Unzione degli Infermi

Il SACRAMENTO DELL’UNZIONE DEGLI INFERMI: ACCOMPAGNAMENTO, CONFORTO E SOSTEGNO NEL TEMPO DELLA MALATTIA

Mio marito è gravemente malato. Entrambi siamo cristiani, ma temo di spaventarlo chiamando il sacerdote per amministragli l’Unzione degli infermi. Non so come comportarmi. Elisa.

Cos’è il sacramento dell’Unzione degli Infermi? Un’opportunità di accompagnamento, di conforto e di sostegno nel tempo della malattia; esaminiamolo.

I sacramenti sono: “segni efficaci della Grazia, istituiti da Cristo ed affidati alla Chiesa, attraverso i quali ci viene elargita la vita divina. I riti visibili con i quali i sacramenti sono celebrati significano e realizzano le grazie proprie di ciascun sacramento” (Catechismo della Chiesa Cattolica, 1131).

Due sono quelli proposti nei periodi di sofferenza: l’Unzione degli Infermi e la Penitenza (o Riconciliazione) che “libera il malato dai peccati e lo rende disponibile ad unire le sue pene alla passione di Cristo” (CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Evangelizzazione e sacramento della penitenza e dell’unzione degli infermi, 107). Ovviamente, questo sacramento, andrà celebrato con continuità anche nel corso della vita.

Alcuni miracoli di Gesù, avvengono a seguito della richiesta dei presenti: “Gli parlarono della suocera di Pietro” (Mc. 1,30); “Lo pregarono di imporre le mani al sordomuto” (Mc. 7,32); “Lo pregarono di toccare il cieco” (Mc. 8,22); “Maestro, ti prego di volgere lo sguardo a mio figlio” (Mc. 9,13). Questi episodi mostrano il profondo significato della preghiera comunitaria, riassunta da san Giacomo: “Chi tra voi è nel dolore, preghi; chi è nella gioia salmeggi. Chi è malato, chiami a sé i presbiteri della Chiesa e preghino su di lui, dopo averlo unto con l’olio, nel nome del Signore. E la preghiera fatta con fede salverà il malato; il Signore lo rialzerà e se ha commesso dei peccati, gli saranno perdonati. Confessate perciò i vostri peccati gli uni agli altri e pregate gli uni per gli altri per essere guariti. Molto vale la preghiera del giusto fatta con insistenza” (Gc. 5,13-16).

L’Unzione degli Infermi che nei primi secoli della storia della Chiesa accompagnò numerosi malati, e fu definita dal Concilio di Trento un “sacramento istituito da Cristo nostro Signore e promulgato dal beato Giacomo apostolo”, a causa di eventi storici e sociali, per un tempo prolungato, fu configurato il sacramento dei moribondi, assumendo l’erronea definizione di “estrema unzione”. Il Concilio Vaticano II e la Riforma Liturgica gli restituirono il significato originario: “L’estrema unzione, che può essere chiamata anche, e meglio, unzione degli infermi, non è il sacramento di coloro soltanto che sono in fin di vita” (CONCILIO VATICANO II, Costituzione sulla “Sacra Liturgia” Sacrosanctum Concilium, 73).

Fu determinato chi doveva riceverla: “l tempo opportuno per riceverla si ha certamente già quando il fedele, per malattia o per vecchiaia, comincia ad essere in pericolo di morte”(Sacrosanctum Concilium, op. cit., 73). Concetto ripreso da papa Paolo VI: “quei fedeli il cui stato di salute risulta seriamente compromesso per malattia o per vecchiaia”( Costituzione apostolica Sacram Unctionem infirmorum, 1972, 8). Dunque, come chiarifica il rituale, l’Unzione degli Infermi può essere somministrata prima di un intervento chirurgico rischioso,agli anziani con indebolimento accentuato delle loro forze, agli ammalati gravi, a chi giace in stato di incoscienza e si ritiene che come credenti, nel possesso delle facoltà, essi stessi avrebbero chiesto il sacramento. Perciò, i destinatari dell’Unzione, sono i malati e non i moribondi; coloro che possono chiamare i presbiteri mostrando la loro piena libertà ed adesione.

Furono illustrati inoltre gli effetti: “questo sacramento conferisce al malato la grazia dello Spirito Santo; tutto l’uomo ne riceve aiuto per la sua salvezza, si sente rinfrancato dalla fiducia in Dio e ottiene forze nuove contro le tentazioni del maligno e l’ansietà della morte; egli può così non solo sopportare validamente il male, ma combatterlo, e conseguire la salute, qualora ne derivasse un vantaggio per la sua salvezza spirituale; il sacramento, dona inoltre, se necessario, il perdono dei peccati e porta a termine il cammino penitenziale del cristiano”(CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Evangelizzazione e sacramento della penitenza e unzione degli infermi, 1974, 6). Il sacramento che genera due tipologie di conseguenze, la “salute fisica”(qualora ne derivasse un vantaggio per la sua salvezza spirituale) e la “salvezza spirituale”, non è un atto magico come già aveva precisato nel IV secolo san Cesario di Arles (cfr Sermone 13), ma agisce vantaggiosamente sulle dimensioni fisico-psico-spirituale del ricevente, sostenendolo nell’accettare il male fisico e morale che l’opprime, causandogli ansia e angoscia.

Di fronte a questi benefici, scaturisce un fraterno invito, quando le circostanze lo permettono, a celebrarlo comunitariamente al letto del malato con la presenza dei famigliari e degli operatori sanitari. Tutti insieme si invocherà il Signore Gesù: “Guarda benigno questo tuo fratello che attende da Te la salute del corpo e dello spirito: nel Tuo nome noi gli abbiamo dato la santa Unzione, Tu donagli vigore e conforto, perché ritrovi le sue energie e vinca ogni male”.

E’ interessante esaminare anche il simbolismo dell’unzione: l’olio santo. L’ olio santo, nell’antichità, era adoperato nelle consacrazioni regali e sacerdotali come segno dell’elezione divina (cfr Sam. 10,1-6), per i riti di purificazione dei lebbrosi (cfr Lev. 14,14-18), per curare le piaghe (cfr Is. 1,6), e nell’antico Oriente era ritenuto un tonificante dell’organismo. Dobbiamo dunque convincerci che l’Olio degli Infermi è un momento spirituale importante per il malato grave.

Di conseguenza, nessuno, con varie scusanti o per timore, dovrà opporsi alla sua celebrazione. Anche questo atto, che il più delle volte il malato accoglie volentieri, è una concreta una manifestazione di amore. Ammoniva papa Pio XI che non amministrare il sacramento: “è un errore mortale che priva molti malati di aiuti tanto necessari e di beni spirituali assai preziosi, impedisce la guarigione di parecchi e può essere causa di morte e di perdizione eterna” (Rite expiatis, 1926, 21).

18 febbraio 2016

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