esame di coscienza

1Nel periodo della Quaresima la Chiesa, a nome di Dio, rinnova l’appello alla conversione. E’ la chiamata a cambiare vita. Convertirsi non è questione di un momento o di un periodo dell’anno, è impegno che dura tutta la vita. Chi tra di noi può presumere di non essere peccatore? Nessuno. Tutti lo siamo. Scrive l’apostolo Giovanni: “Se diciamo di essere senza peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi. Se confessiamo i nostri peccati, egli è fedele e giusto tanto da perdonarci i peccati e purificarci da ogni iniquità” (1 Gv 1,8-9) (Papa Francesco 28 marzo 2014).

Un “atto di conversione” è la celebrazione del sacramento della penitenza o confessione che vogliamo riscoprire nella sua grandezza e bellezza in questa “pillola di saggezza”.

Le difficoltà.

La conversione comporta delle difficoltà essendo impegnativo riconoscere che questa esortazione è rivolta ad ognuno di noi ed è imbarazzante identificare gli atteggiamenti e i comportamenti da modificare. La resistenza alla conversione è sintomo di autogiustificazione, mettendo come termine di confronto o I’ipotetica retta intenzione o il compimento di alcune pratiche religiose. Un altro ostacolo alla conversione lo troviamo nella giustificazione del peccato. E anche quando è commesso, a volte, lo si ritiene non il proprio peccato ma quello causato dal condizionamento dell’ambiente, quindi, si trasforma la colpa da confessare in colpevolizzazione della società o in patologia da curare. Facendo riferimento alla teoria secondo cui riaffiora sempre nell’uomo il male già presente in lui, molti dimenticano il dovere della decisione personale. Di conseguenza, ritengono che anche di fronte al peccato non esista responsabilità individuale, perché l’uomo compie, più o meno coscientemente, ciò che il subconscio gli comanda. Per alcuni, infine, il peccato non esiste, essendo gli altri il termine di confronto; si ricopia acriticamente I’atteggiamento della maggioranza che diventa perciò buono e lecito.

A questa situazione culturale serve contrapporre il guardare le persone, gli avvenimenti e le cose con gli occhi di Dio. Di conseguenza, ogni uomo, dimora di Dio, è fratello, la natura è a servizio della persona, le circostanze della vita non sono casuali ma occasioni per incontrare il Creatore.

Molti, inoltre, si ritengono “giusti” perché tentano di osservare i comandamenti, pregano con metodicità e, quando è possibile, compiono delle opere di carità. Ma questo non basta! E’ inoltre comune la frase: “in fin dei conti non mi sembra di aver commesso dei peccati”. E’ questa una espressione falsa e superficiale di coloro che papà Francesco ha definito “cristiani da pasticceria”, che si accontentano di poco o non hanno voglia di guardarsi dentro. Basti esaminare la propria vita con i quattro termini che recitiamo nell’atto penitenziale della Messa: “ho peccato in pensieri, parole, opere e omissioni”, e ognuno di noi troverà varie mancanze e ampie carenze. Alcuni santi, ricordano i loro biografi, si confessavano “tutti i giorni”; perché? Perché chi vive il vangelo “alla lettera” scopre l’immensa distanza tra i valori evangelici e il vissuto quotidiano.

Ecco allora l’importanza della confessione. Papa Paolo VI affermava: “Abbiate fiducia nella confessione sacramentale, momento storico, difficile dapprima, ma consolatissimo poi, dell’esperienza della misericordia divina” (7 aprile 1969). E papa Francesco, aggiunge: “Celebrare il Sacramento della Riconciliazione significa essere avvolti in un abbraccio caloroso: è l’abbraccio dell’infinita misericordia del Padre. (…) Ogni volta che noi ci confessiamo, Dio ci abbraccia, Dio fa festa!. Non dimentichiamo che Dio non si stanca mai di perdonarci; mediante il ministero del sacerdote ci stringe in un nuovo abbraccio che ci rigenera e ci permette di rialzarci e riprendere di nuovo il cammino. Perché questa è la nostra vita: rialzarci continuamente e riprendere il cammino” (20 novembre 2014).

