Alto, sgraziato e inelegante, Abraham Lincoln era dotato di un fascino magnetico. Il sedicesimo presidente degli Stati Uniti seppe riunire un Paese diviso.
A guardarlo, Abraham Lincoln, il sedicesimo presidente degli Stati Uniti d’America, uno dei quatto il cui volto è scolpito nella roccia del Mount Rushmore, non appariva bello. Alto ben più di un metro e ottanta, aveva il volto scavato e il collo lungo.
Un famoso giornalista, inviato a seguirne un contraddittorio con un avversario democratico, ne fece un ritratto al vetriolo: «una magra, ossuta figura, un po’ curva, dondolante, sgraziata, vestita con nessun garbo e con un modo di gesticolare che desta il riso. Ha una faccia che inquieta. È brutto e piace. I suoi occhi grigi, fondi e acuti brillano sotto la folta, incolta capigliatura sotto la fronte vasta solcata da molte rughe. Ha la bocca larghissima, le labbra grosse, il naso lungo e forte, le braccia smisurate e alle mani enormi solo i suoi enormi piedi possono essere paragonati».
Eppure quest’uomo, destinato a lasciare una traccia indelebile nella storia degli Stati Uniti che aveva il senso dell’umorismo tanto da scherzare sovente sul suo stesso aspetto fisico, dava l’impressione di essere semplice, sincero e pieno di buon senso. LEGGI