Una campagna sociale dell’associazione Fiori d’Acciaio e di Mete Onlus per sensibilizzare i pedofili occasionali. Età fra i venti e i 40 anni, reddito medio-alto, sesso maschile: è l’identikit del turista sessuale tipo, predatore senza scrupoli che viaggia nel mondo per praticare sesso con minori.
Secondo le stime dell’organizzazione non profit Ecpat (End Child Prostitution in Asia Tourism: perché questo sfruttamento prima di diventare un fenomeno globale era concentrato nel Sud-Est asiatico), ogni anno un milione di persone si reca in Paesi poveri e fa sesso con bambini e adolescenti costretti a vendere il proprio corpo in cambio dell’equivalente di una manciata di euro. A fronte di prestazioni a prezzi stracciati, il giro d’affari è invece colossale, stimato nel mondo intorno ai 5 miliardi di dollari all’anno, ed è controllato dalle grandi organizzazioni criminali.
Non solo turisti propriamente detti: fra chi abusa dei minori ci sono uomini in viaggio di lavoro, piloti d’aereo, operatori umanitari, nella maggior parte dei casi clienti occasionali che «per curiosità provano e magari poi se ne pentono e non lo faranno più» spiega Yasmin Abo Loha, segretario generale di Ecpat Italia. In questo drammatico quadro, l’Italia purtroppo vanta un triste primato: secondo i dati di Ecpat e di altri osservatori indipendenti è il paese da cui parte il più alto numero di turisti sessuali, seguito da Germania, Giappone, Francia, Stati Uniti, Regno Unito e Cina. Le mete preferite cambiano di anno in anno, perché questi viaggiatori senza scrupoli scelgono di volta in volta i paesi che per situazioni contingenti offrono più opportunità di trovare bimbi in difficoltà.
Instabilità politica, crisi economiche improvvise, calamità naturali: sono alcuni dei fattori che creano le condizioni ottimali per andare a caccia di vittime, soprattutto se allo stesso tempo le autorità sono impegnate a fronteggiare emergenze che distolgono risorse e attenzione dalla lotta alla pedofilia. E a rimetterci sono sempre i più deboli: bambine e bambini. Secondo i dati più aggiornati, le mete preferite dai turisti sessuali italiani sono Kenya, Santo Domingo, Colombia e Brasile. La Thailandia, per anni destinazione preferita dei turisti-pedofili, negli ultimi tempi è meno gettonata a causa di una maggiore attenzione da parte delle autorità locali, pur sempre però in un quadro di illegalità diffusa. Negli ultimi anni è anche in crescita il numero delle donne che viaggiano in cerca di sesso a pagamento in Paesi in via di sviluppo. Rappresentano circa il 10 per cento dei turisti sessuali ma a differenza degli uomini che preferiscono prede giovanissime (età fra i 12 e i 14 anni), le donne prediligono gli adolescenti perlopiù in Kenya e ai Caraibi.
Nonostante l’inasprimento delle pene nei confronti dei turisti sessuali adottate in alcuni dei paesi d’origine, Italia compresa, la piaga è molto diffusa, anche perché «in queste aree del mondo molto povere, basta allungare 100 dollari al poliziotto che ti ha arrestato per poter andar via» dice Yasmin Abo Loha, «ma chi viaggia con queste finalità deve sapere che è perseguibile sia dove commette il reato, sia quando torna a casa». In alcuni Paesi, per evitare che i turisti sessuali possano insabbiare tutto, sono state adottate procedure straordinarie: i poliziotti cambogiani, per esempio, sono obbligati a filmare e fotografare tutti gli interventi. Pagando la mazzetta il pedofilo può sfuggire all’arresto, ma la prova del reato resta. Spesso i turisti sessuali nemmeno sono a conoscenza dei rischi legali che corrono, «l’età media di queste persone peraltro negli ultimi tempi si è abbassata – aggiunge la rappresentante di Ecpat Italia -, dimenticate il pensionato maniaco. Qui spesso si tratta di giovani che di fronte all’occasione di fare sesso per una manciata di dollari, non si fanno tanti problemi».
Ed è proprio a questa grande maggioranza di turisti sessuali occasionali e forse anche inconsapevoli che si rivolge la campagna sociale Stop Sexual Tourism, lanciata dall’associazione culturale Fiori d’Acciaio insieme a Mete Onlus, che prevede l’affissione di un manifesto in 57 aeroporti per denunciare la situazione, sensibilizzare i viaggiatori sul dramma delle vittime e al tempo stesso mettere in guardia dai rischi legali e per la salute a cui va incontro chi paga un minore per fare sesso. Il progetto a marzo sarà riproposto al Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite a Ginevra e hanno già aderito l’Ente Nazionale per l’Aviazione Civile, Assaeroporti, le presidenze di Camera e Senato, l’Università di Palermo, Protea Human Rights e l’Osservatorio Internazionale per le vittime di Tindouff. Alla presentazione dell’iniziativa al Senato, il 16 gennaio, hanno partecipato anche i vertici di Ecpat Italia e la società Sicily By Car, main sponsor del progetto.
Paolo Foschi
www.corriere.it, buone notizie, 24 gennaio 2018