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UNA DOVEROSA PRECISAZIONE riguardante la seconda parte dell’articolo: le scuole paritarie.
Questo articolo è stato scritto il 15 dicembre 2012 quando sembrava che l’Unione Europea fosse intenzionata a costringere il Governo Italiano a fare pagare l’IMU anche agli enti no-profit, comprese le scuole paritarie. Il 19 dicembre 2012, la Commissione Europea che nell’ottobre 2010 aveva aperto un dossier sulla questione dell’esenzione ICI agli enti no-profit, quindi anche alle scuole paritarie, ha chiuso il caso affermando tra l’altro: “Gli enti senza scopo di lucro svolgono un ruolo sociale importante, di cui il regime italiano sulle imposte tiene conto”.
Il cardinale Angelo Bagnasco ha definito questa decisione: “non un privilegio particolare, ma un atto di giustizia e di equità”. “Come sempre abbiamo detto – ha spiegato Bagnasco – la Chiesa sulle attività commerciali ha sempre pagato, sia con la precedente legislazione sia con l’attuale legislazione, e adesso le cose sono ancora meglio precisate.
E il fatto che l’Europa abbia riconosciuto la nuova legislazione, precisata dal governo italiano, mi pare un atto di grande equità, di buon senso rispetto alla presenza della Chiesa, e del mondo non profit in generale, e alla valenza delle attività di carattere sociale” (da Avvenire, 20 dicembre 2012, pg. 6)..

VOGLIONO FORSE ELIMINARE LE ISTITUZIONI D’ISPIRAZIONE CRISTIANA?

L’ interrogativo che ho posto come titolo di questa riflessione mi tormenta da molto tempo e mi preoccupa particolarmente da alcuni mesi di fronte ad episodi che giustificandosi dietro la crisi economica, di fatto stanno “strangolando” vari enti d’ispirazione cattolica, producendo però scarso risparmio. Ho utilizzato il verbo “vogliono”; a chi mi riferisco? Alle Lobby e ai Gruppi di Potere nazionali e internazionali che da tempo stanno condizionando il nostro contesto societario e non perdono occasione per attaccare o denigrare la Chiesa cattolica.
E per giustificare le mie preoccupazioni porrò alla vostra attenzione due situazioni: quella delle strutture sanitarie d’ispirazione cristiana e quella delle scuole paritarie.

LE STRUTTURE SANITARIE D’ISPIRAZIONE CRISTIANA

I NUMERI
Tre sono i nuclei principali che nel Servizio Sanitario Nazionale concorrono a perseguire la tutela della salute: le istituzioni pubbliche, le private profit e le private no-profit.
In Italia le strutture sanitarie di ispirazione cristiana sono oltre 300 con circa 50.000 posti letto e 55.000 operatori sanitari. Sono Istituti di ricerca e cura a carattere scientifico, Ospedali classificati, Presidi psichiatrici, Case di cura, Centri di riabilitazione, Residenze sanitarie ed assistenziali.Rappresentano importanti poli scientifici e tecnologici, operano con reparti, strumenti e tecniche d’avanguardia a livello diagnostico, curativo e per il recupero funzionale e sociale di soggetti affetti da menomazioni fisiche, psichiche e sensoriali. 2
Ricordo alcuni centri: il Policlinico “Gemelli” di Roma, sede della Facoltà di Medicina dell’Università del Sacro Cuore; l’Istituto Scientifico “Bambin Gesù” di Roma; l’Istituto Dermopatico dell’Immacolata (I.D.I.) gestito dai padri Concezionisti; l’IRCCS-Ospedale “Casa Sollievo della Sofferenza” voluto dal cappuccino san Pio da Pietralcina a san Giovanni Rotondo; gli Ospedali dei Fatebenefratelli (in Italia 18, nel mondo 300); della Congregazione di don Calabria (Negar -Vr-) e delle Suore Infermiere dell’Addolorata(Como); le Cliniche dei Padri e delle Suore Camilliane; delle Ancelle della Carità; il Cottolengo di Torino e quelli di don Orione; i Centri dei Silenziosi Operai della Croce; la Fondazione don Gnocchi; la Nostra Famiglia; la Sacra Famiglia e le opere di don Guanella. Ho evidenziato i più conosciuti, ricordando che sono presenti sul territorio nazionale oltre 5.000 Enti promossi dalla Chiesa per assistere gli anziani, gli handicappati, i malati psichiatrici e le vittime delle nuove malattie sociali e povertà. Sono però una minima parte nel settore socio-assistenziale!
Prendendo come riferimento la Lombardia, ma i numeri sono equivalenti o peggiori nelle varie regioni, la sanità è gestita per il 70% (circa 37.000 posti letto) dall’Ente pubblico e per
il 30% (circa 12.000 posti letto) dai privati (classificati ed accreditati). E dei 12.000 posti, l’80% è “profit”, di proprietà laica e solo il 20% “no-profit” d’ispirazione cristiana.
Il privato religioso è piccolo, piuttosto frammentato e schiacciato tra due giganti. Rischia di essere sospinto ai margini del sistema, uscendo così non solo dal mercato, ma da una prospettiva di servizio e di crescita culturale che è sempre stato il caposaldo della sua missione.

