vedova di Nain

Mentre in Parlamento si discute di Dichiarazioni Anticipate di Trattamento che avranno come logica conseguenza l’approvazione di una legge sulla liberazione dell’eutanasia, noi vogliamo riflettere sull’UOMO, ricopiare il folle e spregiudicato comportamento del filosofo Diogene di Sinope (412-323 a.C.) che con una  lanterna vagava in pieno giorno nelle strade di Atene gridando: “cerco l’uomo”, poichè la base di tutti gli attentati alla vita degli ultimi decenni stà nella “concezione” che si è creata nel nostro contesto societario riguardante l’immagine di persona e di conseguenza della dignità, del rispetto e della onorabilità che dobbiamo come singoli e come comunità ad ogni singolo individuo. Già  il filosofo M. Heidegger (1889-1976) rammentava: “Nessuna epoca ha saputo conquistare tante e così svariate conoscenze sull’uomo come la nostra, eppure nessun epoca ha conosciuto così poco l’uomo come la nostra”[1]. Evidenziava B. Mondin che oggi l’uomo “non è più persona per diritto di natura, ma per beneplacito della stessa società”[2] e N. Abbagnano aggiungeva: “Si parla tanto di ‘morte di Dio’, ma chi è stato veramente ucciso dal pensiero moderno è l’uomo”[3].

Accanto ad una giusta critica che è essenziale, il primo compito non solo del cristiano ma di ogni cittadino è recuperare la “centralità della persona” identificando parametri che manifestino che “ogni vita”, anche se sofferente, fragile o invisibile, può ottenere una rilevante ed accettabile “qualità”. Questa  coincide con l’adattamento alle limitazioni esistenziali, con l’accoglienza positiva delle trasformazioni che una patologia comporta, con il significato attribuito a quel periodo dell’esistenza. L’errore odierno consiste nel coniugare i “parametri di qualità” con il “concetto di salute”. Dobbiamo, quindi, riappropriarsi della “cultura della malattia” per procurare contenuti al soffrire e rilievo di esperienza pienamente umana al morire. L’esasperazione della nozione di salute sta diffondendo, subdolamente, un “clima culturale di morte”, oltre un messaggio ambiguo: le condizioni di terminalità o di fragilità grave ed invalidante non sono conciliabili con un’esistenza degna di essere vissuta. Questa opinione è inaccettabile, ma soprattutto deve combatutta (anche a livello culturale) dal cristiano, poiché ogni uomo è “persona” creata ad “immagine di Dio”. “Egli è la vera immagine  di Dio e su di lui ogni uomo è chiamato a misurarsi e a modellarsi. In Gesù, che ha condiviso in tutto la vita e la condizione umana, tranne che nel peccato, l’uomo trova la fonte e l’esempio di ogni solidarietà e di ogni attenzione alla persona umana, alla sua vita, alla sua sofferenza e alla sua morte. Cristo non solo ci rivela chi siamo; con la sua Pasqua ci trasforma e ci rende capaci di diventare ‘ciò che siamo’. Comunicandoci lo Spirito Santo, ci fa partecipi della sua stessa dignità di Figlio, ci dona il cuore nuovo che ci fa capaci di donarci sino alla fine e, destinandoci all’eterna vita di comunione e di amore con il Padre, porta a compimento la nostra aspirazione alla pienezza della vita. Così, nella storia umana, da sempre segnata dalla predestinazione in Cristo, ogni persona non è chiamata soltanto a ‘nascere’ alla dignità di uomo, ma anche a ‘rinascere’  a quella di figlio di Dio nel Figlio unigenito. Perciò ‘la prospettiva dell’adozione divina sottolinea in modo singolarmente eloquente l’altissima dignità della persona’ e della sua vita”(Evangelizzazione e cultura della vita, n. 20). Qualunque persona è detentrice di dignità e di diritti; di conseguenza, sempre meritevole di rispetto dal concepimento alla morte naturale, indipendentemente dall’età, dalla condizione sociale, dalla razza e dalla religione.

Una conseguenza concreta: Il principio di supremazia dell’uomo.

L’uomo è l’unica creatura amata da Dio per se stessa mentre le altre sono state costituite per il suo sviluppo e la sua prosperità; di conseguenza all’uomo devono far riferimento. Ma oggi, in diverse situazioni, il principio è capovolto. Molti, ad esempio, s’impegnano strenuamente nella difesa degli animali, che devono essere rispettati, ma rimangono indifferenti nei riguardi dei diritti dell’uomo. Si pensi alla “piaga” dell’aborto sia legale (cfr. legge 194/1978) che clandestini o alle pillole abortive: Ru 486, Norlevo, ElleOne (il quarto farmaco più venduto nelle farmacie). Pertanto, ogni creatura terrestre, è uno strumento per il benessere dell’uomo, mentre la persona non può essere assoggettata o divenire strumento di nessuno sia singolo che Istituzione.  Gli abusi perpetrati dai regimi totalizzanti nazisti e comunisti dell’ultimo secolo hanno manipolato ed  umiliato l’uomo e, in più, in alcune situazioni si è portata avanti anche l’utopia di creare una società basata prevalentemente sulla “burocrazia” come avviene soventemente in Italia.

Concretizzare “il principio di supremazia dell’uomo” significa superare la tendenza di parlare in “termini generali” di umanità, di classi, di ceti, di categorie, di pazienti, di utenti…, ma saper riconoscere l’uomo che con un nome ed un volto unico sta di fronte in quel momento, con il suo problema e con la sua storia.

L’esempio migliore lo offre Dio che come ricorda un autore, è colui che “sa contare solo fino ad uno”. Nell’Antico Testamento Dio “chiama per nome” le persone a cui affida una missione. Anche per Gesù non esisteva la classe dei bisognosi o la categoria degli utenti… Per Lui, in quel momento esisteva unicamente quel lebbroso (cfr. Mt. 8,1-4), quel cieco a Gerico (Mc. 10,46-52), quel paralitico calato dal tetto (Mt. 9,1-8), quella donna vedova di Nain che stava per seppellire il suo unico figlio (Mt. 7,11-17) o quella samaritana incontrata al pozzo di Sicher (Gv. 4,1-26).

Il principio di supremazia dell’uomo ci invita a vivere la pedagogia dell’incontro da persona a persona!

 

[1] M. Heidegger,  Kant e il problema della metafisica, La Terza, Roma-Bari 2006, pg. 275.

[2] D. Mondin, Il Valore-Uomo, Dino, Roma 1983, pg. 15.

[3] N. Abbagnano, L’uomo progetto 2000, Dino, Roma 1980, pg. 39.

 

17 marzo 2017

CHI E’ L’UOMO? (1)

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