Il Sacramento deve essere celebrato mediante tre momenti: la preparazione, l’incontro con il sacerdote, il proposito.

-La preparazione

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Prima di accostarsi al sacramento è indispensabile un serio “esame di coscienza” che permetterà anche di verificare in quale direzione sta camminando la nostra vita e siamo soddisfatti della nostra esistenza. (Per facilitare l’esame di coscienza al termine di questa Pillola si fornirà una traccia riferendosi ai comandamenti).

 

L’incontro con il sacerdote.

Al sacerdote confesseremo i nostri peccati.

Il cardinale C.M. Martini suggerisce una metodologia particolare articolata in tre punti.

Confesso laudis: lodo Dio per i doni che mi ha fatto…

Confesso vitae: accuso i peccati partendo da ciò che più mi pesa dentro…

Confesso fidei: riconosco che solo Lui mi può salvare e a Lui chiedo perdono…(cfr. C. M. Martini, E’ il Signore, Federazione Italiana esercizi spirituali, 1983).

E il sacerdote, a nome di Dio dà l’assoluzione, cioè perdona peccati.

1Per quanto riguarda il confessore, papa Paolo VI, consigliava: “Come scegliete un bravo medico per la salute fisica, o studiosamente lo psicanalista saggio per la cura della mente, sappiate scegliere, se potete, il medico dell’anima, discreto, saggio, buono, vero dispensatore di conforto, di consiglio, di ammonimento, di grazia: la grazia della risurrezione, la grazia pasquale”.

Il proposito

1Affinchè la confessione non resti un gesto sterile o a se stante, terminato il rito è opportuno assumersi un impegno per migliorare la nostra vita. L’impegno dovrà essere concreto e verificabile, in modo tale che al termine della giornata, pregando la sera, ci possiamo domandare come lo abbiamo vissuto in quel giorno. Solo così la confessione assumera una valenza vitale e un valido aiuto nel cammino verso la santità.

Alcuni interrogativi comuni.

La confessione fa sorgere in molti degli interrogativi che nei miei ventisette anni di sacerdozio ho sentito ripetere svariate volte. Le risposte, le affido a un testimone d’eccezione, papa Francesco, che ha trattato specificatamente della confessione nelle Udienze Generali del 20 novembre 2013 e del19 febbraio 2014 oltre che celebrazione del 28 marzo 2014.

-Quando è nato il sacramento della penitenza?

1“Il Sacramento della Penitenza e della Riconciliazione scaturisce direttamente dal mistero pasquale. Infatti, la stessa sera di Pasqua il Signore apparve ai discepoli, chiusi nel cenacolo, e, dopo aver rivolto loro il saluto “Pace a voi!”, soffiò su di loro e disse: “Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati” (Gv 20,21-23) (19 febbraio 2014).

Perché non possiamo chiedere direttamente il perdono a Dio?

1“È un po’ difficile capire come un uomo può perdonare i peccati, ma Gesù dà questo potere. La Chiesa è depositaria del potere delle chiavi, di aprire o chiudere al perdono. Dio perdona ogni uomo nella sua sovrana misericordia, ma Lui stesso ha voluto che quanti appartengono a Cristo e alla Chiesa, ricevano il perdono mediante i ministri della Comunità. Attraverso il ministero apostolico la misericordia di Dio mi raggiunge, le mie colpe sono perdonate e mi è donata la gioia. In questo modo Gesù ci chiama a vivere la riconciliazione anche nella dimensione ecclesiale, comunitaria” (20 novembre 2013).

