NOZZE GAY RICONOSCIUTE A GROSSETO

Nozze gay riconosciute a Grosseto: «Le leggi non le vietano».

Ma allora perché il Codice Civile parla di «marito» e «moglie»?

Il tribunale ha ammesso la trascrizione nei registri del Comune del matrimonio contratto da due omosessuali a New York. Un diritto è elargibile sulla base di un sentimento? E da quando? Ma che servono il parlamento, le leggi, il codice civile? 1Alla fine basta un giudice per riconoscere la validità del matrimonio omosessuale. Lo racconta oggi il Corriere della Sera, rendendo noto che un suo giornalista – Stefano Bucci – ha visto riconosciute le sue nozze con l’architetto Giuseppe Chigiotti grazie al parere di un giudice di Grosseto. Il tribunale ha infatti ammesso la trascrizione nei registri del Comune del loro matrimonio contratto a New York nel dicembre 2012.COSTITUZIONE E CODICE CIVILE. Ribaltando il parere del pubblico ministero, il giudice di Grosseto ha sentenziato che la loro unione non «è contraria all’ordine pubblico. Dunque è possibile». Possibile? Eppure esistono sentenze della Cassazione contrarie, ma che importa? Al giudice di Grosseto non importa. L’avvocato dei due, Claudio Boccini, dice al Corriere: «Devo riconoscere di aver trovato in Tribunale a Grosseto dei giudici molto attenti e, soprattutto, preparati. Ho argomentato non soltanto la questione dell’ordine pubblico (fondamentale per le nostre leggi), ma anche il fatto che nelle nostre norme non esiste un divieto esplicito al matrimonio dello stesso sesso, dunque il matrimonio omosessuale non è contrario alla nostra legislatura». Il legale forza così l’interpretazione dell’articolo 29 della Costituzione che recita: «La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sull’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare». Quel di cui però non tiene conto è il nostro codice civile, che parla esplicitamente di «marito e moglie» (all’articolo 143 per esempio). Quindi? Il codice civile non vale più nulla?

SE IL SENTIMENTO DIVENTA DIRITTO. Ma che volete che gliene importi a Grosseto del Codice Civile? Anzi, dice il Corriere che «Paolo Cesare Ottati, presidente del Tribunale di Grossetto, ha fatto anche di più. Nella sentenza in cui ordina all’Ufficiale di stato civile di Grosseto di trascrivere nei registri il matrimonio fra Stefano e Giuseppe ha richiamato sì i problemi di ordine pubblico, ma ha messo in fila una serie di considerazioni come mai fatto prima. Ecco quindi, codice civile alla mano, la considerazione che “nelle norme di cui agli articoli dall’84 all’88, lì dove non è individuabile alcun riferimento al sesso in relazione alle condizioni necessarie per contrarre matrimonio”. Il giudice ha anche ricordato che “il matrimonio celebrato all’estero è valido, quanto alla forma, se è considerato tale dalla legge del luogo della celebrazione”». Ecco fatto, dunque, basta scegliere gli articoli adatti e tutto diventa lecito. Ma un diritto è elargibile sulla base di un sentimento? E da quando?

LEGGE 40. Ancor più assurdo è il riferimento al pronunciamento della Corte Costituzionale sulla legge 40. Che c’entra chiederete voi? Nulla a nostro parere, ma non è così per l’avvocato di Bucci e Chigiotti che ce la spiega così: «Il prossimo passo dopo questo atto del Tribunale di Grosseto sarà un nuovo pronunciamento della Corte costituzionale. Con una domanda di base: perché una coppia dello stesso sesso è obbligata ad andare a sposarsi all’estero per vedere riconosciuti i propri diritti? Un po’ come è successo proprio oggi (ieri, ndr) con la sentenza sulla fecondazione assistita eterologa».

 10 aprile 2014, Tempi. it

DICHIARAZIONE DELLA PRESIDENZA DELLA CEI

La decisione con la quale il Tribunale di Grosseto ha disposto la trascrizione, nei registri di stato civile del Comune, di un matrimonio contratto all’estero fra persone dello stesso sesso suscita gravi interrogativi e non poche riserve. Come Presidenza della Conferenza Episcopale Italiana riteniamo che – al di là degli aspetti tecnici da approfondire adeguatamente in tutte le sedi competenti – sia doveroso da parte nostra sottolineare alcune questioni di fondo.

 Con tale decisione rischia di essere travolto uno dei pilastri fondamentali dell’istituto matrimoniale, radicato nella nostra tradizione culturale, riconosciuto e garantito nel nostro ordinamento costituzionale.

 Il matrimonio è l’unione tra un uomo e una donna, che in forma pubblica si uniscono stabilmente, con un’apertura alla vita e all’educazione dei figli. Il tentativo di negare questa realtà per via giudiziaria rappresenta uno strappo, una pericolosa fuga in avanti di carattere fortemente ideologico. In tal modo perfino si riducono gli spazi per un confronto aperto e leale tra le diverse visioni che abitano la nostra società plurale.

