Il pericoloso articolo 12, comma 6, del Decreto Legge n. 158

del 13 settembre 2012

L’Italia è una delle nazioni che possiede più leggi; di conseguenza è impossibile al cittadino conoscerne anche solo una minima parte. Eppure, alcune norme, anche se all’apparenza sembrano non riguardarci, potrebbero interessare da vicino la nostra vita. E’ il caso del comma 6, dell’articolo 12, del Decreto Legge n. 158 del 13 settembre 2012: “Disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute” (G.U. n. 214 del 13.9.2012).
Il Decreto Legge 158/2012 tratta vari argomenti: dalle regole per le nomine dei direttori generali degli ospedali al come contrastare la ludopatia; dalle sanzioni pecuniarie a coloro che vendono tabacchi ai minori all’apertura degli ambulatori 24 ore su 24 e riserva un comma al ridimensionamento dei Comitati Etici: “uno ogni milione di abitanti” (cfr.: art 12, comma 6).
Ai “non addetti ai lavori”, cioè al signor qualunque, questo comma a prima vista sembra non riguardalo, mentre con questa riflessione dimostrerò che “tutti i cittadini” dovrebbero essere alquanto preoccupati assumendo quotidianamente dei farmaci, oppure perché a un determinato punto della loro vita potrebbero sentirsi rivolgere dal medico durante un ricovero ospedaliero questa richiesta: “Di un po’, ti dispiacerebbe unirti ad altri pazienti di questo piano per darci una mano nel fare una ricerca molto importante che stiamo portando avanti?”.
E il nostro “signor qualunque”, ricoverato in ospedale perchè malato, impaurito da strane routine spersonalizzanti, spaventato per la sua salute e forse per la sua vita, e lungi dal potere di scelta quando la persona alla quale egli ancora tutte le sue speranze gli rivolge una richiesta, risponde prontamente “sì” (cfr.: Informed -but uneducated- consent, N. Engl. J. Med 287 -1972- 465). Tutti voi avrete  compreso che stiamo parlando di farmaci, di sperimentazioni cliniche e di comitati etici. Allora, inquadriamo la tematica.

FARMACI E SPERIMENTAZIONI CLINICHE

I farmaci sono un prodotto di largo consumo, e di conseguenza, sempre maggiori soggetti non solo ne traggono benefici, ma sono esposti anche al rischio di effetti collaterali. Per questo, la metodologia di approvazione di un nuovo medicinale, oltre che richiedere un lungo periodo è sottoposta a continue e ferree verifiche. Lo sviluppo di un nuovo farmaco procede seguendo normative regolatorie internazionali e nazionali e un percorso d’indagini farmacologiche pre-cliniche e cliniche codificate a livello mondiale. La nascita di un farmaco avviene a seguito dell’individuazione di un’ipotesi di “bersaglio farmacologico”, ossia di un elemento o di un meccanismo biologico su cui s’intende intervenire per migliorare il decorso di una particolare malattia. Il “bersaglio” è vario spaziando da un virus a un batterio, da una proteina difettosa a un legame molecolare alterato…
Partendo dal “bersaglio farmacologico” e dall’ipotesi proposta, si scelgono i cosiddetti “composti guida”, cioè alcune sostanze chimiche in grado di ottenere un effetto terapeutico o di influenzare un determinato meccanismo. Sono questi i precursori del farmaco. Per compiere questo percorso, il ricercatore utilizza diversi approcci scientifici e dalla formulazione dell’ipotesi, all’autorizzazione per l’immissione in commercio di un nuovo farmaco, occorrono in media 10/15 anni, e solo una molecola su migliaia, avvia il percorso di sperimentazione.
Un percorso che si articola in “quattro fasi” sull’uomo e al termine di ogni fase, i risultati determineranno se il futuro, ipotetico nuovo farmaco, potrà continuare l’itinerario, oppure se la sperimentazione dovrà interrompersi.

