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LA SACRALITA’ DEL CORPO

La scorsa settimana abbiamo dedicato la “Pillola di saggezza” al significato del pudore che riguarda prevalentemente il nostro corpo. Oggi ci soffermiamo sulla “sacralità del nostro corpo”, poichè molti hanno ancora l’idea che la Chiesa nel passato, ma anche oggi, disprezzi e condanni il corpo come un elemento negativo della persona. Per questo, secondo loro,  è privilegiata l’anima, la castità, l’amore spirituale…

Tutto ciò non è vero e per dimostrarlo basterebbe questa riflessione del filosofo ed epistemologo francese M. Serres, pubblicata dal settimanale “La Vie”. «La condanna della morale cristiana con l’accusa di essere “dolorista” è un errore storico e un’ignoranza culturale. Non si legge mai abbastanza delle altre morali dell’epoca che dicono la stessa cosa. Perché il corpo era condannato a soffrire quotidianamente occorreva una forte morale che aiutasse a sopportare la sofferenza. Non conosco una tradizione filosofica, un testo antico che parli del corpo come il Vangelo, il quale evoca il concepimento, il parto, l’allattamento, la nascita, la crescita, la carne, il sangue, la resurrezione dei corpi… Cristo parla molto di più del suo corpo che della sua anima. Il cristiano venera il corpo con la risurrezione» (17 maggio 2000).

A questo punto è opportuno confrontare la visione del corpo proposta dal cristianesimo e quella offerta dalla società attuale anche perchè questo argomento manifesta velatamente degli interrogativi: quali concezioni dell’uomo racchiudono le due interpretazioni? Quale cultura è realmente rispettosa del corpo?

La trattazione della corporeità nel cristianesimo ha come riferimento fondante ed imprescindibile la qualifica dell’uomo «immagine di Dio» (cfr. Gn. 1,27), non unicamente nella sua spiritualità ma anche nella globalità di persona; quindi, anche nella sua corporeità, nell’espressione della sessualità maschile e femminile. Dunque, «la persona umana creata a immagine di Dio è un essere corporeo e spirituale (…). L’uomo tutto intero è stato voluto da Dio» (Catechismo della Chiesa Cattolica, 362).

Per realizzare l’opera redentrice, Dio dotò suo Figlio di un corpo indifferente dal nostro, e gli accordò di abitare in un contesto famigliare e sociale per trent’anni, confrontandosi con i disagi fisici e psicologici che sperimentiamo quotidianamente. «Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, ebbe fame» (Mt. 4,2); «Gesù dunque, stanco del viaggio, sedeva presso il pozzo» (Gv. 4,6); «Prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e cominciò a sentire paura ed angoscia» (Mc. 14,33) e dalla croce gridò: «Dio mio, perché mi hai abbandonato?»(Mc. 14,33). San Giovanni Crisostomo, trattando della passione di Cristo, affermò che volle subire l’ironia della nudità perché tutti osservassero anche la sua completezza corporea e, di conseguenza, l’uguaglianza del suo corpo con il nostro (cfr. Omelia LXIII). Rileggendo la vita terrena del suo Maestro, la Chiesa può sostenere che Gesù è vero Dio e vero uomo: «perché ha parlato con parole d’uomo, ha lavorato con mani d’uomo, ha pensato con mente d’uomo, ha amato con cuore d’uomo» (Concilio Vaticano II, Costituzione dogmatica Dei Verbum, 27).

Con l’Incarnazione, inoltre, il corpo di Cristo divenne strumento di redenzione e di salvezza: «Noi siamo stati santificati per mezzo dell’offerta del Corpo di Gesù Cristo, fatta una volta per sempre» (Eb. 10,10). Questa si prolunga nei sacramenti, denominati da san Tommaso d’Aquino «Reliquiae Incarnationis Christi» (Summa theologia, pars III, q.62, a.5), in particolare nell’Eucarestia, quando ci nutriamo del suo Corpo e del suo Sangue.