LE DIFFICOLTA’

Da anni, o meglio da decenni, una pesante crisi economica attanaglia la maggioranza delle Strutture Sanitarie di Ispirazione Cristiana, mettendo a rischio la loro sopravvivenza, infatti alcune sono state costrette a chiudere. Una lucida fotografia della situazione fu presentata da Fratel Angelo Bonora, presidente dell’Associazione Religiosa degli Istituti Socio-Sanitari (Aris), ai vescovi italiani, ad Assisi nel novembre 2005, nel corso della 55° As semblea Generale della C.E.I. “In tante regioni i fondi dovuti tardano ad essere destinati, a volte addirittura di anni, a fronte di prestazioni concordate e già erogate; i rinnovi dei contratti di lavoro per gli operatori sanitari, medici e non, non vengono coperti nonostante impegni assunti e stabiliti dalle leggi; accedere ai fondi stanziati per manutenzione e ristrutturazione delle istituzioni è praticamente impossibile; nessuno ripiana i disavanzi di bilancio, come avviene nel
pubblico. Eppure il servizio all’uomo malato non si ferma, ma per farlo bisogna ricorrere sempre più spesso alle banche, e alla fine gli indebitamenti sono talmente elevati che per alcune
istituzioni più deboli non resta che una strada da imboccare: la chiusura, con tutto il danno che ne può derivare per la comunità civile e per la Chiesa stessa. E’ pur vero che in alcuni
casi le Congregazioni si fanno carico delle passività delle loro Istituzioni, pur di non privare la comunità di una presenza capace di provvedere alla salute di chi si affida alle sue cure.
E questo non possiamo accettarlo a lungo. (…)
L’alternativa non lascia scampo: la chiusura o il forte ridimensionamento delle strutture; il futuro non lascia presagire nulla di buono”. Questa già precaria situazione è precipitata, assumendo caratteristiche drammatiche, soprattutto negli ultimi mesi nel Lazio, non solo per le insolvenze della 3 Regione nei pagamenti delle strutture sanitarie d’ispirazione cristiana (ad esempio, il credito che il Policlinico Gemelli vanta è di 800 milioni di euro dal 2006 a oggi), ma anche per i Decreti regionali nn. 348-349 (i cosiddetti “decreti Bondi”) che prevedono un risparmio di 100 milioni di euro con il taglio del 7% ai fondi previsti per 2012. Ma questa nuova penalizzazione riguarderà unicamente gli ospedali privati. Per comprendere la gravità di questo nuovo “colpo di scure” riporto alcuni dati presenti nel decreto: San Giovanni Calibita dell’Isola Tiberina FBF -3.523.589; Villa san Pietro -3.669.225; l’Istituto Dermopatico dell’Immacolata -2.246.896; San Carlo di Nancy -2.446.320; Madre Giuseppina Tannini -2.390.746; Cristo Re -1.535.714; Regina Apostolorum -1.712.170; IRCCS Santa Lucia -1.595.783; policlinico Gemelli -19.527.915. A Roma operano nove ospedali cattolici che per la legge (decreto Bindi 229/1999, art 1) dovrebbero avere lo stesso trattamento degli ospedali pubblici, svolgendo un servizio alla società, ma questa equiparazione a livello economico non è mai avvenuta. Nei nove ospedali sono presenti 3.700 posti letto e vi operano 8.885 dipendenti. Assorbono oltre il 50% della natalità di Roma e i costi di degenza, ricorda il direttore generale dell’ospedale Villa San Pietro, sono nettamente inferiori agli enti pubblici: “ogni paziente dimesso costa al San Carlo di Nancy poco più di 2.000 euro, e circa 1.800 euro all’ospedale Israelitico (anch’esso privato), contro i 5.600 euro del Forlanini e i quasi 5.000 del San Giovanni” (Da RomaSette 4. dicembre 2012, pg. 2). Da altri dati si apprende che il costo medio del personale del servizio sanitario pubblico è di circa 57.000 euro pro-capite contro i 45.000 euro del