“Il perdono dei nostri peccati non è qualcosa che possiamo darci noi. Io non posso dire: mi perdono i peccati. Il perdono si chiede, si chiede a un altro e nella Confessione chiediamo il perdono a Gesù. Il perdono non è frutto dei nostri sforzi, ma è un regalo, è un dono dello Spirito Santo, che ci ricolma del lavacro di 1misericordia e di grazia che sgorga incessantemente dal cuore spalancato del Cristo crocifisso e risorto. (…)E’ la comunità cristiana il luogo in cui si rende presente lo Spirito, il quale rinnova i cuori nell’amore di Dio e fa di tutti i fratelli una cosa sola, in Cristo Gesù. Ecco allora perché non basta chiedere perdono al Signore nella propria mente e nel proprio cuore, ma è necessario confessare umilmente e fiduciosamente i propri peccati al ministro della Chiesa. Nella celebrazione di questo Sacramento, il sacerdote non rappresenta soltanto Dio, ma tutta la comunità, che si riconosce nella fragilità di ogni suo membro, che ascolta commossa il suo pentimento, che si riconcilia con lui, che lo rincuora e lo accompagna nel cammino di conversione e maturazione umana e cristiana. Uno può dire: io mi confesso soltanto con Dio. Sì, tu puoi dire a Dio “perdonami”, e dire i tuoi peccati, ma i nostri peccati sono anche contro i fratelli, contro la Chiesa. Per questo è necessario chiedere perdono alla Chiesa, ai fratelli, nella persona del sacerdote” (19 febbraio 2014).

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“Io vado dal fratello sacerdote e dico: «Padre, ho fatto questo…». E lui risponde: «Ma io ti perdono; Dio ti perdona». In quel momento, io sono sicuro che Dio mi ha perdonato! E questo è bello, questo è avere la sicurezza che Dio ci perdona sempre, non si stanca di perdonare (20 novembre 2013).

-Nel confessarci possono nascere sentimenti di vergogna; perché devo confessarmi a un uomo?

“Anche la vergogna è buona, è salute avere un po’ di vergogna,1 perché vergognarsi è salutare. Quando una persona non ha vergogna, nel mio Paese diciamo che è un “senza vergogna”: un “sin verguenza”. Ma anche la vergogna fa bene, perché ci fa più umili, e il sacerdote riceve con amore e con tenerezza questa confessione e in nome di Dio perdona. Anche dal punto di vista umano, per sfogarsi, è buono parlare con il fratello e dire al sacerdote queste cose, che sono tanto pesanti nel mio cuore. E uno sente che si sfoga davanti a Dio, con la Chiesa, con il fratello. Non avere paura della Confessione!” (19 febbraio 2014).

Due consigli di papa Francesco.

SONY DSC“Io vorrei domandarvi: quando è stata l’ultima volta che ti sei confessato, che ti sei confessata? Ognuno ci pensi… Sono due giorni, due settimane, due anni, vent’anni, quarant’anni? Ognuno faccia il conto, ma ognuno si dica: quando è stata l’ultima volta che io mi sono confessato? E se è passato tanto tempo, non perdere un giorno di più, vai, che il sacerdote sarà buono. E’ Gesù lì, e Gesù è più buono dei preti, Gesù ti riceve, ti riceve con tanto amore. Sii coraggioso e vai alla Confessione!” (19 febbraio 2014).

1“Dopo esservi confessati, a quanti incontrerete, potrete comunicare la gioia di ricevere il perdono del Padre e di ritrovare l’amicizia piena con Lui. E direte loro che nostro Padre ci aspetta, nostro Padre ci perdona, di più fa festa. Se tu vai a Lui con tutta la tua vita, anche con tanti peccati, invece di rimproverarti fa festa: questo è nostro Padre. Questo dovete dirlo voi, dirlo a tanta gente, oggi. Chi sperimenta la misericordia divina, è spinto a farsi artefice di misericordia tra gli ultimi e i poveri. In questi “fratelli più piccoli” Gesù ci aspetta (cfr Mt 25,40); riceviamo misericordia e diamo misericordia! Andiamogli incontro e celebreremo la Pasqua nella gioia di Dio!” (28 marzo 2014).

Traccia di esame di coscienza alla luce dei dieci comandamenti

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1. Non avrai altro Dio fuori di me.

Quale “memoria” di Dio faccio nella mia giornata? Credo veramente in Lui? Mi sento amato da Lui? Prego almeno al mattino e alla sera? Credo a superstizioni, spiritismo, carte, stregonerie, fatture, malocchi, oroscopi, amuleti, portafortuna, ecc?

 2. Non nominare il Nome di Dio invano

Ho rispetto e amore per il Nome di Dio?  Ho usato il suo Nome nei momenti di rabbia, per sfogare la mia impazienza, magari con la bestemmia?  Testimonio con coraggio la mia Fede? Ho raccontato fatti e barzellette volgari e blasfeme? Ho fatto giuramenti falsi, servendomi del Nome santo di Dio?

