Mario Morello, medico, presidente dell’Associazione cattolica operatori sanitari, è turbato come tutti davanti al caso di Piombino, in cui un’infermiera è accusata di aver ucciso 13 persone somministrando eparina, un farmaco anticoagulante, in dosi enormemente superiori al massimo consentito. Ricorda come non basti la formazione, ormai di livello universitario e sia necessario “recuperare fortemente il tema della ‘relazione umanizzante’ con la persona malata, che dev’essere al centro di ogni sistema assistenziale“
“Ma lo sa quanti sono i medici, gli infermieri e gli altri operatori del settore? Quasi un milione. Non è accettabile che sulla base di un caso, per quanto grave e abnorme, si getti del fango su centinaia di migliaia di professionisti”. Mario Morello, medico, presidente dell’Associazione cattolica operatori sanitari, è turbato come tutti davanti al caso di Piombino, in cui un’infermiera è accusata di aver ucciso 13 persone somministrando eparina, un farmaco anticoagulante, in dosi enormemente superiori al massimo consentito. Ma si indigna quando nel dibattito pubblico questo caso viene utilizzato per mettere sul banco degli imputati l’intera categoria degli infermieri. “La mia prima reazione – racconta – è stata d’incredulità. Non mi riferisco alla responsabilità della singola persona al centro delle indagini, ma al fatto in sé. Com’è potuto accadere senza che nessuno si accorgesse di nulla e per tredici volte? La magistratura deve fare il suo corso fino in fondo cercando di chiarire tutti i dubbi che è legittimo porsi”. LEGGI L’INTERVISTA A MARIO MORELLO