Shoah

“È avvenuto, quindi può accadere di nuovo. Questo è il nocciolo di quanto abbiamo da dire”

In queste parole di Primo Levi, dal suo I sommersi e i salvati (pubblicato la prima volta da Einaudi nel 1986) è racchiuso il più importante insegnamento di un passato oscuro e terribile. Una frase pesantissima, limpida, semplice come tutte le verità.
Non possiamo considerare l’Olocausto come un errore, un momento della storia, un orrendo incidente che non siamo stati in grado di evitare: la Shoah ci ha mostrato di che cosa l’uomo sia capace, e che cosa può succedere se non si interviene in tempo, se non si riconosce il mostro e non lo si chiama con il suo nome.

Oggi più che mai, mentre il ricordo si fa più sfocato e la memoria vissuta si sta trasformando in memoria storica è importante non dimenticare quello che è accaduto ieri, settant’anni fa. Ancora di più, è importante non relegare il Giorno della Memoria al momento nel quale piangere le troppe, inutili morti con facile retorica.

È il momento in cui ricordare le tante fondamentali vite, quelle che si sono opposte al male e quelle che l’hanno reso reale.
È il momento di rileggere Primo Levi, i diari di Anna Frank e di Etty Hillesum, di raccontare la storia di Ilse Weber, di Sophie Scholl e degli eroi della Rosa Bianca, di andare a fondo in un periodo che sarebbe più facile non disturbare, di scoprire come vivevano uomini e donne come noi mentre intorno a loro impazzava una follia distruttrice.

In un’Europa divisa, in un mondo sempre più freddo e asettico bisogna guardare in faccia il male per saperlo riconoscere, quando ce lo troviamo di fronte. Oggi, ogni giorno.
(Dal sito Lindau)

Proponiamo in preparazione della Giornata della Memoria che celebreremo il 27 gennaio il libro: I giocattoli di Auschwitz.

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Il piccolo Ruben è un «giudeo cacasotto»: così lo deridono i compagni di classe, fino a quando un giorno la scuola gli viene per sempre preclusa. Ma lui non ne fa un dramma. Meglio le lezioni private di clarinetto dal professor Nussbaum, uno che suonava con i Wiener Philarmoniker prima che lo cacciassero perché ebreo. Meglio gironzolare per le strade della città. Meglio starsene a casa, nonostante il clima in famiglia si faccia ogni giorno più cupo e agitato. Una notte, però, tutto precipita, arrivano i soldati e si possono raccogliere solo le cose più importanti, perché non c’è tempo, alla stazione c’è un treno che aspetta.
Auschwitz ingoia gli ebrei, ma non Ruben. Il ragazzo viene salvato da un ufficiale delle SS, Klaus von Klausemberg, un raffinato melomane che si invaghisce del suo talento musicale. Il militare lo prende sotto la sua protezione, gli dà una certa libertà all’interno del lager, lo ospita nell’ospedale del campo. Ruben vive così una prigionia dorata e Klausemberg diventa per lui una specie di padre, protettivo e prodigo di consigli, oltre che un amico con cui suonare il prediletto Mozart.
La tragica verità del lager affiorerà poco alla volta, insinuerà in Ruben prima dubbi e sospetti, poi inquietudini e orrori, in un crescendo di scoperte sconvolgenti, che, al momento della liberazione, si trasformeranno in un lutto assai difficile da elaborare. Solo due decenni più tardi, rivivendo attraverso un diario postumo la tragedia di Auschwitz, Ruben potrà scacciare i fantasmi che l’opprimono per riconciliarsi infine con l’esistenza (fonte Lindau). (Lindau, pg. 292, €.19,50).

20 gennaio 2017

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