privato. A seguito dei “Decreti Bondi” alcuni ospedali religiosi hanno deciso di garantire per il mese di dicembre unicamente i servizi di pronto occorso, cure oncologiche, l’area materno infantile, gli interventi urgenti mentre tutto il resto sarà a pagamento. Le motivazioni di questa grave ma obbligatoria decisione sono ben descritte in un comunicato stampa dell’Aris: “Forse non tutti sanno che la spending review per le istituzioni sanitarie religiose no profit del Lazio è iniziata più di sei anni fa con la riduzione di oltre il 20% dei finanziamenti, nonostante siano rimaste sempre in vigore le norme nazionali di equiparazione con il pubblico e nonostante sia stata sempre riconosciuta la piena partecipazione degli ospedali classificati alle reti regionali dell’emergenza. E sarebbe sufficiente paragonare i finanziamenti erogati per dette istituzioni con quelli alla sanità pubblica per capire che, al tirar delle somme, la sanità religiosa comporta per i cittadini costi minori a parità di trattamento e di prestazioni essenziali rese.
E forse non tutti sanno neppure che gli ospedali gestiti dai religiosi vengono finanziati in base alle prestazioni effettivamente rese, ma con tariffari sostanzialmente ferme al 1999 e non certo a bilancio con relativi ripiani annuali dei disavanzi come invece continua ad avvenire per il pubblico.
L’ulteriore riduzione del 7% decretata il 22 novembre scorso, ma retroattiva per l’intero 2012, praticamente esaurisce la disponibilità finanziaria concessa per l’anno corrente.
Dunque dal 23 novembre scorso tutte le strutture non avrebbero dovuto offrire più prestazioni, neppure quelle programmate. Tra l’altro l’ulteriore taglio previsto per il 2013, che la regione Lazio ha formalmente anticipato, comporta per l’ospedalità classificata no profit un esubero nell’immediato di oltre 800 unità.
La situazione è tale che per continuare a garantire, gratuitamente per il cittadino e per la regione Lazio, tutte le prestazioni di urgenza – emergenza pronto soccorso, rianimazione, 4
prestazioni oncologiche e prestazioni dell’area materno-infantile, si è costretti a limitare i ricoveri ordinari di elezione e bloccare tutte le prestazioni ambulatoriali. Così si va verso la sparizione dallo scenario sanitario regionale della sanità laziale di strutture tipo l’ospedale Fatebenefratelli San Giovanni Calibita-Isola Tiberina, l’ospedale Fatebenefratelli Villa san Pietro, l’ospedale Vannini, l’ospedale Cristo Re, l’ospedale Regina Apostolorum, l’ospedale Idi-San Carlo, l’istituto Dermopatico dell’Immacolata, l’istituto di ricovero e cura a carattere scientifico Santa Lucia e una lunga catena di case di cura, centri di riabilitazione e residenze sanitarie per anziani. Con migliaia di lavoratori ad infoltire il già nutrito popolo dei disoccupati italiani. Con buona pace di tutti i malati che si troveranno a doverne subire le conseguenze. Non è fantascienza ma una realtà che si potrebbe concretizzare a partire già da domani”. (29 novembre 2012). Riassumendo:
– I “tariffari delle prestazioni” sono fermi al 1999 nonostante il forte aumento dei costi.
– Alle somme che la Regione dovrebbe erogare negli ultimi sei anni sono stati decurtati annualmente il 20%
– I “Decreti Bondi” hanno previsto un’ulteriore riduzione del 7% per il 2012 e del 10% per il 2013.
– I crediti ancora aperti con la Regione dal 2006 per centinaia di milioni di euro hanno comportato l’apertura di prestiti bancari e di conseguenza il pagamento di ingenti interessi.
Questa situazione, se dovesse continuare, porterà ad una drastica riduzione dei servizi e al licenziamento di centinaia di operatori.

