L’ascolto delle letture bibliche risponde al diritto del popolo di Dio a ricevere con abbondanza la Parola di Dio» che, ha specificato Francesco, deve essere «ben letta, ben detta e poi ben spiegata nell’omelia». «Quando la Parola di Dio non è ben letta e predicata con fervore si manca a un diritto dei fedeli» ha ribadito il Papa.
Un tempo di silenzio dopo l’omelia
«Il Signore parla per tutti, pastori e fedeli, ognuno nella sua situazione di vita» ha osservato. «La Sua Parola bussa ai cuori. E cambia i cuori. Perciò dopo l’omelia un tempo di silenzio permette di sedimentare nell’animo il seme ricevuto affinché nascano semi di adesione a ciò che lo Spirito ha suggerito a ciascuno». Dunque: letture ben declamate, con chiarezza ed espressività. E ben spiegate nell’omelia, per rispondere a quel diritto del popolo di Dio di abbeverarsi alla Sua Parola. E poi un «tempo di silenzio». Il Papa non dice quanto debba essere lungo, ma fa capire che non deve trattarsi solo di una pausa. Dev’essere il tempo necessario a fare maturare nei cuori, ciascuno a suo modo, il seme della Parola ascoltata e compresa.
Il Credo, professione di fede
«Dopo questo silenzio, la personale risposta di fede – prosegue il Papa – si inserisce nella professione di fede della Chiesa espressa nel Credo». C’è un nesso vitale tra ascolto e fede, prosegue Francesco: «Sono uniti». «La fede infatti non nasce dalla fantasia di menti umane ma viene dall’ascolto e l’ascolto riguarda la Parola». Il Simbolo di fede, il Credo, «vincola l’Eucarestia al Battesimo e ci ricorda che i sacramenti sono comprensibili alla luce della fede della Chiesa».
La preghiera dei fedeli: «Chiedete»
Nella Messa segue la “preghiera dei fedeli”. «La risposta alla Parola di Dio accolta con fede si esprime nella supplica comune che abbraccia le necessità della Chiesa e del mondo». Francesco ricorda che «Gesù ha detto: “Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto”». «Ma noi non crediamo questo – aggiunge – perché abbiamo poca fede». E consiglia a tutti i fedeli un’invocazione semplice: «Possiamo dire: “Credo Signore, ma aiuta la mia poca fede”».
Dunque: prima la Parola, poi la professione di fede e infine la preghiera. La preghiera nasce infatti dalla fede, «le pretese di logiche mondane non portano verso il Cielo». Le intenzioni di preghiera, indica il Papa «devono evitare di ricorrere a formule convenzionali e miopi».
Avvenire.it, 14 febbraio 2018