San Giovanni Paolo II

MOSTRUOSO E’ L’AMORE CHE UCCIDE (1)
La subdola campagna a favore dell’eutanasia

Alcuni giorni fa i mezzi di comunicazione hanno dato ampio spazio al primo caso di eutanasia su un bambino che l’aveva chiesta in Belgio e alcuni ne hanno parlato come un «gesto di pietà» nei confronti di questo piccolo  gravemente ammalato. Può chiamarsi “amore” un gesto che uccide?   Dante

Ho deciso di trattare questo tema proposto da Dante per tre motivi.

 1.Perché l’eutanasia è un atto, come definito dal cardinale C.M. Martini il 6 dicembre 1981, “mostruoso”. Disse Martini: “Mostruosa appare la figura di un amore che uccide, di una compassione che cancella colui del quale non si può sopportare il dolore, di una filantropia che non sa se intenda liberare l’altro da una vita divenuta soltanto di peso, oppure se stessa da una presenza divenuta soltanto ingombrante”.

2.Perché anche nel nostro Paese è in corso un subdolo progetto per convincere gli italiani sulla bontà dell’eutanasia come “gesto di pietà” nei confronti del malato grave o terminale. E qualche gruppo sta raccogliendo firme perchè si vorrebbe una discussione in Parlamento e di conseguenza l’approvazione di una legge.

3.Perché il caso belga  è stato “montato ad arte” con la finalità di accrescere la domanda eutanasica, infatti non è stato un bambino a chiedere l’eutanasia ma un quasi maggiorenne.

ALCUNE OSSERVAZIONI SULL’EUTANASIA

1.Storia del termine

Il vocabolo “eutanasia” deriva dal greco dal greco εὐθανασία, parola composta da εὔ (bene) e θάνατος (morte) e significa etimologicamente “serena morte” o “buona morte”. E’ questo il desiderio di tutti; vorremmo vivere l’ultimo periodo dell’esistenza con animo di “serena accettazione”. Al termine del XIX° secolo, questo nobile concetto fu totalmente travisato, e il vocabolo “eutanasia” assunse il significato di “morte non dolorosa”, anticipata volontariamente da un intervento esterno, per porre fine alle sofferenze di quei malati che chiedono con insistenza la loro “uccisione pietosa”. Per P. Verspieren l’eutanasia “è l’azione o l’omissione che per sua natura, o nelle intenzioni, procura la morte allo scopo di eliminare ogni dolore”(1). Questo “orrendo atto” può essere eseguito con molteplici modalità: dall’abbandono terapeutico all’aumento delle dosi di oppiacei, alla iniezione letale. In Italia l’eutanasia è “reato” (cfr.: C. P. artt. 579-580). Chi provoca la morte di una persona anche consenziente, è condannato per omicidio o per istigazione al suicidio. Ma, purtroppo, abbiamo assistito ad alcuni casi di “assoluzione”, accampando la circostanza attenuante “dell’agire per pietà”, scordando che non è nella facoltà di chi giudica concedere de­roghe alla legge morale o ai dettati del Codice penale. Pure la Costituzione esclude l’eutanasia quando reputa “il diritto alla vita” tra quelli inviolabili (cfr.: Costituzione Italiana, art. 2), quindi esclude gli atti dediti a “sopprimere” una persona.

L’eutanasia, definita da san Giovanni Paolo II: “un attentato alla vita che nessuna autorità umana può legittimare essendo la vita dell’innocente un bene indisponibile” (Evangelium  vitae, n. 3), ha alle spalle una prolungata storia con un indicativo punto di riferimento negli Spartani che abbandonavano i bambini nati con handicap alle fiere e alla intemperie sul monte Taigeto. Platone ne esortava la pratica sugli adulti gravemente malati (2); Aristotele l’ammetteva per motivi d’utilità politica (3); Seneca, Epitteto, Petronio, Plinio il giovane, Silio Italico l’applicarono su se stessi, suicidandosi in disprezzo alla malattia o alla vecchiaia. Erano presenti, ovviamente, anche convinzioni opposte. Tra le molte ricordiamo l’ammonimento di Cicerone a Publio: “Tu, o Publio, e tutte le persone rette dovete conservare la vostra vita e non dovete allontanarvi da lei senza il comando di chi ve l’ha data, affinché non sembriate sottrarvi al dolore umano che il creatore vi ha stabilito”(3).         Dunque, di eutanasia, si discute da sempre, ma solo nel XX° secolo irrompe violentemente in Europa. Negli anni ’40, in Germania, il regime nazista, attivò il “Programma T 4” che sterminò oltre 70mila persone classificate come “indegne di vivere”. Mentre il primo Paese europeo che approvò l’eutanasia fu l’Olanda alla fine degli anni ’90 del secolo scorso seguita dal Belgio nel 2003, dove da quell’anno al 2014 le richieste della “dolce morte” sono aumentate del 700%: 235 nel 2003; 1816 nel 2014. In Olanda i casi di eutanasia sono circa 650 ogni anno. In entrambi i Paesi è inoltre consentita anche sui minori.