ALCUNE CONSIDERAZIONI
La situazione creata da Bondi significa tempi di attesa più lunghi e maggiori difficoltà ad accedere alle prestazioni; quindi la prima vittima è il cittadino malato. La metodologia dei tagli indiscriminati e delle chiusure, pur di fronte all’ingentissimo debito della regione Lazio, non è condivisibile; riporto alcuni pareri di esperti. Ha scritto Massimo Mucchetti: “la scelta del modello sociale, di cui il welfare sanitario è una colonna portante, interroga la democrazia, non la tecnica” (Corriere della Sera, 8 novembre 2012). Ha aggiunto Sergio Harari: “Imporre come un blitz militare tagli e chiusure di ospedali rischia di essere pericoloso e controproducente” ed aggiunge: “Riorganizzare e anche chiusure non sono tabù, devono però accompagnarsi a precisi piani di riconversione che garantiscano sempre i servizi ai cittadini e tutelino il personale e la professionalità”. (Corriere della Sera, 6 dicembre 2012). Ha affermato il senatore Ignazio Marino: “tagliare le risorse alle strutture ospedaliere d’eccellenza e a quelle mediocri è un errore strategico” (Pubblico Giornale, 5 dicembre 2012).
Dunque, l’indispensabile riduzione dei costi, deve colpire gli sprechi e le inefficienze e non mortificare le migliori e meno costose istituzioni cattoliche della città Roma, come sta facendo Enrico Bondi.

LE SCUOLE PARITARIE CATTOLICHE
Il dissennato criterio, che definirei “massocchista” che penalizza coloro che forniscono servizi d’eccellenza a costi minori, rischia di colpire anche le Scuole Paritarie Cattoliche con la tassa dell’IMU.
L’IMU AGLI ENTI ECCLESIATICI CATTOLICI
Non voglio entrare nella complessa questione dell’IMU agli Enti ecclesiastici trattata spesso in modo superficiale, disinformato e a volte anche con insulti. Per offrire una sintetica idea sull’argomento e sulla profonda disinformazione che lo circonda, prendo a prestito la risposta su questa problematica che il Direttore del quotidiano Avvenire, scrisse il 13 novembre 2012. “Evidentemente, gentile signor D’Alessandro, lei non è un nostro Iettore o Io è solo di quando in quando. O forse è solo il lettore – un po’ sfortunato, direi – di altri giornali (o siti
online) che rilanciano acriticamente le falsità messe in circolo dalle solite centrali disinformative che sono riuscite a far diventare “luogo comune” nelle redazioni di mezza ltalia abbondante che la Chiesa goda di privilegi fiscali profondamente ingiusti. Non è così. E l’abbiamo dimostrato in tante occasioni, testi di legge e di circolari alla mano oltre che con la pubblicazione di bollettini dei pagamenti effettuati da attività non profit ma condotte con modalità prettamente commerciali e dunque assoggettate ai relativi tributi, o di attività di natura commerciale tout court presentate falsamente agevolate (…).
Ripeto ancora una volta che gia ora le attività serza fini di lucro promosse dalla Chiesa e dalle organizzazioni di volontariato che alla Chiesa fanno riferimento sono assoggetate alle stesse identiche regole previste per ogni altra attività non profit comunque ispirata e da chiunque promossa. Non esistono norme “ad Ecclesiam” né sono mai esistite! In futuro, una parte delle attività non profit rischia di pagare o di pagare di più a seguito di norme in via di definizione, quelle stesse che vengono raccontate come un ‘regalo’.Vedremo che cosa verrà fuori dal cilindro delle esagerazioni (…).
La cosa grave, comunque, sono gli autentici insulti scagliati a ripetizione contro il mondo del non profit e contro Ie attività senza fini di lucro della Chiesa. Una vergogna assoluta. Certi politici sono forse irrecuperabili, ma spero che prima o poi nelle redazioni di certi giornali ci si renda conto di questo” (pg. 29).

