Pro Vita onlus

Tempi.it, 6 giugno 2017

La testimonianza di Kristina Hodgetts, l’infermiera che combatte l’eutanasia

Incontro a Roma dove l’infermiera canadese ha raccontato la sua esperienza. «No a qualsiasi legge che consenta ai medici di sospendere cibo e acqua ai malati».

ProVita Onlus ha organizzato il 6 giugno alle 11.00, nella Sala della Stampa Estera, a Roma, un incontro tra i giornalisti e Kristina Hodgetts, un’infermiera canadese che – dopo aver assistito per parecchio tempo alla morte dei pazienti a seguito della sospensione del nutrimento e dell’idratazione – è divenuta una fiera oppositrice dell’eutanasia in ogni sua forma.
Ha moderato gli interventi il segretario della Stampa Estera, Christopher Warde-Jones, che ha dato anche la sua toccante testimonianza: i medici a Londra gli hanno chiesto se voleva abbreviare l’agonia della sua anziana madre, evitandole di soffrire e di affrontare i suoi ultimi giorni con una qualità della vita molto poco dignitosa. Preso alla sprovvista, Jones non si è sentito di decidere e ha soprasseduto. La madre si è ripresa: oggi, a distanza di pochi mesi, conduce una vita perfettamente normale e felice.
Basterebbe questa vicenda per chiedere al Senato – in base al principio di precauzione – di respingere in toto la proposta di legge sulle DAT recentemente approvata dalla Camera.

Toni Brandi e Alessandro Fiore, di ProVita Onlus, hanno chiarito anche le tante altre criticità e incongruenze del ddl in questione. È una proposta paradossale: chi può prevedere, quando redige il testamento biologico, come reagirà un domani di fronte alla malattia o alla disabilità? In nome della “autodeterminazione” e della “libertà”, chi un domani dovesse trovarsi in situazione critica, ma con un naturale desiderio di lottare per sopravvivere, e fosse nell’impossibilità di revocare le Dat, morirebbe di fame e di sete, sarebbe ucciso contro la sua volontà.
Inoltre – checché ne dica la grande stampa – nel ddl non c’è alcun riferimento all’obiezione di coscienza: strutture sanitarie e medici che in scienza e coscienza ritenessero di potere e dovere salvare la vita del paziente che ha sottoscritto le Dat, sarebbero costretti a lasciarlo morire – anche se si prospettassero buone possibilità di un pieno recupero – per non incorrere nella responsabilità civile e penale conseguente. Perfino in Belgio e in Olanda, dove la morte dilaga anche sotto forma di eutanasia attiva, il testamento biologico non è vincolante per gli operatori sanitari.

La legge 30/2010 sul fine vita e le cure palliative, in sinergia col Codice deontologico dei medici, offrono già massima tutela al consenso informato dei pazienti, vietano l’accanimento terapeutico, garantiscono le cure palliative e la terapia del dolore. Un vuoto legislativo, quindi, non esiste. Piuttosto bisognerebbe capire perché, nonostante la normativa vigente, la palliazione è offerta solo al 30 per cento dei malati oncologici. Perché più di 200.000 tra malati cronici, disabili e anziani sono dimessi dalle strutture sanitarie e restano privi di assistenza. Uno Stato civile, improntato al principio di solidarietà sociale espresso nell’art. 2 della nostra Costituzione, dovrebbe preoccuparsi di fornire un’adeguata assistenza a tutti, non dovrebbe sprecare tempo ed energie per offrire ai più vulnerabili la possibilità di farsi “terminare”. Al Ssn, però, curare costa molto di più che uccidere e siamo in tempi di crisi…

È stata impressionante la testimonianza di Kristina Hodgetts. Ha cominciato la sua carriera convinta di dover salvare la vita umana ad ogni costo, finché non è stata impiegata da una casa di cura per malati cronici, dove “per ridurre il dolore”, la procurata morte per fame e per sete dei pazienti, progressivamente, è diventata una routine.
Due episodi l’hanno segnata in modo particolare.
Un’anziana, fragile signora, ricoverata in fin di vita, si è ripresa: bisognava cambiare la “cura palliativa” prescritta, per evitare che la donna continuasse ostinatamente a non voler morire. «Morfina e sospensione di acqua e cibo», sentenziarono i medici. Ma dopo tre giorni la signora era ancora viva. Si accorsero allora che ella succhiava avidamente l’acqua dalla spugna che usavano per bagnarle il viso: «Che cosa stiamo facendo?», cominciarono a chiedersi Kristina e i colleghi. Quella donna impiegò 9 giorni a morire.

Poi le toccò assistere all’agonia lenta e dolorosa (perché non c’è garanzia che la morfina sia sufficiente a lenire il dolore provocato dalla disidratazione, per la quale le mucose e i reni si inaridiscono e si spaccano) di un’altra anziana, presente la figlia disperata e impotente di fronte alla decisione del fratello, unico fiduciario, di sospendere cibo e acqua alla vecchia madre. Sicché, quando durante una riunione della dirigenza della clinica si discusse dell’obbligatorietà di eseguire gli ordini di uccidere i pazienti in quel modo, Kristina espresse il suo parere contrario: venne licenziata.
Poi lei stessa fu colpita da un ictus emorragico e ha vissuto undici giorni in coma: è viva grazie al marito che l’ha assistita costantemente e ha impedito che fosse “terminata”. Oggi porta ancora nel corpo i segni di quel trauma, ma da quando si è ripresa si è unita alla Eutanasia Prevention Coalition, della quale è divenuta vice – presidente.
«Come professionista, le hanno chiesto, c’è almeno un caso in cui lei è favorevole all’eutanasia o al suicidio assistito?».
«No – ha risposto decisa – No a qualsiasi legge che consenta ai medici di sospendere cibo e acqua ai malati: se si apre uno spiraglio, la morte poi dilaga; no alle leggi che calpestano il diritto sacro di vivere e di morire di morte naturale: il dolore fisico, psicologico, sociale e spirituale si può lenire e si può superare».

Francesca Romana Poleggi

 

 

6 giugno 2017

La testimonianza di Kristina Hodgetts, l’infermiera che combatte l’eutanasia

Tempi.it, 6 giugno 2017 La testimonianza di Kristina Hodgetts, l’infermiera che combatte l’eutanasia Incontro a Roma dove l’infermiera canadese ha raccontato la sua esperienza. «No a […]
6 dicembre 2015

EDUCAZIONE – No gender: ieri primo sciopero autorizzato dai genitori

16 ottobre 2014

DAL TAR DEL LAZIO “UN ATTENTATO ALLA LIBERTA’ DEGLI OBIETTORI DI COSCIENZA”

Così l’on. Tarzia commenta l’ordinanza che respinge il ricorso di alcune associazioni contro il decreto della Regione che impone a tutti i medici “di certificare e […]