Oggi, pure in Italia, come accennato, alcuni vorrebbero sottrarre l’uscita dalla vita al destino, trasferendola alla “libertà” del singolo mediante una legge a favore dell’eutanasia. Ad esempio, a novembre 2014, settanta “personaggi famosi”, con la regia dall’Associazione radicale “Luca Coscioni”, collaborarono ad un video in cui sollecitavano con le consuete e qualunquistiche “frasi propagandistiche” la legalizzazione dell’eutanasia e il riconoscimento del testamento biologico. Chiarificante per inquadrare adeguatamente l’argomento e fondare il nostro rifiuto alla “dolce morte” è il pensiero del giurista A. M. Gambino che indica nella “sacralità della vita”: “un principio di democrazia globale”. “La vita è sacra sin dal concepimento, passando per l’intero arco temporale dell’esistenza umana – da adolescente, lavoratore, genitore, malato, anziano – fino alla morte naturale. Papa Francesco ha recentemente collegato tale espressione con un’altra, opposta, di rara efficacia: ‘cultura dello scarto’. Mi pare questo il principio intrinseco, valido per credenti e non credenti: solo il rispetto della vita e della sua dignità garantiscono a ciascuno la considerazione di persona che va sempre ‘amata’, ‘difesa’, ‘curata’.  Se ne intendiamo il senso più profondo, allora ci accorgeremmo che, in chiave legislativa, il diritto alla vita non riguarda solo la vita nascente o nel suo stadio terminale, ma è il presupposto che condiziona e presidia l’intera esistenza di ogni essere umano”(5).

 2.Il Magistero della Chiesa

La bioetica cattolica, come già affermato, pone come fondamento assoluto, universale e irrinunciabile della sua Dottrina “la dignità e la sacralità della vita umana dal concepimento alla morte naturale”. Una certezza, questa, che offre alla persona la più alta dignità rispetto alle creature terrene, e rende la vita dell’uomo indisponibile a situazioni o atti che possano nuocerla o sopprimerla nella fase iniziale o nello stadio terminale con la sospensione dell’alimentazione o dell’idratazione artificiale, con l’eutanasia o con il suicidio consapevole. Per la “grandezza” che l’uomo possiede agli occhi di Dio, ogni vita, anche quella con grave handicap fisico o ritardo mentale, o vissuta in stato vegetativo permanente, è sempre un “valore immenso” e, come tale, “un bene” sul quale, unicamente il Creatore, può deciderne la conclusione. Afferma la “Congregazione per la Dottrina della Fede”: “Solo Dio è il Signore della vita dal suo inizio alla sua fine: nessuno, in nessuna circostanza, può rivendicare a sé il diritto di distruggere direttamente un essere umano innocente” (Donum vitae, n.4). “Niente e nessuno possono autorizzare l’uccisione di un essere umano innocente, feto o embrione che sia, bambino o adulto, vecchio, ammalato incurabile o agonizzante. Nessuno può chiedere questo gesto omicida per se stesso o per un altro affidato alla sua responsabilità, né può acconsentirvi esplicitamente o implicitamente. Nessuna autorità può legittimamente imporlo né permetterlo. Si tratta infatti di una violazione della legge divina, di un’offesa della dignità della persona umana, di un crimine contro la vita, di un attentato contro l’umanità” (Dichiarazione Iura et bona, n. 2). Giudizio avvalorato anche da san Giovanni Paolo: “La vita dell’uomo proviene da Dio, è suo dono, sua immagine e impronta, partecipazione del suo soffio vitale. Di questa vita, pertanto, Dio è l’unico signore: l’uomo non può disporne (…). La vita e la morte dell’uomo sono, dunque, nelle mani di Dio, in suo potere: ‘Egli ha in mano l’anima di ogni vivente e il soffio di ogni carne umana’, esclama Giobbe (12,10). ‘Il Signore fa morire e fa vivere, fa scendere negli inferi e risalire’ (1 Sam. 2,6). Egli solo può dire: ‘Sono io che do la morte e faccio vivere’ (Dt. 32,39)” (Evangelium vitae, n. 39). Di conseguenza: “… in conformità con il Magistero dei miei predecessori e in comunione con i vescovi della Chiesa cattolica, confermo che l’eutanasia è una grave violazione della Legge di Dio, in quanto uccisione deliberata e moralmente inaccettabile di una persona umana” (Evangelium vitae, n. 65). Dunque, “il diritto” alla “morte naturale, assume i connotati di una “diritto fondamentale”!

(Fine prima parte).

 [1] P.Werspieren, Eutanasia? Dall’accanimento terapeutico all’accompagnamento dei moribondi, Paoline, Milano 1985, pg. 140.

[2] Cfr.: Platone,  La Repubblica, 460B.

[3] Cfr.: Aristotele, Politica, 7

[4] Cicerone, Somnium Scipionis, III,7.

[5] Intervista rilasciata a Zenit.org il 17 novembre 2014.

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