Alistair MacDonald, giudice del tribunale per i minori dell’Alta Corte di Londra, ha acconsentito alla richiesta dell’ospedale King’s College di Londra di uccidere il piccolo Isaiah Haastrup, 11 mesi, rimasto leso durante il parto e perciò intubato. Il giudice ha appunto dichiarato che non è “nel migliore interesse del paziente continuare con l’accanimento terapeutico per tenerlo in vita”.
Nonostante “le acute differenze” tra il parere dei medici e dei genitori, data la “voce illusoria della speranza” di questi ultimi.
Un copione ormai rodato che permette ai medici e ai giudici di arrogarsi il potere di Dio di decidere della vita e della morte di una persona e di uccidere la speranza, tutto naturalmente nel “miglior interesse del paziente” e contro “l’accanimento terapeutico”. Eppure i genitori del piccolo hanno dichiarato: “Quando gli parlo lui mi risponde, lentamente aprendo un occhio. Riconosce la mia voce. E non spetta comunque ai medici o a un giudice decidere se la sua qualità di vita è così bassa da non essere degna di essere vissuta”.
Come emerse di fronte alla sentenza contro la vita Charlie Gard torna infatti la domanda: perché anticipare la morte se un piccolo deve morire? Perché non lasciare che muoia di morte naturale a suo tempo? Domande che diventano sempre più drammatiche se si pensa al caso dell’infermiera americana che adotta e cura bambini in queste condizioni, i quali grazie al suo amore sopravvivono magari anni trattati come dei Re e immensamente amati da una famiglia adottiva che regala loro l’amore che non hanno ricevuto da chi li ha abbandonati dai medici che pensano che questi pazienti disagi dei vegetali la cui vita non solo è inutile ma dannosa.
Ma la risposta è chiara, dato che Isaiah, Alfie Evans e Inés (gli ultimi casi analoghi a quello di Charlie Gard) sono solo gli ultimi rappresentanti di una categoria nascosta di persone la cui esistenza è ritenuta inutile, ma che conta sicuramente molti altri cittadini europei e che il caso Gard ha avuto il merito di svelare. Non a caso coloro che si sono battuti per l’omicidio del piccolo inglese lo hanno fatto con tanta violenza e senza permettere che una sentenza favorevole ai coniugi Gard mandasse in fumo un sistema efficientista ormai rodato da anni.
La posta in posta in gioco era infatti ben più grande della vita o della morte di Charlie: non bisognava creare un precedente che avrebbe sovvertito una prassi fondata sulla legge del più forte e sano che ormai caratterizza il sistema sanitario di alcuni paesi europei, come quello inglese (dove con il Liverpool Care Pathway cominciarono a piovere denunce dei famigliari di pazienti uccisi in nome delle “cure palliative”) e come quello francese (dove già la Legge Leonetti che permetteva di privare le persone dell’alimentazione e l’idratazione anche se non sono in fin di vita).
Eppure molti parlarono della follia dei Gard che non riuscivano ad accettare la malattia mortale del bambino, rubando il posto letto a chi magari poteva avere chance di performance vitali migliori (dimenticando quanto denaro il sistema riserva agli aborti, alla fecondazione assistita, ai trattamenti ormonali, al cambio di sesso etc). Pazzi anche gli Haastrup? Illusi anche gli Evans? Accaniti anche la mamma e il papà di Inés? O forse che la scusa della disperazione come spiegazione alla battaglia dei Gard serviva a mascherare l’operato eutanasico di una sistema legale sanitario darwinista che si sta imponendo in Occidente?
È un vero peccato perché con l’eliminazione dei più deboli prima del tempo, scompare il valore immenso che ha il debole dei deboli, l’incosciente, il sofferente magari, ma per la cui vita ci si batte, sapendo che prima o poi se deve morire morirà. Il valore della povertà più pura che permette lo spettacolo della gratuità e della carità senza calcoli, senza scopi, per cui si cerca sempre un esito positivo di miglioramento, per cui si spera anche nel miracolo, ma che non è determinata ultimamente dall’esito, ma solo dall’amore senza tornaconti per un sofferente. Sapendo del valore che ha la vita più debole agli occhi di un Creatore che per salvarci è andato in Croce e che ci ha domandato di seguirLo accettando la Sua volontà e quindi anche la legge della sua creazione.
Al di fuori di questa ottica, eterna, la morte e la sofferenza diventano insostenibili, ma è proprio questa la consapevolezza che spinse i cristiani, per primi, a costruire gli ospedali dove suore e preti e medici curavano gli inguaribili. Una consapevolezza nata dalla fede ma che ha creato una civiltà più umana per ogni cittadino credente o non credente, per cui è giusto battersi senza compromessi, in nome del Bene Comune di tutti.
Abbandonare questa strada significa, infatti, come sta accadendo anche in Italia (dove ieri è entrata in vigore la Legge sulle Disposizioni anticipate di trattamento, che ammette la sospensione di alimentazione idratazione), creare una società dove alla base dei rapporti non c’è più la gratuità per l’essere dell’altro ma in cui la sua vita e la sua sofferenza lo rendono una potenziale minaccia alla propria esistenza. Una società di individui sospettosi, nemici e quindi soli e depressi che comunque prima o poi dovranno morire ma da disperati. Producendo così una sofferenza peggiore di quella fisica che si genera cercando di eliminare il sofferente.
Benedetta Frigerio
La Nuova Bussola Quotidiana, 31 gennaio 2018