Avere un figlio “non è un diritto, ma un dono”, e coloro che dovessero fare ricorso alla fecondazione eterologa possono incorrere in “un grave danno psicologico”: in questi termini il vescovo di Torino, mons. Cesare Nosiglia, è intervenuto sul dibattito in corso in Italia sulla fecondazione eterologa.Con un’intervista a “La Voce del Popolo” in edicola giovedì, di cui l’Ufficio Comunicazioni Sociali della diocesi ha fornito un’anticipazione, Nosiglia affronta l’argomento a tutto campo. “Il figlio – sottolinea – non è un qualche cosa di dovuto, e non può essere considerato come oggetto di proprietà: è piuttosto un dono”. Per questo, dopo la sentenza della Corte Costituzionale del 9 aprile scorso che ha dichiarato illegittimo il divieto dell’eterologa, “è doveroso che al più presto vengano date norme sicure”. Bisogna “evitare il Far West, le derive eugenetiche e l’instaurarsi di un subdolo mercato procreativo animato dalla ‘patologia del desiderio’ e dalla logica del figlio a tutti i costi”.
Pur comprendendo “la sofferenza degli sposi che non possono avere figli o temono di mettere al mondo un figlio con problemi di handicap”, l’arcivescovo di Torino sottolinea che coloro che ricorrono all’eterologa devono tener conto della possibilità di “un grave disagio psicologico”. Nosiglia definisce poi “preoccupante” la sentenza che di recente ha permesso a una coppia di donne omosessuali l’adozione di un bambino: “Bisognerà adeguare il detto, antico come il mondo, che di mamma ce n’è una sola? Credo di no e nessun giudice potrà mai cambiare questo fatto naturale e indiscutibile”.
Avvenire.it, 3 settembre 2014