L’avvio delle fasi di studio sull’uomo sono precedute da meticolose ricerche in laboratorio e da minuziose sperimentazioni sugli animali. Solo al termine di questi passaggi, verificati gli esiti soddisfacenti sul piano dell’efficacia ed escluse dannose controindicazioni, inizia la sperimentazione sull’uomo. In Italia, ogni anno si conducono 500/600 sperimentazioni cliniche cui partecipano centinaia di ammalati arruolati.

INDUSTRIE FARMACEUTICHE E SPERIMENTAZIONI CLINICHE

In Italia, il 73,7% delle sperimentazioni cliniche sono progettare, avviare, gestite e finanziate da “industrie farmaceutiche” che impegnano nei progetti di ricerca notevoli capitali. E i risultati negativi possono  condizionare la stabilità e il futuro di una ditta farmaceutica. Da ciò, si comprende l’importanza di “organismi indipendenti”, che monitorizzino le varie fasi delle sperimentazioni con la finalità di difendere e tutelare i “soggetti partecipanti” nei confronti degli interessi della scienza, della società e delle stesse aziende farmaceutiche. Questi organismi sono i Comitati Etici.

I Comitati etici si costituirono negli anni sessanta del XX secolo inizialmente negli Stati Uniti, offrendo contributi per la risoluzione di situazioni cliniche eccezionali che crearono forti conflitti tra pazienti e medici, producendo nella popolazione interesse e preoccupazione. Da quel momento si diffusero in tutto il mondo, offrendo in un primo tempo prevalentemente consulenze nell’ambito assistenziale, poi esaminando e approvando i protocolli di sperimentazione clinica con decisione vincolante.

In Italia, i Comitati Etici per la sperimentazione clinica, divennero obbligatori negli ultimi anni del XX secolo. Con il trascorrere del tempo, assunsero, a seguito di due normative: il Decreto Legislativo 211/2003 e il Decreto Ministeriale del 12 maggio 2006 una chiara configurazione. Esaminiamo alcuni “articoli” dei due Decreti per comprendere appieno la tematica.

COS’È UN COMITATO ETICO? 

Il Comitato etico per le sperimentazioni cliniche dei medicinali è un organismo indipendente che ha la responsabilità di garantire la tutela dei diritti, della sicurezza e del benessere dei soggetti in sperimentazione e di fornire pubblica garanzia di tale tutela. Il comitato può essere istituito nell’ambito di una o più strutture sanitarie pubbliche o ad esse equiparate, o negli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico privati” (Decreto Ministeriale 12 maggio 2006, art. 1).

Dunque, l’attività principale del Comitato etico, è l’esame dei protocolli delle sperimentazioni cliniche e delle ricerche biomediche da un punto di vista scientifico ed etico, l’approfondimento e la discussione dei vari aspetti che li compongono, soprattutto quelli controversi che potrebbero danneggiare il soggetto incluso. Il Comitato etico ha anche l’obbligo di monitorare l’avanzamento delle sperimentazioni e di prendere visione degli eventi avversi gravi che possono verificarsi.

DA CHI ERANO COMPOSTI I COMITATI ETICI?

Due clinici; un medico di medicina generale territoriale e/o un pediatra di libera scelta; un biostatistico; un farmacologo; un farmacista; il direttore sanitario; il direttore scientifico (negli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico); un esperto in materia giuridica e assicurativa o un medico legale; un esperto di bioetica; un rappresentante del settore infermieristico; un rappresentante del volontariato per l’assistenza e/o associazionismo di tutela dei pazienti (cfr.: Decreto Ministeriale 12 maggio 2006, art. 2.4). La normativa, scelse una composizione obbligatoria interdisciplinare che garantisse la presenza delle esperienze necessarie per valutare adeguatamente gli aspetti scientifico-metodologici ed etici delle ricerche sperimentali.

COME “DOVREBBE” OPERARE UN COMITATO ETICO?

Ho presentato il verbo al condizionale (“dovrebbe”) perché con la “nuova normativa” nulla è scontato! Le normative in vigore fino al 30 giugno 2013 affermavano che i principi fondamentali di riferimento per ogni decisione erano i diritti, la sicurezza e il benessere dei soggetti coinvolti nello studio. Questi dovevano prevalere sugli interessi della scienza e della società. In altre parole, il Comitato etico, salvaguardava il “bene del paziente”, offrendogli la migliore terapia e sottoponendolo al minore disagio possibile. Altri due criteri base importanti erano: i requisiti scientifici dello studio e la pertinenza e rilevanza clinica della sperimentazione e del suo disegno.

