Ospedale di Piombino

Killer in corsia. Questo è il nome dell’indagine dei Nas di Livorno che ha portato all’arresto della 55enne infermiera Fausta Bonino la quale, così pare, avrebbe ucciso presso l’ospedale di Piombino 13 pazienti tra i 61 e gli 88 anni nell’arco del biennio 2014-2015. La modalità era sempre quella: iniezione di eparina con dosi da cavallo che provocava emorragie interne letali. I pazienti, tutti ricoverati presso l’Unità operativa di anestesia e rianimazione, non erano solo malati terminali, ma anche degenti con prognosi assolutamente fauste.

Secondo le indiscrezioni la donna era depressa e faceva uso di alcol e psicofarmaci. I motivi che l’hanno spinta a questa serie di omicidi non sono ancora chiari. Se lo avesse fatto per pietà allora potremmo parlare sicuramente di eutanasia. Le motivazioni che potrebbero mettere dietro le sbarre a vita l’infermiera di Piombino sarebbero infatti esattamente quelle che in Belgio, Olanda e in altri stati del mondo legittimano il medico a porre fine alla vita di un paziente sofferente. Da crimine a diritto il passo è breve, basta nobilitare giuridicamente il fine perseguito da chi indossa un camice bianco. Che poi ci sia stato o meno il consenso del paziente poco rileva ai fini di qualificare la fattispecie come eutanasia.

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