Aveva 49 anni, da 5 sofferente: ha chiesto in base alla legge sulle Disposizioni anticipate di trattamento di spegnere la macchina che le consentiva di respirare.
Si chiamava Patrizia Cocco, nuorese, aveva 49 anni, una donna sempre attiva, fin quando la Sla ne ha progressivamente logorato la speranza frenandone la vita. E inducendola, dopo 5 anni di durissime prove, a chiedere di spegnerla insieme alla macchina che le consentiva di respirare non essendo più in grado di farlo da sola. La morte per Sclerosi laterale amiotrofica purtroppo è tutt’altro che rara in Sardegna, regione dove la sua incidenza è notevolmente superiore rispetto alla media nazionale e dove la presenza di una rete assistenziale e di un sistema di solidarietà diffusa ha portato alla luce un’infinità di casi nei quali è risaltato un commovente coraggio di vivere.
La morte per soffocamento
Ma la tragica fine prematura di Patrizia – per soffocamento, dopo l’indispensabile sedazione – è destinata a restare perché segna un punto di non ritorno: si tratta infatti del primo caso del quale si ha notizia di applicazione chiesta e ottenuta della nuova legge sul biotestamento. La signora Cocco non aveva lasciato scritte Disposizioni anticipate di trattamento ma la legge prevede che qualunque volontà del paziente – con poche eccezioni – vada assecondata anche quando comporta la sospensione di supporti
vitali pur non essendo il paziente in condizioni di terminalità (è appunto il caso della malata nuorese di Sla).
Il paziente, si legge infatti all’articolo 1 comma 5 della legge sulle Dat, ha «il diritto di revocare in qualsiasi momento il consenso
prestato» a trattamenti sanitari «anche quando la revoca comporti l’interruzione». La legge precisa poi – in uno dei punti più contestati e controversi, reso in questo specifico caso per la prima volta operativo, e con inevitabili esiti letali – che «ai fini della presente legge, sono considerati trattamenti sanitari la nutrizione artificiale e l’idratazione artificiale, in quanto somministrazione, su prescrizione medica, di nutrienti mediante dispositivi medici».
Una prescrizione che di fatto include anche il supporto meccanico della respirazione alla luce della frase successiva dello stesso comma, dove si parla di «rinuncia o rifiuto di trattamenti sanitari necessari alla propria sopravvivenza», come appunto la respirazione assistita. «Il medico – si legge poco oltre – è tenuto a rispettare la volontà espressa dal paziente di rifiutare il trattamento sanitario o di rinunciare al medesimo e, in conseguenza di ciò, è esente da responsabilità civile o penale».
La volontà di Patrizia, la morte per legge dello Stato
Nel caso di Patrizia, i medici hanno preso atto della sua ferma volontà già espressa con la richiesta al proprio legale prima dell’entrata in vigore della legge sul biotestamento di ottenere dal giudice tutelare di Nuoro l’autorizzazione a “staccare la spina” (come accaduto ad esempio e sempre in Sardegna all’Ospedale Santa Barbara di Iglesias il 12 gennaio nel caso dell’ingegnere minerario 76enne Giancarlo Mura, anch’egli malato di Sla). Il Tribunale di Nuoro successivamente ha precisato che “nessun ricorso è stato mai presentato da lei (Patrizia Cocco, ndr) al Tribunale di Nuoro e, in particolare, al giudice tutelare.
In ogni caso, a Nuoro come nel resto d’Italia la legge sulle Dat, in vigore dal 31 gennaio, consente di evitare il passaggio per l’autorizzazione da parte della magistratura trasformando di fatto la richiesta di morte anticipata e assistita in un diritto. Sono bastati 3 giorni per veder morire anzitempo un paziente non della propria malattia ma per applicazione di una legge dello Stato. È la prima volta che accade nel nostro Paese, difficilmente sarà l’ultima.
Francesco Ognibene
Avvenire.it, 5 febbraio 2018