Entro il 2022 un’emorragia di 80mila camici bianchi. Le cause? Pensionamenti e incapacità di programmare un ricambio. Ogni anno 2mila neolaureati vengono lasciti fuori dalla scuole di specializzazione.
Mentre l’Italia invecchia – e quanto lo ha appena certificato l’Istat con dati da capogiro sulla denatalità –, invecchiano anche i medici. E un nuovo, allarmante scenario è quello che si prospetta da qui a dieci anni per gli italiani e la loro salute. Succede che, proprio per effetto dei pensionamenti, cesseranno di lavorare 45mila medici, di cui 30mila ospedalieri e quasi 15mila medici di famiglia. Un’emorragia che vedrà coinvolti oltre 80mila camici bianchi. Con un effetto tsunami: 14 milioni di italiani resteranno senza medico di base.
L’anno nero: 2022
A parlare per la prima volta di emergenza sono la Federazione medici di medicina generale (Fimmg) e il sindacato dei medici dirigenti (Anaao). I dati, affermano i sindacati, parlano chiaro: al 2028 verranno a mancare 33.392 medici di famiglia e 14.908 saranno invece i pensionamenti da qui al 2022. L’anno nero, che registrerà il picco delle uscite, sarà per i medici di famiglia proprio il 2022: solo in quell’anno ne andranno in pensione 3.902. Sicilia, Lombardia, Campania e Lazio le regioni che registreranno, sia nel breve sia nel lungo periodo, le maggiori sofferenze. Quanto ai medici del Servizio sanitario nazionale, la situazione non si prospetta migliore: nei prossimi 10 anni ne verranno a mancare per pensionamento 47.284. A mancare nelle corsie saranno soprattutto pediatri, chirurghi, ginecologi e cardiologi.
Perché siamo senza medici?
E il ricambio generazionale? E i tanti giovani medici che vediamo costretti anche ad andare all’estero per mancanza di lavoro? «Oggi il governo eroga 100 borse all’anno per la Medicina generale – spiega il presidente della Federazione nazionale Ordini dei medici (Fnomceo) Filippo Anelli –. Questo significa che nei prossimi 10 anni ci saranno circa 10 mila medici curanti, a fronte dei 33 mila che andranno in pensione». Un saldo in negativo di oltre 23mila unità. E un dato «che può essere corretto con i medici in graduatoria, ma che non risolve il deficit. Lo stesso vale per i medici ospedalieri, dove è previsto un pensionamento per 45-47 mila unità, a fronte, ad oggi, di un’età media che sfiora i 55 anni». Anche l’attuale sistema delle scuole di specializzazione in medicina d’altronde non garantisce un numero sufficiente di specialisti per il prossimo futuro: «Oggi i posti disponibili – spiega il vicesegretario Anaao Carlo Palermo – sono complessivamente circa 6.500 l’anno, ma secondo le nostre stime ne sarebbero necessari almeno 8.500».
Il problema maggiore insomma è che alle uscite non corrisponderanno altrettante, o quanto meno adeguate, entrate. Per i medici del Ssn invece, rileva l’Anaao, fare un calcolo di quanti potranno essere i nuovi medici assunti a fronte delle uscite è molto difficile: da un lato infatti, spiega ancora Palermo, «non sappiamo quando saranno banditi i concorsi da parte delle regioni e per quali numeri, e dall’altro va ricordato che in varie regioni è ancora in atto il blocco del turn-over parziale o totale». Una follia, pensando a questo scenario.
Ogni anno 2mila laureati lasciati indietro
Una cosa è certa: il prezzo di tale situazione lo pagheranno innanzitutto i cittadini. «Nei prossimi 5-8 anni, i pensionamenti priveranno 14 milioni di italiani della figura del medico di famiglia – sottolinea il segretario Fimmg Silvestro Scotti –. Appare ridicolo che nessuna forza politica che aspira a governare si impegni sul tema dell’assistenza territoriale». La carenza di medici «interessa tutte le Regioni, con il paradosso che se, e quando, riapriranno i concorsi, mancheranno i medici da assumere – avverte il segretario Anaao Costantino Troise –, perché saranno scappati tutti all’estero». Un fenomeno che – atteso che su 9mila laureati soltanto 7mila ottengono borse per le Scuole di specializzazione – marcia al ritmo di 2mila partenze all’anno.
Viviana Daloiso
Avvenire.it, 10 febbraio 2018