” le parrocchie limitrofe a un ospedale nella Pastorale della Salute mediante un costante e costruttivo rapporto con l’assistente spirituale, la cappellania e il consiglio pastorale ospedaliero.
-“Conoscere” il proprio ambito territoriale, cioè le strutture socio-sanitarie presenti e le tipologie di assistenza offerte.
-“Esaminare” una volta l’anno, in una riunione del consiglio pastorale parrocchiale, la Pastorale della Salute che si sta attuando.
-“Formare” i Ministri straordinari della Comunione Eucaristica ad accostare il malato pastoralmente e psicologicamente anche mediante corsi riguardanti la comunicazione e la relazione d’aiuto.
-“Visitare” i malati in famiglia, assicurando a chi lo desidera la Santa Comunione e ai famigliari alcune ore di compagnia all’infermo.
-“Predisporre” il censimento dei malati presenti in parrocchia e, di conseguenza, aggiornare metodicamente l’elenco.
-“Coinvolgere” adolescenti e giovani in esperienze di volontariato presso malati, anziani e disabili.
-“Favorire” e “coordinare” le sinergie tra i vari gruppi affinchè nessun malato “rimanga solo”.
-“Promuovere” l’inserimento dei malati nella vita parrocchiale e negli organismi della comunità.
-“Organizzare” eventi per malati ed anziani.
(fine sesta parte)