Esiste il diritto ad avere un figlio?
La nostra risposta è NO mentre per la Corte Costituzionale che nei giorni scorsi ha deposto le motivazioni riguardanti la sentenza 162 del 9 aprile 2014 che ha dichiarato illegittimo il divieto di fecondazione eterologa previsto dall’articolo 4 comma 3 Legge 40/2004, la risposta è SI.
Dunque, per la Corte Costituzionale, esiste un “diritto al figlio” che è incoercibile, cioè assoluto, perché ha a che fare con «la sfera più intima e intangibile della persona umana». Si legge nella sentenza che quello di diventare genitori e di formare una famiglia che abbia anche dei figli è qualificata “espressione della fondamentale e generale libertà di autodeterminarsi: una libertà costituzionalmente fondata” (si richiamano in proposito gli articoli 2, 3 e 31 della Costituzione), “concernendo la sfera più intima e intangibile della persona umana. E se è vero che la Costituzione non pone una nozione di famiglia inscindibilmente correlata alla presenza di figli, la formazione di una famiglia caratterizzata dalla presenza di figli, anche indipendentemente dal dato genetico è favorevolmente considerata dall’ordinamento giuridico (…) come dimostra la regolamentazione dell’istituto dell’adozione”.
Il nostro NO
Il nostro NO non nasce da un innato spirito di contrapposizione nei confronti di determinate scelte contrarie ai valori e ai principi della Dottrina della Chiesa Cattolica ma dall’esame di una visione antropologica riduttiva e dalle conseguenze negative che deriveranno al futuro della società. Ben sappiamo che un figlio è un desiderio rispettabilissimo della genitorialità ma trasformarlo in diritto significa che allora “tutto è permesso”. Inoltre, da sempre, la civiltà giuridica si basa sulla difesa dei più deboli. Con questa sentenza un principio cardine è capovolto perché per la Corte Costituzionale, il desiderio di una coppia di adulti di diventare genitori prevale sul diritto di un bambino a nascere in condizioni naturali e a vivere con una mamma e un papà biologici.
Qual è il pensiero della Chiesa Cattolica sul “diritto al figlio”?
Esclude tale diritto perché ogni vita è un dono di Dio che si origina dall’amore del Creatore mediante la collaborazione indispensabile e responsabile della coppia. Ogni vita è primariamente e principalmente un atto gratuito e amoroso di Dio! Il figlio, perciò, è una persona e non un oggetto; quindi è assurdo ridurre il problema ad una semplice questione tecnica. Purtroppo, nella nostra società, che ha eclissato il “senso di Dio” e, di conseguenza svanito il valore dell’uomo, come affermato più volte da san Giovanni Paolo II: “La creatura senza il Creatore svanisce (…). Anzi l ‘oblio di Dio priva di luce la creatura stessa” (Evangelium vitae n. 36), si è smarrito anche la visione sacrale del generare, l’atteggiamento dello stupore e le espressioni di ringraziamento. L’aver scordato la collaborazione che Dio richiede ai genitori trasforma il figlio da “dono” in “diritto”. Infine, il figlio, è un altro da noi, non un possesso dei genitori che si impegneranno affinché realizzi, nella libertà, la propria vocazione.
I possibili scenari futuri.
Tralasciando che questa sentenza rappresenta la diciannovesima “bocciatura” dei tribunali nei confronti della legge 40, approvata dal Parlamento nel febbraio 2004 per regolare la procreazione medicalmente assistita, quello che preoccupa è il fatto che prima o poi questo “diritto” potrebbe essere chiesto anche da altri: coppie anziane, non dimenticando che l’età media in cui una donna partorisce il figlio è attualmente attorno ai quarant’anni (era di 27 negli anni 70’ del XX secolo). Come pure lo stesso diritto lo vorranno senz’altro anche le coppie omosessuali, dato che purtroppo, si giungerà anche al riconoscimento di questo stato.
Due situazioni particolarmente inquetanti: il fenomeno delle “mamme-nonne” e l’utero in affitto.
