Oggi si può già organizzare la propria morte, nei modi, nei tempi, nell’ambiente in cui avviene. Accade in Canada, come racconta l’inquietante libro di un medico che pratica il suicidio assistito di Assuntina Morresi
E’ una giovane donna di 36 anni, Marie, cittadina francese, rimasta folgorata dalle bellezze artistiche del nostro paese, al punto da scegliere di trasferirsi in Italia stabilmente. Per questo motivo 7 anni fa decide di aprire un’agenzia di viaggi a Roma. Ma la malattia strisciante che dall’età di 16 anni l’accompagna, la nevralgia del pudendo, si riaffaccia acutizzandosi a causa dello stress, al punto da costringerla su una sedia a rotelle, impedendole di spostarsi, di lavorare e di vivere. Ci ha raccontato la sua storia, fatta di difficoltà, ostacoli, ingabbiata da una burocrazia – quella italiana – piena di falle, ma anche di speranza. Una speranza che non le ha mai fatto pensare, neanche per un istante, a quell’assurda bugia che è l’eutanasia come alternativa di “dolce morte”.
Antonio Pelagatti è un ingegnere romano di 61 anni. Più della metà della sua vita l’ha trascorsa lottando contro un avversario più che temibile: la distrofia facio-scapolo-omerale (FSHD), patologia degenerativa classificata come rara ma, in realtà, più diffusa di quanto si pensi.
Sul fine vita sta mancando un vero dibattito e ciò rischia di portare abbondante acqua al mulino dell’eutanasia legale nelle sue varie forme. Un dibattito adeguato su questi temi, tuttavia, può aver luogo soltanto se si ha come stella polare la sacralità della vita. Pro Vita & Famiglia ha affrontato la tematica con monsignor Antonio Suetta, vescovo di Ventimiglia-Sanremo, che ha espresso il suo parere sugli ultimi sviluppi legislativi e giudiziari.
Media soddisfatti e Radicali esultanti dopo la morte del tetraplegico marchigiano in seguito a iniezione letale. Così la cura smette di essere un’opzione, la “diga” sta per crollare
Rifoldi, 46enne tetraplegico marchigiano che chiedeva il suicidio assistito, decide di applicare la legge sulle Dat e di ottenere la morte secondo la procedura già prevista dal Parlamento nel 2017
Ex camionista 44enne di Senigallia, il suo vero nome era Federico Carboni. Al capezzale lo stesso anestesista che portò Welby alla morte nel 2006. Cappato: superata la legge in discussione al Senato
Il Ddl sul suicidio assistito non vuole introdurre «un’assistenza dignitosa negli ultimi momenti di vita, ma la morte di Stato, cioè la possibilità che l’ordinamento eroghi, su richiesta, la morte». Ma così lo Stato lascia solo chi soffre, come mostra anche il non voler investire sulle cure palliative. La Bussola intervista l’avvocato Francesco Cavallo.
Il giorno dopo, solo recriminazioni perché il 46enne marchigiano non ha potuto accedere al suicidio assistito. Il tragico fallimento della società di fronte al dolore di un uomo non è più nemmeno un tema