La Chiesa è raffigurata come «Corpo di Cristo» di cui il Signore Gesù è il capo. Il corpo del battezzato è portatore di dignità ed è costitutivo dell’uomo, non meno dello spirito. E con lo spirito costituisce la persona ad immagine di Dio; per questo è tempio dello Spirito Santo: «Siete stati comprati a caro prezzo. Glorificate dunque Dio nel vostro corpo» (Cor. 6,20).

La Liturgia, celebrando i sacramenti, si avvale spesso del linguaggio del corpo.

Da ultimo, non possiamo scordare la rilevanza riservata al corpo da una frase della «Professione di fede», il “Credo”, quando affermiamo: «Aspetto la risurrezione dei morti» che non riguarderà unicamente l’anima ma anche il corpo. «La verità sulla Risurrezione afferma con chiarezza che la perfezione escatologica e la felicità dell’uomo non possono essere intese come uno stato dell’anima sola, separata (secondo Platone, liberata) dal corpo, ma bisogna intenderle come lo stato dell’uomo definitivamente e perfettamente “integrato” attraverso un’unione tale dell’anima col corpo, che qualifica e assicura definitivamente siffatta integrità perfetta» (Giovanni Paolo II, Uomo e donna lo creò, Editrice Vaticana 1985, 266).

Anche il Magistero della Chiesa, soprattutto negli ultimi decenni, ha ripetutamente evidenziato l’importanza del corpo. Segnalo, tra i molteplici documenti, le catechesi di san Giovanni Paolo II sulla «Teologia del corpo»: 130 Udienze del mercoledì, dal settembre 1979 al novembre 1984 (cfr Uomo e donna lo creò, op. cit.). Nell’Istruzione “Donum vitae” si parla di «persona umana nella sua dimensione corporea» (3), sottolineando che «il corpo umano non può essere considerato solo come complesso di tessuti, organi e funzioni, né può essere valutato alla stregua del corpo degli animali, ma è parte costitutiva della persona che attraverso di esso si manifesta e si esprime» (3). Per questo «la vita del corpo è una realtà sacra che viene affidata perché la custodiamo con senso di responsabilità» (Giovanni Paolo II, Evangelium vitae, 2).

Per quanto riguarda il corpo nella società attuale, dobbiamo notare che la nostra epoca rivolge sempre maggiore attenzione alla sua immagine e alla sua rappresentazione con modalità errate e pericolose soprattutto per le giovani generazioni che spesso pubblicano in rete o su Facebook video o foto raccapriccianti, illudendosi che il seducente aspetto fisico sia la chiave di accesso al successo e alla fama mediatica. Nella costruzione di questo deleterio contesto, assai contribuiscono l’irresponsabilità dei genitori, la pubblicità, la moda e programmi che pur disonorando la ragione, registrano alti tassi di audience; i reality-show dal Grande Fratello all’ Isola dei Famosi, i talent-show da X-Factor a Uomini e donne, come pure i social network che viaggiano nella rete sotto l’occhio vigile della web-cam.

Il corpo, oggi, è frequentemente trasformato in merce e in veicolo di consumo con la meccanizzazione mediante lo sport e l’erotismo pubblicitario e con lo sfruttamento di quello femminile, asservendo la donna al potere del denaro e alla tentazione dell’edonismo. Per il corpo, si ottemperano onerosi sacrifici che non sempre giovano alla salute: chirurgia estetica, diete rigidissime, fitness ad ogni ora del giorno, sport estremi… che portano, inconsciamente, molti a detestarlo e disprezzarlo. Mentre il corpo che manifesta il carattere della persona e della sua interiorità, quello degli sguardi, delle parole o dei silenzi, dei sentimenti, delle sensazioni o delle emozioni è sempre più emarginato.

Da queste schematiche considerazioni, possiamo affermare come conclusione, che nella visione cristiana il corpo è quasi un «sacramento»  rivelando la grandezza dell’uomo e la sua sacralità e dignità.

1 luglio 2016

LA SACRALITA’ DEL CORPO

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