BIOETICA PER TUTTI (1) – Perché non dobbiamo sottovalutarla
L’interesse “in incremento” per la bioetica
La bioetica, disciplina fino a pochi decenni fa nota prevalentemente agli specialisti, oggi è sempre più presente nel dibattito pubblico, configurandosi come ambito che riguarda varie “questioni civili” – come le chiamò Agostino d’Ippona nel De Rhetorica -, cioè quelle questioni che “(…) ci si vergogna di non sapere“ (IV, f. 14. c.5). Questo rinnovato interesse per la bioetica, basti vedere i dibattiti pubblici degli ultimi anni su molteplici argomenti: dalla procreazione medicalmente assistita alle varie “pillole abortive” (Ru 486, Norlevo, Elle One), dalle Dichiarazioni Anticipate di Testamento al suicidio assistito, è senz’altro positivo, ma pone un notevole criticità: la formazione delle persone, in particolare dei vari opinion leader che trattano argomenti bioetici. E’ anti-educativo e irrispettoso degli ascoltatori o dei lettori che “tutti” (dalle showgirl alle soubrette) trattino questi temi carenti di un’ adeguata competenza trasformandosi in “tuttologi”. Delicatissime questioni riguardanti la vita sono affrontate prevalentemente sulla base di un semplice sentire emotivistico e pietistico che facilmente fa presa sulla pubblica opinione, tralasciando per incapacità il rigole logico e soprattutto la ricerca della verità oggettiva. E a farne le spese, il più delle volte, è l’ascoltatore impreparato che “beve” tutto ciò che viene detto o che legge. Mi ha impressionato alcuni anni fa una coppia di laureati che discutendo con loro del caso di Eluana Englaro mi hanno detto: “La scelta fatta nei confronti di Eluana è stata giusta altrimenti quella povera giovane avrebbe dovuto per sempre vivere attaccata alle macchine”. Un giudizio erroneo che si erano formati seguendo i vari dibattiti massmediatici, poiché la giovane di Lecco in “stato vegetativo permanente” non dipendeva da nessun dispositivo medico; gli organi vitali e l’attività respiratoria funzionavano autonomamente. Era unicamente collegata, di notte, ad un sondino naso-gastrico per nutrirsi ed idratarsi. La diffusione di informazioni errate, inoltre, porta anche a valutare erroneamente il pensiero della Chiesa cattolica sugli argomenti etici come ricordato dalla Nota Pastorale: “Predicate il Vangelo e curate i malati. La comunità cristiana e la Pastorale della Salute” (2006). Si legge: “Spesso manca un’informazione corretta, e da ciò conseguono giudizi e opinioni avventati e scarsamente fondate. Si nota soprattutto un’insufficiente conoscenza delle posizioni sostenute dalla Chiesa, che sono spesso riportate in maniera impropria o sono giudicate inadeguate al tempo presente” (n. 16). Perciò, in questa “Pillola di Saggezza” e nelle prossime, vogliamo supportare “l’uomo pensante” a formarsi una opinione corretta sui singoli fatti, non proponendo un inesistente “prontuario operativo” ma evidenziando come forgiare un “opinione personale” edificata su un solido rigore logico e razionale immune da manipolazioni.
Perchè la bioetica?
Nella seconda metà del XX° secolo, lo sviluppo biomedico, incrementò progressivamente e rapidamente le tecniche diagnostiche e terapeutiche ma diminuì la capacità di sintesi atrofizzando le competenze etiche. Nel passato, i problemi di etica medica, si risolvevano seguendo esigue regole; con il trascorrere del tempo si presentarono sempre più complessi, svincolati da “precedenti” cui riferirsi e accompagnati da drammatiche urgenze. Scaturì, perciò, l’esigenza di un approfondimento sistematico.
Il vocabolo “bioetica”
Il vocabolo “bioetica” fu proposto nel 1970 dall’oncologo statunitense Van Rensselaer Potter ed interseca due realtà rilevanti della medicina e della cura: la βίος (vita) e l’ ἔθος (carattere, comportamento, consuetudine). Affermò Potter: “Il genere umano necessita urgentemente di una sapienza come guida per l’azione, di sapere come usare la conoscenza per il bene e il futuro della condizione umana: di una scienza della sopravvivenza, la bioetica, col requisito fondamentale di promuovere la qualità della vita”. L’oncologo americano, cogliendo nella spaccatura tra “sapere scientifico” e “sapere umanistico” interpretato come l’insieme dei valori etici, un rilevante pericolo per la sopravvivenza dell’ecosistema, anche a seguito delle affascinanti scoperte scientifiche, propose la bioetica come una “scienza globale” che non si limitasse al “campo medico” ma coinvolgesse tutti i settori riguardanti l’uomo, coniugando le “scienze della vita” con l’ “etica della vita”. Ma la sua visione universalistica di “bioetica globale” non ebbe seguito, e il termine si indirizzò verso il campo biomedico originando una riflessione morale sulle scienze della vita come fece ostetrico olandese E. A. Hellergers. Egli, propose la bioetica come una branca dell’etica dedita allo studio e alla ricerca nella biomedicina, considerandola un nuovo aspetto del dialogo socratico idoneo a far interloquire la medicina, la filosofia e l’etica nella ricerca di verità condivise. E, W.T. Reich, pubblicò nell’ “Encyclopedia of Bioethics” la definizione che riteniamo più completa di bioetica: “è lo studio sistematico delle dimensioni morali – comprendente visioni morali, decisioni, condotte, politiche – delle scienze della vita e della cura della salute, attraverso una varietà di metodologie etiche in un contesto interdisciplinare”.