 INTERVISTA AL PROF. CESARE MIRABELLI

Il presidente emerito della Corte Costituzionale, Cesare Mirabelli: “È evidente che si tratta di una decisione relativa al caso singolo, ma segnala questa tendenza non tanto a dare attuazione alla disciplina normativa, ma a innovare modificandola, intervenendo in ambiti particolarmente sensibili come quelli del diritto della persona e del diritto di famiglia”

“Giurisprudenza creativa”. Nelle parole di Cesare Mirabelli, giurista, docente e presidente emerito della Corte Costituzionale, è questo l’appellativo adatto per la sentenza del tribunale di Grosseto, che ordina all’Ufficiale di stato civile del capoluogo toscano di trascrivere nei registri il matrimonio fra Giuseppe Chigiotti e Stefano Bucci, avvenuto il 6 dicembre 2012 a New York. La coppia aveva presentato un’istanza lo scorso giugno per la trascrizione del matrimonio, ma il Comune di Grosseto l’aveva respinta, asserendo il “contrasto con la normativa vigente sia di rango costituzionale sia ordinaria in quanto l’istituto del matrimonio nell’ordinamento giuridico italiano è inequivocabilmente centrato sulla diversità di sesso dei coniugi”. I due hanno quindi fatto ricorso al Tribunale, che ieri ha emesso la sua sentenza.

 Professor Mirabelli, cosa ne pensa della decisione del Tribunale?

“Stiamo assistendo a una manipolazione giurisprudenziale dell’ordinamento con l’affermarsi di casi di giurisprudenza fortemente creativa. Un matrimonio tra due persone dello stesso sesso contrasterebbe con l’ordine pubblico italiano, perciò non si comprende come il Tribunale di Grosseto abbia potuto disporre così. È evidente che si tratta di una decisione relativa al caso singolo, ma segnala questa tendenza non tanto a dare attuazione alla disciplina normativa, ma a innovare modificandola, intervenendo in ambiti particolarmente sensibili come quelli del diritto della persona e del diritto di famiglia”.

 Viene legittimato dalle aule dei tribunali, quindi, ciò che non passa per legge?

“Questa decisione mi pare sbagliata. Peraltro non è definitiva se il pubblico ministero, che aveva espresso parere contrario, la impugna in appello, come risulta dalle sue ultime dichiarazioni. Ribadisco, tuttavia, che si tratta di una singola sentenza, non costituisce un indirizzo giuridico”.

 È però in grado d’influenzare l’opinione pubblica e future decisioni in merito?

“L’ordinamento non prevede il matrimonio tra persone dello stesso sesso, quindi è proprio una fuga in avanti, anzi, una decisione estremamente creativa. È vero che, nella pubblica opinione, chi ha maggiore originalità di pensiero ottiene più risonanza, che magari da qualcuno viene pure cercata. Ma non si può proprio dire che questa sentenza sia un indirizzo giurisprudenziale”.

 L’avvocato della coppia ha argomentato che la normativa non precisa che il matrimonio debba essere contratto tra persone di sesso diverso…

“Il Codice civile e la Costituzione lo danno per scontato. All’epoca dei padri costituenti non era certo in discussione che il matrimonio lo contraessero un uomo e una donna. Il legislatore può disciplinare anche in modo differente. Ma che un giudice, sulla base di un’interpretazione lessicale, innovi così profondamente l’ordinamento è una singolarità”.

 È forse il caso di richiamare a livello legislativo la differenza sessuale tra i coniugi, come avvenuto di recente in Croazia tramite un referendum?

“Non occorre nulla di più esplicito. Semmai bisogna fare qualcosa se si vuole disciplinare una forma di unione tra persone dello stesso sesso, ma questo è compiuto del legislatore, non di un interprete come la magistratura”.

 Ieri la sentenza della Corte costituzionale sulla fecondazione eterologa, oggi questa. Sembra che le decisioni sensibili vengano prese fuori dai luoghi deputati a legiferare.

“Il caso della Corte è diverso. Lì il riferimento – criticabile o meno – è il rispetto della Costituzione. Bisogna vedere le motivazioni della sentenza. Quel che appare, guardando alla decisione della Corte, ma anche all’andamento complessivo della giurisprudenza, è l’esigenza di disciplinare una tutela dell’embrione”.

 Queste decisioni richiamano il parlamento a dare norme chiare su questioni che ora sono significative e sensibili?

“Occorre aprire una riflessione profonda su valori molto importanti e verificare, nelle modalità e con i termini che la democrazia pluralista consente, quali sono le soluzioni che rispettano i diritti fondamentali, i quali sono orientati al bene comune e non alle pulsioni soggettive”.

 Da SIR, 10 Aprile 2014, “ SENTENZA DI RICONOSCIMENTO. Il matrimonio gay

di Grosseto? Giurisprudenza creativa”.

Di Francesco Rossi

 

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