IN RICORDO DI ELUANA ENGLARO
Sono trascorsi oltre cinque anni dalla morte di Eluana Englaro (9 febbraio 2009) ma molti dubbi ancora ci interpellano, tante le domande che bruciano, troppe le risposte che tacciono. Eluana entrò nei nostri cuori perciò abbiamo il diritto di sapere. Ancora ci chiediamo: perché Eluana è morta? Per la disperazione di un padre?Per la destrezza di una certa consuetudine culturale? Per l’insensatezza di un pensiero debole? Per un’ideologia che elimina i fragili “in nome della libertà del singolo”? Claudia.
La disperata vicenda di Eluana, come attesta Claudia, non coinvolse unicamente la famiglia Englaro, perchè la giovane donna, nel trascorrere dei mesi, divenne figlia e sorella di tanti italiani. Lo testimoniarono le migliaia di persone che si mobilitarono per salvarle la vita con petizioni, deponendo bottigliette d’acqua sul sagrato del duomo di Milano e di altre chiese o che parteciparono a veglie di preghiera. Tutti, ci rendemmo conto, della profonda ingiustizia che Eluana, fragile e totalmente indifesa, stava subendo!
Inoltre, il signor Giuseppe Englaro, il padre, di cui è comprensibilissimo il dolore, scatenò per anni una campagna mediatica che suscitò un accentuato disorientamento etico-morale nell’opinione pubblica. Offrire delle risposte a Claudia è complesso; ripercorrerò la storia, e formulerò delle osservazioni, per agevolare il lettore o visitatore nelle conclusioni.
Eluana, ventuno anni, di Lecco, nella notte del 19 gennaio 1992, fu vittima di un gravissimo incidente automobilistico; entrò in coma, e inseguito, in stato vegetativo persistente.
Fu ricoverata all’ospedale di Lecco e di Sondrio, e per 15 anni fu assistita con immenso amore e tenerezza dalle Suore Misericordine presso la Casa di Cura “Beato Telamoni” di Lecco. Eluana, è opportuno precisare, non dipendeva da nessun dispositivo medico; gli organi vitali e l’attività respiratoria funzionavano autonomamente. Era collegata, di notte, ad un sondino naso-gastrico per nutrirsi ed idratarsi. La giovane donna fruiva di un naturale ritmo sonno-veglia, apriva gli occhi, in parte riacquistò la mimica espressiva, reagiva agli stimoli esterni ed era sottoposta, quotidianamente, a ginnastica passiva. Il suo neurologo C. A. Defanti, così la descrisse al Corriere della Sera: “al di là della lesione celebrale, Eluana è una donna sana, mai una malattia, mai un antibiotico”.
Nel gennaio del 1999, Giuseppe Englaro, padre e tutore, intraprese un’azione giudiziaria per sospendere l’alimentazione e l’idratazione artificiale alla figlia, ma sei sentenze risultarono negative. La prima svolta favorevole, il padre, l’ebbe il 16 ottobre 2007, quando la Corte di Cassazione rinviò la richiesta alla Corte di Appello di Milano. Nella motivazione si evidenziò la possibilità di interrompere l’alimentazione e l’idratazione a due condizioni: la definitiva irreversibilità dello stato vegetativo di Eluana, e la ricostruzione della sua volontà presunta di voler morire in base a precedenti dichiarazioni o stili di vita. Immediatamente, ci si rese conto che nessuno dei due requisiti potevano essere adeguatamente provati, dato che la scienza possiede scarse conoscenze sulla natura dello stato vegetativo e sull’ eventuale risveglio. Anche le testimonianze sulla sua presunta volontà furono contraddittorie. La seconda svolta fu del 25 giugno 2008, quando la Corte di Appello di Milano autorizzò con un provvedimento la chiusura del sondino naso-gastrico. La Procura di Milano si oppose; il Parlamento votò una mozione di conflitto di attribuzione denunciando che la Corte di Appello stava esercitando un potere improprio, essendo
competenza del Parlamento approvare le leggi e dei giudici unicamente applicarle. Le suore Misericordine implorarono il signor Englaro di affidare loro la figlia; ma il padre rifiutò. Da ultimo, la Corte di Cassazione a Sezioni Unite, nel novembre 2008 rigettò i ricorsi della Procura di Milano e del Parlamento giudicandoli inammissibili non per i contenuti ma per difetto di legittimazione all’impugnazione. Il provvedimento di morte divenne definitivo! A nulla valse l’intervento del Governo guidato da S. Berlusconi, dato che il Presidente della Repubblica, G. Napolitano, non firmò il Decreto Legge proposto, dichiarandolo «incostituzionale», ed Eluana morì il 9 febbraio 2009 nella Casa di Cura “La Quiete” di Udine, al termine di quattro giorni di agonia per la chiusura del sondino naso-gastrico.