Le difficoltà nel condividere la bioetica
In molti, negli ultimi decenni, hanno proposto altre definizioni al vocabolo bioetica, come pure hanno discusso sulle sue finalità, poiché alcuni la considerano una scienza, altri una generale branca del sapere; per taluni è una disciplina autonoma, per certuni una diramazione dell’etica tradizionale… Inoltre, qualcheduno, la ritiene superflua, convinto che l’etica medica possa fornire adeguate risposte ai problemi morali della pratica assistenziale. Infine, per altri, la bioetica è troppo influenzata da fattori religiosi, morali e culturali. Ma, la difficoltà maggiore, come sottolineò il “Comitato Nazionale per la Bioetica” nel testo “Bioetica e formazione nel sistema sanitario” (1991), ha origine dalla “diversità dei modi di pensarla nel pluralismo culturale” (n. 21). “Per questa complessità dovuta allo stesso carattere multidisciplinare della riflessione in oggetto, risultano imprescindibili una consapevolezza epistemologica specifica e, con tale consapevolezza, un confronto sul piano epistemologico delle diverse posizioni culturali di fronte ai molteplici problemi che la bioetica pone” (n. 23).
I settori di azione della bioetica
I quesiti che investono la bioetica nella sua accezione più ampia riguardano: la procreazione medicalmente assistita, l’identificazione dell’inizio della vita e di conseguenza lo statuto dell’embrione, la clonazione umana, le diagnosi pre-impianto e pre-natali e l’aborto. Fanno riferimento alla bioetica anche le sperimentazioni cliniche, il controllo dei disturbi psichiatrici e dell’handicap fisico-mentale oltre le malattie sessualmente trasmesse. Rientrano in questa disciplina le discussioni di casi clinici complessi e tutte quelle attività che si prefiggono l’ aumento del benessere psico-fisico mediante la farmacologia e la psicofarmacologia, la chirurgia estetica, la manipolazione genetica di animali e di piante e le allettanti possibilità, sebbene per lo più futuristiche, offerte dalla neurobioetica, dal transumanismo e dal post-umanesimo. Non tralascia, la bioetica il “termine della vita”, cioè il trattamento palliativo dei morenti, l’accanimento terapeutico, il testamento biologico e l’eutanasia. Infine, sempre la bioetica, si interessa delle attività che potrebbero migliorare le condizioni generali dell’umanità sofferente affetta dallo squilibrio socio-economico del nostro pianeta.
Conclusione
Per formarsi “giudizi obiettivi ed oggettivi” riveste enorme importanza la conoscenza dei modelli di riferimento presenti nel contesto societario odierno, la dimestichezza con i prioritari principi etici e la comprensione dei due paradigmi presenti nei vari dibattiti: la visione cristiana e quella laico-secolare della vita e della sua qualità. E’ ciò che faremo nelle prossime “Pillole”. Ma quello che maggiormente importa è che il visitatore di questo blog percepisca l’importanza e il rilievo della bioetica per l’oggi ma soprattutto per il futuro come ricordato da papa Benedetto XVI nell’Enciclica “Caritas in veritate”: “Campo primario e cruciale della lotta culturale tra l’assolutismo della tecnicità e la responsabilità morale dell’uomo è oggi quello della bioetica, in cui si gioca radicalmente la possibilità stessa di uno sviluppo umano integrale. Si tratta di un ambito delicatissimo e decisivo, in cui emerge con drammatica forza la questione fondamentale: se l’uomo si sia prodotto da se stesso o se egli dipenda da Dio” (n. 74). L’uomo pensante “cristiano”, inoltre, ha un input in più per “studiare la bioetica”, poiché, continua Benedetto XVI: “Le scoperte scientifiche in questo campo e le possibilità di intervento tecnico sembrano talmente avanzate da imporre la scelta tra le due razionalità: quella della ragione aperta alla trascendenza o quella della ragione chiusa nell’immanenza. Si è di fronte a un aut aut decisivo. La razionalità del fare tecnico centrato su se stesso si dimostra però irrazionale, perché comporta un rifiuto deciso del senso e del valore. Non a caso la chiusura alla trascendenza si scontra con la difficoltà a pensare come dal nulla sia scaturito l’essere e come dal caso sia nata l’intelligenza. Di fronte a questi drammatici problemi, ragione e fede si aiutano a vicenda. Solo assieme salveranno l’uomo. Attratta dal puro fare tecnico, la ragione senza la fede è destinata a perdersi nell’illusione della propria onnipotenza. La fede senza la ragione, rischia l’estraniamento dalla vita concreta delle persone” (n. 74).
(prima continua)