Quando le cose sembrano difficili, cosa ci si aspetta da noi? Cosa dobbiamo prendere e cosa lasciare?
“Mi dispiace tirar fuori questo”, dice al suo pubblico serio e compassato, non abituato a sentir dire ad alta voce certe cose. Chiede scusa per aver usato “il termine nudo e crudo”. Potete immaginare come le persone sedute davanti a lui abbiano iniziato ad agitarsi un po’ sulle sedie.
C.S. Lewis aveva appena pronunciato la parola “Inferno”. La usava per spiegare alle persone riunite quella sera dell’autunno 1939 nella chiesa anglicana di Santa Maria Vergine di Oxford cosa dovevano fare nella vita.
Un’ottima domanda
Era un laico, ma la facoltà dell’Università di Oxford a volte interveniva a certi servizi speciali. Intitolato Learning in War Time (Imparare in tempo di guerra), il discorso appare nel piccolo libro, troppo poco conosciuto, The Weight of Glory (Il Peso della Gloria).
Si penserebbe che il tipo di persone riunite nella chiesa universitaria sapesse cosa doveva fare con la propria vita, ma ricordate che epoca era. L’Inghilterra aveva appena dichiarato guerra alla Germania. Quest’utima era non solo un potere ostile, ma un potere malvagio – quanto gli inglesi ancora non lo sapevano. L’Europa doveva affrontare la possibile fine della sua civiltà.
Perché, chiede Lewis, qualcuno dovrebbe continuare a studiare quando il mondo è in crisi? Perché sedersi tranquilli con i propri libri quando voi o i vostri amici potreste partire per la guerra in qualsiasi momento e forse morire? Quando il vostro Paese stesso potrebbe morire? Come potete giustificare lo studio della grammatica greca antica quando si potrebbe lavorare ad assemblare aerei da combattimento o carri armati? Poi aggiungeva: come possiamo indulgere in certi piaceri quando gli uomini e le donne che conosciamo potrebbero andare all’Inferno?
Lewis poneva ai suoi colleghi un’ottima domanda. La questione è che dobbiamo rispondere anche noi. La maggior parte di noi vive nel comfort ed è in grado di fare molto di quello che vuole fare mentre il mondo che ci circonda vive in una condizione di grande necessità.
Perché continuare a leggere quel libro su un santo quando la gente soffre nell’ospedale più vicino senza nessuno che la vada a trovare? Come si può organizzare quel barbecue quando la mensa del centro ha bisogno di volontari? Avete davvero bisogno di andare a quell’incontro in chiesa quando il denaro nutrirebbe un villaggio africano per una settimana? Dovremmo goderci un film quando potremmo parlare alla gente di Gesù?
Pensate alle parole di Gesù “Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. O, se siete inclini a sentirvi in colpa come me, alle altre sue parole “Ogni volta che non avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, non l’avete fatto a me”. Guardate le vite dei santi, che si sono spesi costantemente nel servizio agli altri. Pensate alla Croce. “Quando Cristo chiama un uomo, gli offre di andare a morire”, dice il teologo luterano Dietrich Bonhoeffer. Siamo ancora tutti molto lontani.
Cosa dice Lewis
Come risponde Lewis alla sua stessa domanda? Non risponde direttamente, ma penso che dica: “Devi servire Dio con tutto il tuo cuore, la tua anima e la tua mente, ma parte del servire Dio come essere umano è condurre una vita umana normale. Bisogna prendere la propria croce e seguire Gesù, ma si prende quella croce in questa vita e attraverso di essa”.
In primo luogo, dice, bisogna continuare a fare ciò a cui si è stati chiamati, ricordando che si è parte di un corpo di persone che fanno cose diverse. Siamo “membra differenziate”, sostiene, “ciascuna con la propria vocazione”. Serviamo Dio al meglio attraverso la nostra vocazione, non assumendo quella di qualcun altro. Facendo quello che dovremmo fare, “avanziamo verso la visione di Dio o aiutiamo altri a farlo”. Come Dio usi il nostro lavoro probabilmente non riusciamo a vederlo, e comunque spetta a Lui.
In secondo luogo, lo si fa comunque, quindi è meglio farlo bene. Parlando agli altri docenti, Lewis dice: “Se non leggete buoni libri ne leggerete di cattivi. Se non pensate razionalmente penserete in modo irrazionale. Se respingete le soddisfazioni estetiche cadrete nelle soddisfazioni sensuali”.
“La buona filosofia deve esistere”, ad esempio, “se non altro perché bisogna rispondere alla cattiva filosofia”. I tedeschi possono bombardarvi, ma qualcuno predicherà cose senza senso velenose e ferirà l’animo umano. Qualcuno deve sapere cosa dire in risposta, e quel qualcuno ha bisogno di studiare mentre gli altri costruiscono aerei i carri armati.
In terzo luogo, Dio ha creato e onora la vita umana normale finché facciamo ciò che facciamo per lui. È questa la cosa fondamentale che separa il fatto di divertirci semplicemente dal divertirci come Dio vuole che facciamo. Lewis invoca San Paolo: “San Paolo dice alla gente di andare avanti con la propria vita. Assume perfino che i cristiani possano andare alle feste. Nostro Signore va a un matrimonio e fornisce del vino miracoloso”.
Cita quindi la regola dell’apostolo in base alla quale qualunque cosa si faccia, facciamo tutto per la gloria di Dio. “Il cristianesimo non si limita a sostituire la nostra vita naturale; è piuttosto una nuova organizzazione che sfrutta l’aspetto naturale per i propri fini soprannaturali”.
Possiamo sempre spingerci oltre
Nel suo discorso, Lewis dice molto di più. Ci avrà messo almeno 30 minuti a leggerlo, forse 40. Aggiungerei una cosa a quello che dice agli altri studiosi. Quando potete, andate all’ospedale, alla mensa, donate qualcosa per il villaggio africano, parlate alla gente di Gesù. Lewis non dice di limitarsi a illuminare l’angolo in cui ci si trova.
Ma illuminatelo. Possiamo sempre spingerci un po’ oltre quello che stiamo facendo in quel momento. Un barbecue, ad esempio, può essere organizzato per la gloria di Dio. Si può unire la gente in un’associazione. Rendetela più grande, invitando le persone strane e isolate. Non curate troppo la lista degli invitati. Glorificate Dio aiutando quei figli soli a trovare degli amici.
David Mills
Aleteia, 25 gennaio 2018