Da quanto descritto risulta che l’unico elemento accertato fu l’incertezza. L’ incertezza guidò il padre nella battaglia e i giudici milanesi nell’emettere il provvedimento. Né coloro che furono favorevoli alla morte di Eluana, né quelli che supplicarono il prosieguo della sua vita reperirono certezze nell’ambito medico, scientifico o testimoniale. Di fronte all’incertezza, quale atteggiamento assumere? Quello della massima prudenza! La sentenza, fu profondamente ingiusta, non avendo considerato questo principio etico e avendo dimenticato l’antica arte della “iuris prudentia”, l’unica idonea a creare sinergie tra l’amministrazione della giustizia umana e l’ orizzonte etico-morale. Se non altro per ragioni prudenziali, come avviene nel diritto penale dove si assumono posizioni a favore dell’imputato di fronte al minimo dubbio, così si doveva agire anche nei confronti di Eluana.
Il caso Englaro, stravolgendo i principi classici dell’ordinamento giuridico, fu una bomba ad orologeria; avrebbe potuto rappresentare l’inizio di una nuova era di violenza con l’eliminazione dei disabili gravi, degli ammalati psichiatrici e degli anziani in stato di incoscienza.
Affermò G. Ferrara rispondendo alla domanda: “La sentenza di Eluana, come ha detto qualcuno, è stata scritta a più mani?”. «Ma certo. E’ già scritta nei libri di Umberto Veronesi, nel film le ‘Invasioni barbariche’, nelle polemiche scientiste che svalutano e maltrattano la vita umana, nelle nuove linee guida della legge 40 approvate dal ministro Turco, oppure quando si parla di aborto selettivo. E’ frutto di una profonda sfiducia nella virtù della vita, nella sua forza morale, nel suo significato” (Avvenire, 16 luglio 2008).
Mi permetta, Claudia, con molto rispetto a questa situazione umana, di togliermi alcuni sassolini dalla scarpa. L’incredulità leggendo le dichiarazioni del signor Englaro, che apprendendo da Udine la notizia della morte di Eluana, affermò rivolgendosi alle Suore Misericordie: “Me l’hanno violentata per quindici anni”. Accusa ripresa nell’intervista del 6 febbraio 2011 al Corriere della Sera: “Le suore avevano visto consumarsi anche la mamma di Eluana accanto al suo letto. Volendola lì con loro, erano state un po’ crudeli con Eluana e con sua madre. E io invece dovevo difendere mia figlia e mia moglie”. Descrivere come un po’crudeli quelle suore, non solo è ingiusto, ma è sconvolgente. Inoltre, esprimo il mio sdegno nei confronti della Giunta Comunale di Centro-Sinistra di Firenze per il conferimento della cittadinanza onoraria al signor Englaro nel marzo 2009. Fu uno schiaffo alle centinaia di famiglie che nell’anonimato, e con eroici sacrifici anche economici, assistono quotidianamente un parente in stato vegetativo permanente.
Lo scritto di padre Livio Fanzaga, Direttore di Radio Maria, dipinge con intensa tenerezza Eluana.
“Eluana, piccolo fiore, tu sei la prediletta al cuore del Signore. Tace la tua voce mentre sei distesa sul legno della croce. La tua luce splende nella notte oscura di un mondo che non comprende. Il tuo cuore è una sorgente che emana amore sul freddo della gente. Tu sei un tesoro molto più prezioso di un forziere d’oro. Una mano che rapina al tuo letto si è avvicinata nella penombra della mattina. Anche tu, come Gesù, gridasti ‘Ho sete!’, prima di volare lassù. Ottienici in dono, quando entrerai in cielo, la grazia del perdono”.