Le “mamme-nonne”
Alcune donne, con scarsa responsabilità, sostengono la prerogativa alla maternità ad ogni età, in ogni situazione, anche all’esterno del matrimonio o in coppie omosessuali. Spesso, siamo messi a conoscenza, che donne oltre i 50 anni, a volte all’approssimarsi dei 60, hanno generato dei figli. E negli ultimi anni, il fenomeno delle cosiddette “mamme-nonne” (sostenere la gravidanza dopo i cinquan’anni), è fortemente aumentato. Ciò preoccupa, perchè queste situazioni anomale, stanno trasformandosi in “fenomeno culturale”, mostrando naturale “il diritto” del figlio ad ogni età. Nei confronti di questi atti egoistici, che volendo ampliare alcuni diritti soggettivi, indicano l’incapacità della donna ad ammettere i propri limiti, il giudizio è totalmente negativo. Si pone a rischio il futuro dei figli, dato che in età biologicamente avanzata, il padre e la madre non saranno idonei ad esercitare il ruolo di genitori, soprattutto a livello educativo, per l’ampio scarto generazionale e per le forze fisiche e psicologiche sempre minori.
Utero in affitto
E’ una pratica obbrobriosa di svilimento del corpo umano femminile e della sua fertilità e consiste nell’ impegno di una donna a rendere disponibile a pagamento il proprio utero per il decorso di una gravidanza per conto di terzi con il preciso impegno di rendere alla coppia committente il bambino nel momento della nascita. E’ definita da molti un “nuovo colonialismo” e da altri una moderna forma di schiavitù, poiché si sta sempre più sviluppando nei Paesi del terzo e quarto Mondo. Solitamente le coppie che si rivolgono alla “maternità surrogata” sono benestanti e provenienti soprattutto dal mondo occidentale dove hanno inutilmente tentato per anni la procreazione medicalmente assistita, o sono donne in età avanzata (a volte all’approssimarsi dei 60 anni), oppure “too-posh-to push (donne che ritengono la gravidanza una noia essendo in carriera o ricche possidenti). Anche il bambino vive un suo dramma sentendosi senza storia e privo di radici genetiche e affettive. Per lui, è alquanto difficoltoso, comprendere chi siano i suoi genitori legali e in alcuni casi anche la sua cittadinanza. Un destino incerto lo attenderebbe, inoltre, se fosse portatore di difetti, poiché i genitori committenti potrebbero non volerlo ed egli sarebbe destinato, molto probabilmente, a essere abortito. La “maternità surrogata” è la più spregevole commercializzazione dell’essere umano e coloro che l’hanno mostrarlo in un ottica “altruistica” possiamo definirli unicamente “ippocriti”.
Conclusione
Pur esprimendo tutta la comprensione per coloro che soffrono per la mancanza di un figlio e si sforzano di averlo, questo non potrà mai diventare un diritto perché il figlio rimane sempre una persona da accogliere in dono. E come conclusione facciamo nostro il commento di Carlo Casini, presidente del Movimento per la Vita che di fronte alla sentenza della Corte Costituzionale così si è espresso: ”Siamo alle solite: si guardano solo gli interessi, i desideri degli adulti e non gli interessi e i diritti dei bambini”. ”Eppure – sottolinea – la Convenzione universale dei diritti del fanciullo afferma a chiare lettere che in ogni decisione di carattere amministrativo o giudiziario riguardante i minori deve essere data prevalenza all’interesse e ai diritti del bambino. E la precedente Dichiarazione sui diritti del fanciullo stabiliva che ‘gli Stati devono dare al bambino il meglio di se stessi’”.
Una testimonianza
Lasciamo la parola ad una giovane donna che ha vissuto l’esperienza di figlia di “genitori-nonni”.
“Mio padre ha 86 anni, io 31”. Il padre alla sua nascita aveva 55 anni. Tra me e mio padre c’è stato un gap generazionale incolmabile, oserei dire abissale. In più non ho mai visto mio padre a lavoro, essendo andato in pensione quando avevo 9 anni. Quando io volevo correre e andare in bicicletta lui ha smesso, quando io ho cominciato a scoprire il mondo fuori dalla mia città lui ha smesso di viaggiare. E così via per tantissime cose. Più che un padre ho avuto un nonno, sempre più lontano dal mondo che scorre tutto intorno. Mio padre, ad esempio, non sa chi siano Freddy Mercury o i Doors. Punti in comune zero! Ed ora che, in questo periodo non facile, sto tentando di consolidarmi un futuro lavorativo ed affettivo, mio padre mi dà pensieri, poiché in rapido declino cognitivo. E questo è un grosso peso, non vivendo più nella stessa città. Infine mi vedo costretta a rinunciare alla possibilità di esperienze lavorative fuori dall’Italia per potergli stare dietro quel poco che posso”.La sua conclusione: “Mi dispiace, ma chi fa un figlio in tarda età è solo un egoista. Un figlio non è un diritto, ma un dono; nè tanto meno deve essere un investimento per risparmiare sulla badante. Scusate la crudezza, ma questa è la realtà che vivo in prima persona” (Dal Forum del Corriere della Sera)