BENVENUTI A CASA BRIGGS, 34 FIGLI E DUE IN ARRIVO

Ventinove i figli adottati. Ogni nuovo arrivo è accolto in famiglia come un regalo. Joseph, ghanese: «Tutti i bambini meritano una possibilità. Io sono uno di quelli». «Non credo che tutti debbano fare come me, ma io sto realizzando quello per cui sono stata creata». Quale fosse la sua vocazione Jeane, 58 anni, sposata con Paul Briggs, 59, e madre di 34 figli, di cui 29 adottati, lo sapeva fin da piccola: «Avere una grande famiglia». E così quando conobbe il suo futuro marito aveva già le idee chiare. Jeane, allora 14enne, pensò subito di osservare come Paul «si comportava con i bambini: passò il test».

LA PRIMA ADOZIONE. I due, oggi sposati da 38 anni e residenti a 1Falling Waters, in West Virginia, con cinque figli naturali, compresero che era giunto in momento di allargare la famiglia nel 1985, quando in chiesa fu mostrata la foto di un bambino di 2 anni cieco e con le gambe rotte, che viveva in un orfanotrofio messicano: «Lo vidi e seppi che poteva diventare nostro figlio. Capii immediatamente che dovevamo adottarlo», ha spiegato la madre alla Bbc. Il piccolo, di nome Abram, nonostante i problemi e le sofferenze patite, grazie ai Briggs crebbe sviluppando una dote innata per la musica che oggi compone. Ora 31enne, Abram ha visto entrare in casa dopo di lui altri 28 fratelli di cui 6 provenienti dalla Russia, 10 dall’Ucraina, 2 dalla Bulgaria e 10 dal Ghana, fra cui alcuni affetti da qualche patologia o con situazioni drammatiche alle spalle.

UN’EDUCAZIONE SOLIDA. Nella casa dei Briggs, il cui edificio è in continua espansione, i ragazzi sono cresciuti bene. Oltre all’amore, i Briggs hanno offerto ai figli un’educazione solida. Non potendo mandare tutti a scuola, anche per motivi organizzativi, Jeane ha optato per l’istruzione in casa, in America largamente diffusa, riuscendo a portare alla laurea molti dei suoi figli. In casa Briggs si impara a crescere fra sveglie alle 7, colazioni alle 7.30 e mestieri prima delle 9, ora in cui comincia la scuola. Subito dopo c’è il pranzo preparato da Jeane per tutta la famiglia ogni giorno. Grazie al lavoro ben pagato di Paul e alla contabilità portata avanti dalla moglie, ogni membro della famiglia riesce ad avere l’essenziale. Ma sopratutto è l’amore che ha riempito i cuori dei ragazzi che si aiutano l’un l’altro in ogni occasione, portando avanti insieme anche le faccende domestiche.

«SAREI MORTO». Joseph, ucraino di 24 anni, ha raccontato alla Bbc di quando fu lasciato in orfanotrofio subito dopo la nascita: «Avevo il labbro leporino, per questo mi trattavano diversamente dagli altri e venivo preso in giro». Ad esempio, quando tutti andavano in vacanza d’estate «io venivo mandato in ospedale», ricorda il ragazzo. Quando aveva 14 anni, però, accadde un miracolo. Qualcuno si offrì di adottarlo: «Avevo una famiglia e non avrei più dovuto temere l’esclusione. Se fossi rimasto in orfanotrofio, sarei morto». Storie come questa sono comuni in casa Briggs. Cate, 22 anni, anche lei ucraina, ricorda quando fu chiamata dal direttore dell’orfanotrofio: «Mi dissero: “C’è una famiglia che ti vuole adottare, tu lo vuoi?”. Eh certo dissi: “Sì!”». Tia, 18 anni, proveniente sempre dall’Ucraina, fu adottata con le sue due sorelle dopo che il padre era stato ucciso e la madre e il nonno erano morti di tubercolosi. La ragazza ricorda quando arrivò nella nuova casa: «Vidi tonnellate di gente correre verso di me e abbracciarmi (…). Sono così felice di essere qui, non so cosa avrei fatto se fossi rimasta là, non so se sarei viva». Reduce da anni in orfanotrofio anche Leah, 21 anni, è colpita dalle piccole cose: «Ero felice di avere un paio di calzini puliti o qualsiasi cosa di pulito».

REGALI DI NATALE. Non c’è dramma umano che spaventi i Briggs, che dicono di non avere mai messo un limite al numero di bambini da adottate. «Accade semplicemente che capisci che questi ragazzi sono i tuoi figli», spiega Jeane, che ogni volta che viene a sapere di un orfano in condizioni di bisogno, ha sempre la stessa reazione: «Nessuno vuole questo bambino. Possiamo portarlo a casa?». Jeane e Paul dicono che prima di decidere se accogliere un altro orfano pregano molto, consultandosi con tutta la famiglia. Ma Joseph, uno dei figli volato in Ghana per incontrare alcuni dei suoi fratelli, ha spiegato che nessuno si è mai opposto: «Ogni bambino merita un’altra possibilità. Io sono uno di quelli». Non tutte le adozioni sono andate a buon fine a causa dei problemi che si possono presentare nelle pratiche. L’episodio più duro per i Briggs è stato la volta che, ormai giunti all’ultimo step, erano sul punto di portare in America due bambini dall’Uzbekistan, quando improvvisamente la legge cambiò impedendo l’adozione: «Ho sofferto per un aborto una volta e quella perdita fu identica. Non so nemmeno dove siano», ammette Jeane.

ALTRI DUE IN ARRIVO. Fortunatamente, a sostenere la donna c’è la fede, che è sempre stata «la mia più grande motivazione». Ragione per cui la famiglia si è preparata a vivere un avvento carico di attesa. Fra pochi giorni, infatti, i Briggs raggiungeranno quota 40, con l’arrivo di due fratellini ghanesi di 3 mesi, trovati abbandonati in un cespuglio: «Io li vorrei subito ­– dichiara Leah – sono un regalo di Natale». Certo è una vita bella «quella per cui sono al mondo», racconta Jeane, ma non significa che sia tutto rose e fiori. Le sfide sono numerose per lei e il marito, mantenere l’ordine è difficile, spesso le cose si rompono e ci sono anche problemi seri da affrontare. Come quando un ragazzo scappò di casa. Ma la fede, ribadisce Jeane, «ci aiuta anche nei momenti difficili». E pensando ai suoi 34 figli la donna non ha dubbi: ne vale la pena, «perché abbiamo visto come si possono cambiare le loro vite».

Benedetta Frigerio

Tempi.it, 29 dicembre 2014

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