 3. Ricòrdati di santificare le feste

Partecipo con vera fede e con gioia alla santa Messa o ci vado con i minuti contati e cronometro alla mano? Mi rendo conto che la Messa non è soltanto un rito, ma è celebrare il mistero del Figlio di Dio crocifisso e risorto, che parla al mio cuore e si dona fisicamente a me in corpo, sangue, anima e divinità? Mi impegno a ricordare il messaggio delle letture bibliche e dell’omelia per viverlo durante la settimana? Se per motivi seri o gravi non ho potuto partecipare alla santa Messa, ho trasformato quei momenti in “offerta gradita a Dio”? Mi rendo conto che il tempo è un dono limitato da valorizzare bene per l’eternità?

 4. Onora il padre e la madre

Ho amato, rispettato, aiutato i genitori secondo le mie possibilità? Li ho offesi, trascurati, magari ricattati? In casa collaboro volentieri o aspetto che gli altri siano a mio servizio? Mi impegno per l’educazione umana e cristiana dei miei figli? Sto attento alle loro amicizie, giochi, divertimenti, spettacoli, letture, internet, facebook?

5. Non uccidere

Sono un buon amministratore della vita che mi è stata donata? Ho messo in pericolo la mia vita e quella degli altri? Ho attentato all’integrità fisica e spirituale del prossimo? Ho consigliato, provocato, favorito l’aborto o l’eutanasia? Rispetto chi è più debole nella società: malati, portatori di handicap, anziani, poveri?

 6. Non commettere atti impuri

Sul corpo, sull’amore, sulla sessualità, sulla castità ho una concezione cristiana? Ho commesso atti disonesti, osceni, immorali? Mi sono abbandonato alla lussuria, all’autoerotismo, all’omosessualità, alla pedofilia, alle perversioni? Ho avuto delle “avventure”? Compro o guardo giornali, riviste, libri, spettacoli osceni, foraggiando lo sviluppo e la diffusione della pornografia?

 7. Non rubare

Ho danneggiato le cose pubbliche o altrui? Obbedisco con lealtà alle leggi dello Stato anche quelle fiscali? Quello che posseggo, l’ho guadagnato onestamente? Credo di lavorare lealmente in modo da meritare lo stipendio? Ho preteso regalìe, bustarelle, favori non dovuti? Ho votato secondo coscienza, in coerenza con i miei principi cristiani?

 8. Non dire falsa testimonianza

Sono falso, sleale? Ho calunniato o dato credito a calunnie? Con un silenzio colpevole ho coperto imbrogli o fatti delittuosi (= omertà)? Cedo alla facile vigliaccheria di parlare contro gli altri da lontano e alle spalle? Mi impegno a far conoscere ciò che di buono fanno gli altri?

 9. Non desiderare la donna d’altri

Ho custodito la modestia e il pudore nella mia vita, nei miei pensieri, nei miei sguardi? Ho dato scandalo con il mio modo di agire, di parlare, di vestire? Sono stato occasione di peccato per qualcuno? Ho guardato le persone con desideri avidi e cattivi? Educo la mia mente a vedere tutto e tutti con occhio limpido e cuore puro?

 10. Non desiderare la roba d’altri

Mi lamento sempre di quello che ho? Dico o penso con invidia: “Beati quelli che hanno ricchezze, potere, successo…”? Ho invidiato ciò che di bene fanno gli altri?  Auguro del male e godo del male degli altri? Conosco, apprezzo e cerco di vivere la lode e la “perfetta letizia” di san Francesco d’Assisi nei confronti delle cose create?

( da: http://www.qumran2.net/materiale/anteprima.php?id=29875&anchor=documento_1&ritorna=%2Findice.php%)

4 aprile 2014

E’ IL TEMPO PER RISCOPRIRE IL VALORE DELLA CONFESSIONE

“Nel periodo della Quaresima la Chiesa, a nome di Dio, rinnova l’appello alla conversione. E’ la chiamata a cambiare vita. Convertirsi non è questione di un […]