L’EUROPA NUOVAMENTE CONTRO LA VITA

Respinto il ricorso del Governo Monti

Forse qualche visitatore si ricorderà che questo argomento era già stato trattato il 1  dicembre 2012 in questa rublica, con una riflessione dal titolo: “Quando la volontà popolare è totalmente disconosciuta; il caso della legge 40/2004”.  Riassumo brevemente la vicenda.
Il 28 agosto 2012, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea di Strasburgo (nominata anche Corte Europea per i diritti dell’uomo) ha emesso una sentenza con la quale affermava “l’incoerenza” dell’articolo 13 della Legge n. 40 del 19 febbraio 2004: “Norme in materia di Procreazione Medicalmente Assistita”, che proibisce alle coppie non sterili di effettuare la procreazione medicalmente assistita per evitare malattie genetiche.

La Corte di Giustizia dell’Unione Europea fu interpellata da Walter Pavan (37 anni) e Rosetta Costa (35 anni), due coniugi romani, a cui nel 2006 nacque una bambina affetta da fibrosi cistica (o mucoviscidosi), una grave malattia genetica, a volte mortale. I due genitori, dopo essersi sottoposti allo screning genetico, apprendono di essere entrambi portatori sani del gene difettoso all’origine della patologia della figlia.Nel 2010 la signora Rosetta è nuovamente gravida, dalla diagnosi pre-natale apprende che il feto è anch’esso affetto dalla patologia della prima figlia, perciò abortì.Dopo questa seconda negativa esperienza ,la coppia romana, pretende di usufruire della procreazione medicalmente assistita per poter sottoporre gli embrioni alla diagnosi genetica pre-impianto. Il Tribunale di Roma negò l’autorizzazione.

I due coniugi quindi si rivolsero alla Corte Europea per i diritti umani di Strasburgo, argomentando che la legge 40/2004 violava alcuni articoli della Convenzione dei diritti
umani. In particolare, l’articolo 8 (rispetto della vita famigliare e privata) dovendo seguire la comune prassi del concepimento naturale e poi eventualmente abortire; l’articolo 14
(divieto di discriminazione) in quanto la legge prevedeva il ricorso alla procreazione medicalmente assistita unicamente alle coppie sterili o affette da malattie sessualmente trasmissibili.
Sul primo punto la Corte di Strasburgo ha accolto il ricorso dei due coniugi condannando l’Italia a un risarcimento di 17.500 euri, mentre ricusò la seconda accusa.
Quali motivazioni hanno indotto i giudici di Strasburgo a sentenziare che la legge 40/2004 violi l’articolo 8 della Convenzione dei diritti umani? Si legge nel comunicato emesso dalla Corte: “(i giudici) hanno ritenuto che il desiderio dei ricorrenti di rivolgersi alla procreazione assistita e alla diagnosi genetica pre-impianto per avere un figlio non affetto da fibrosi cistica sia una forma della loro vita privata e famigliare”.
Inoltre, il comunicato, parla anche di “incoerenza” della legge 40/2004. E’ vietata la diagnosi genetica pre-impianto ma la legge 194/1978 (“Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza”) “autorizza l’aborto di feti che mostrano sintomi della malattia”. Vari bioeticisti e giuristi replicarono che non esisteva nessuna “incoerenza” essendo le due leggi assai diverse tra loro. La 194/1978 riguarda specificatamente la pratica dell’aborto e consente “l’aborto terapeutico” per salvaguardare la salute della madre, anche se in moltissimi casi è la salute del feto e non quella della madre a determinare l’aborto come dimostra il drammatico crollo delle nascite di bambini affetti da sindrome di Down. Mentre la legge 40/2004 acconsente a chi è infertile di avere figli, indipendentemente dal loro stato di salute. Di conseguenza, esiste una profonda differenza tra diagnosi “preprenatale” e diagnosi “pre-impianto”, che non dovrebbe provocare la morte dell’embrione anche se gravato da malformazione, da curarsi durante la gravidanza.
E questa fu la conclusione della Corte: “(la posizione italiana) lascia ai ricorrenti una sola possibilità che comporta ansia e sofferenza: avviare una gravidanza e porvi termine
se i test prenatali mostrano che il feto è malato”.
Il governo italiano il 28 novembre 2012 ricorse alla Grande Chambre contro la sentenza della Corte, mostrando che giuridicamente non esiste nessuna incoerenza tra la legge 40/2004 e la legge 194/78.
La Grande Chambre alcuni giorni fa, senza nessuna motivazione, ha respinto il ricorso del Governo, consentendo a Rosetta Costa e Walter Pavan, ma solo a loro, di sottoporre alla diagnosi pre-impianto i loro embrioni. E’ opportuno sottolineare che: “solo a loro” è offerta questa possibilità mentre per tutte le coppie fertili italiane resta in vigore ciò che è previsto dalla legge 40, cioè il divieto di accesso ai trattamenti della procreazione medicalmente assistita. Quindi, preoccupano, le dichiarazioni di vari esponenti politici del centro-sinistra, che presi dall’euforia come quando vince la propria squadra del cuore, hanno ritenuto decaduta la legge 40.
Significative sono le dichiarazioni del senatore PD I. Marino, non nuovo a queste posizioni,che su twitter ha scritto: “…la legge 40 è da rivedere”.La sentenza di Strasburgo, chiaramente sottintende l’ideologia del “figlio sano”,quindi l’aspetto eugenetico, provocando discriminazioni e disuguaglianze fra gli esseri umani.
Pochi, discutendo sulla Legge 40, evidenziano i dati positivi forniti dal Ministero della Salute. Ad esempio, mentre nel 2005 solo 1 donna su 10 aveva un figlio, questa percentuale è
scesa ad 1 donna su 6 e tra il 2008 e il 2011, le gravidanze, si sono incrementate dell’11%.

Gian Maria Comolli
15 febbraio 2013

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