  • Requisiti scientifici dello studio. Un Protocollo che non si propone fini rilevanti, oppure è scarsamente scientifico, poco originale, insufficientemente innovativo, non è eticamente accettabile e di conseguenza approvabile.
  • Pertinenza e rilevanza clinica della sperimentazione e del suo disegno. La finalità di una ricerca è migliorare l’esistente, cioè conoscere informazioni attendibili e nuove dall’ipotesi formulata, senza confondere la differenza fra “ novità terapeutica” e “semplice innovazione”. “Gran parte degli eticisti rivela come questi punti facciano parte dell’ethos professionale del ricercatore al punto da costituirne la caratteristica essenziale, che lo distingue da ciarlatani ed improvvisatori” (R. MORDACCI, Bioetica della sperimentazione. Fondamenti e linee guida, F. Angeli, Milano 1997, pg. 215).

Ciò avveniva, come richiesto dall’articolo 6 del Decreto Legislativo 211/2003, mediante l’approfondito esame scientifico ed etico di vari documenti cui accenniamo per sintesi.

  • Protocollo di studio, cioè il documento che riporta, in dettaglio, tutti gli aspetti della ricerca e le modalità di esecuzione.
  • Modalità previste per l’arruolamento dei partecipanti alla ricerca.
  • Rapporto rischi/benefici.
  • Dossier per lo sperimentatore, ovvero, la raccolta di dati clinici sul medicinale in sperimentazione.
  • Idoneità dello sperimentatore e dei suoi collaboratori qualificati per formazione ed esperienza.
  • Adeguatezza della struttura sanitaria.
  • Informazioni scritte da fornire ai soggetti inclusi.
  • Salvaguardia della privacy.
  • Risarcimento o indennizzo, cioè un’ idonea polizza assicurativa.
  • Diffusione dei risultati.

E’ compito del Comitato Etico, inoltre, autorizzare l’uso compassionevole dei farmaci, prendere atto degli eventi avversi, esaminare gli emendamenti sostanziali e seguire il monitoraggio delle sperimentazioni.

TANTO LAVORO; POCHE PERSONE = DIMINUZIONE DELLA QUALITA’

In Italia, fino al 30 giugno 2013, erano presenti 269 Comitati Etici. Dal 1 luglio 2013 sono stati ridotti a 70 (uno ogni milione di abitanti). E’ stato un errore gravissimo concentrare in poche persone tanto lavoro. Ciò diminuirà in misura intollerabile la sicurezza dei pazienti arruolati, infatti l’enorme carico di attività ridurrà la “qualità” della revisione e del controllo delle sperimentazioni cliniche, e di conseguenza, ci sarà un probabile aumento degli errori di valutazione con tutti i pericoli consequenziali, rischiando di rivivere drammatici errori del passato. Ammoniva un documento della SIMLA (Società italiana di Medicina Legale): “Ricorrerebbe elevata probabilità di riconoscere tardivamente un eventuale errore di valutazione del Comitato etico (se vi sono più comitati etici che valutano contemporaneamente lo stesso protocollo tali errori sarebbero eliminati o si verificherebbero più difficilmente, con maggiori garanzie per i pazienti). La sottomissione di una sperimentazione a più Comitati etici, indipendenti tra loro nella valutazione, rappresenta una garanzia di una maggiore qualità di revisione e di controllo, in senso non solo tecnico ma anche squisitamente etico (si ricorda quanto rilievo conferisce a tale aspetto la normativa internazionale sulla conduzione delle ricerche), esattamente come il pluralismo di idee giova alla corretta realizzazione di ogni progetto di utilità collettiva”. E G. Grob, ispettore della “Food and Drug Administration” (FDA), si chiedeva: “I molti protocolli da esaminare in una riunione non fanno correre il rischio di una valutazione portata avanti con poca attenzione e con superficialità?”.