IMPORTANZA DELLE SCUOLE PARITARIE E RISPARMI CHE PRODUCONO ALLO STATO
Per prima cosa è opportuno sottolineare che è la libertà di educazione è un diritto fondamentale delle famiglie, prime responsabili dell’educazione dei figli. E questo diritto si esercita scegliendo l’indirizzo scolastico ritenuto più opportuno e idoneo alla propria visione di uomo e di società. Questo diritto è ribadito dall’articolo 33 della Costituzione Italiana e anche da alcuni pronunciamenti del Parlamento Europeo. Inoltre, la “La legge di parità” (62/2000), ha chiaramente evidenziato che il sistema nazionale di istruzione è composto di scuole gestite dallo Stato e da altri Enti privati. Questi Istituti essendo sullo stesso piano delle scuole pubbliche hanno gli stessi doveri e diritti. Di conseguenza, dato che le scuole statali non pagano l’IMU, lo stesso trattamento deve essere riservato alle scuole non statali ma ugualmente pubbliche. Secondo una recente ricerca, gli istituti paritari, fanno risparmiare al nostro Paese 6
miliardi e 200 di euro all’anno a fronte di un contributo governativo pari solo a 430 milioni di euro. Sempre la stessa ricerca mostra che lo Stato per ogni studente frequentate le scuole
paritarie risparmia oltre 4000 euro. Gli “alieni”, forse provenienti da Marte o da qualche pianeta vicino, che hanno scritto il Regolamento IMU, hanno evidenziato che la retta che si paga nelle scuole 6 paritarie per non essere soggette all’IMU, dovrebbe essere “simbolica”, per evitare “il fantasma” di un profitto che sta solo nella loro testa dato che molti di questi enti sono in perdita o faticano a raggiungere il pareggio di bilancio. Hanno dimenticato che la normativa non proibisce al no-profit di fare profitto, ma queste realtà non possono distribuire gli utili alla direzione dell’ente o dividerlo tra i vari soci, ma lo devono obbligatoriamente reinvestirlo nell’attività per migliorare o aumentare il servizio. Quindi, il no-profit, a differenza del profit non può appropriarsi di eventuali ricchezze che genera. E dato che sono degli “alieni”, lontani anni luce dal contesto societario, avranno pensato che alla fine del mese i dipendenti di questi enti si accontentino di una benedizione e di un ringraziamento, e quando si devono compiere le manutenzioni anche quegli operai si accontentano, o anzi sono felici della benedizione e del ringraziamento. E’ sufficiente “il buon senso” per comprendere che le rette sono indispensabili per il funzionamento della scuola non avendo finanziamenti statali, e ricevere le rette non significa “fare profitto”. Quindi, consiglio agli “alieni” e anche ai componenti del “Consiglio di Stato” che nello scorso novembre ha affermato che l’assenza del fine di lucro non è più dirimente per distinguere le attività non commerciali da quelle commerciali, di studiare che cos’è il settore no-profit di cui fanno parte anche le scuole paritarie. E a tutti questi “saggi” domando: “cosa succederebbe se a settembre 2013, tutte le scuole paritarie decidessero di chiudere?”. Fornisco loro alcune risposte: per la mancanza di edifici scolastici lo Stato sarebbe costretto ad issare delle tendopoli nelle piazze principali delle città per ospitare tutti gli alunni e l’assunzione da parte dello pubblica amministrazione di migliaia di professori, comporterebbe un esponenziale aumento della spesa pubblica con le ricadute che ben possiamo immaginare. In parte, questa visione, potrebbe attuarsi con l’introduzione dell’IMU, dato che gli Istituti sarebbero costretti ad aumentare le rette e molte famiglie a causa della crisi economica si vedrebbero costrette a iscrivere i figli alla scuola pubblica, non potendo più usufruire del diritto alla libera educazione dei figli.

CONCLUSIONE

Alcuni giustificheranno l’IMU alle scuole paritarie con la logorata, ambigua e deresposabilizzate frase “Ce lo chiede l’Europa”. Ricordano Maurizio Luppi, Mara Carfagna e Gabriele Toccafondi, che ’’ l’Europa siamo (anche) noi. A Bruxelles si tratta, ma soprattutto a Bruxelles si può e si deve spiegare che cosa sia il Terzo Settore (no-profit) per I’Italia, per la sua economia, per il suo welfare, per la convivenza civile. Favorirlo non è un privilegio ma significa restituire, in piccola parte, ciò che le realtà no-profit fanno risparmiare allo Stato. Pensare a una politica fiscale che valorizzi questo mondo, lo incentivi e lo incrementi non è solo un tributo di riconoscenza per quello che nella storia d’Italia hanno fatto, ma un investimento per la crescita e lo sviluppo” (Avvenire, 15 novembre 2012, pg. 2).

Spero di aver motivato con questa riflessione il titolo che ho voluto dare a questo articolo: “Vogliono forse eliminare le istituzioni d’ispirazione cristiana?”. Affermò un vecchio politico: “A pensare male si fa peccato ma alcune volte si indovina”. Spero solo di sbagliarmi!

Don Gian Maria Comolli
15 dicembre 2012

15 dicembre 2012

VOGLIONO FORSE ELIMINARE LE ISTITUZIONI D’ISPIRAZIONE CRISTIANA?

UNA DOVEROSA PRECISAZIONE riguardante la seconda parte dell’articolo: le scuole paritarie. Questo articolo è stato scritto il 15 dicembre 2012 quando sembrava che l’Unione Europea fosse […]