Avremo, inoltre, un’inadeguata conoscenza da parte del Comitato etico che raggrupperà più ospedali della sede in cui si svolgerà la sperimentazione (idoneità dello sperimentatore e della struttura, compatibilità della sperimentazione con l’organizzazione assistenziale, tipologie dei pazienti arruolati, conduzione del monitoraggio…).
Saranno penalizzati gli studi no-profit. Per la SILMA è “impensabile che sia un Comitato etico esterno alla struttura dove si sperimenta a valutare l’opportunità e le risorse della struttura stessa per condurre tali studi finalizzati al miglioramento della pratica assistenziale”.

In altre parole, le attività dei Comitati etici, saranno spogliate dei valori etici e scientifici e ridotte a semplici attività formali.

IL PASSATO INSEGNA

Gravi negligenze nella verifica delle sperimentazioni cliniche e nella conduzione delle ricerche che hanno portato a sovrastimare l’efficacia del farmaco e a sottostimare gli effetti
avversi dei trattamenti hanno dato luogo nel passato a drammatiche situazioni. Si pensi al “Talidomide” che provocò, agli inizi degli anni ’60 del XX secolo, migliaia di gravi malformazioni ai feti e all’ “Elisir di sulfanilamide” che causò negli Stati Uniti la morte di oltre cento bambini perché conteneva un solvente tossico. Oppure, recentemente, il “Benfluorex”, un farmaco anoressizzante per soggetti diabetici, ha determinato alla fine del ventesimo secolo, in Francia, la morte di oltre mille persone per valvulopatia cardiaca. Inoltre, ogni anno, sono tolti dal commercio vari farmaci perché producono eventi avversi gravi e ciò è dovuto a errori di valutazioni, anche da parte dei Comitati etici, nel corso delle sperimentazioni cliniche.

CONCLUSIONE

Perché il Governo ha approvato la riduzione dei Comitati Etici?

Una giustificazione al Decreto Legge riguarda l’adeguamento della normativa sperimentale italiana alle Direttive Comunitarie; “ce lo chiede l’Europa!”. E qui, mi permetto di osservare che, come avvenuto in altri contesti, non sempre la legislazione Europea si prefigge la difesa della dignità e dei diritti della persona; anzi, alcune leggi approvate e imposte a livello Comunitario, suscitano notevoli perplessità.

Un secondo motivo sottaciuto, ma che ritengo molto reale, è l’aver accettato la richiesta delle industrie farmaceutiche di ridurre al minimo l’iter burocratico, infatti “l’arrivare per primi sul mercato”, per una multinazionale è un grosso affare!
Per questo motivo aumentano le sperimentazioni cliniche condotte nei Paesi del Terzo Mondo che richiedono costi minori e la violazione delle linee guida scientifiche ed etiche sono tollerate.
Ancora una volta la dignità e la sacralità della vita umana anziché essere strenuamente difesa e anteposta a tutto, compreso l’interesse economico, è calpestata dal potere del mercato.
Papa Francesco, più volte ha ricordato un “midrash biblico” di un Rabbino del secolo XII; questo racconto è alquanto significativo anche come conclusione di questa riflessione.

“Per costruire la Torre di Babele, era necessario fare i mattoni. Che cosa significa questo? Andare, impastare il fango, portare la paglia, fare tutto… poi, al forno. E quando il mattone era fatto doveva essere portato su per la costruzione della Torre di Babele. Un mattone era un tesoro per tutto il lavoro che ci voleva per farlo. Quando cadeva un mattone era una tragedia nazionale e l’operaio colpevole era punito; era tanto prezioso un mattone che se cadeva era un dramma. Ma se cadeva un operaio, non succedeva niente, era un’altra cosa”.
E questo succede anche oggi nel settore delle sperimentazioni cliniche. Se gli investimenti delle industrie farmaceutiche calano un po’ è una tragedia. Ma se una persona subisce gravi danni a seguito di un farmaco si rimane indifferenti. Così ragiona la nostra società!

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