Di Maio è a conoscenza che, statistiche alla mano, nell’incivilissima Italia entrano mediamente in carcere tre innocenti al giorno? Qualche esempio.
Ho aspettato qualche giorno, sperando che qualcuno reagisse. Invece, tutto tace.
Di Maio viene in Sardegna e parla di impresentabili riferendosi ai candidati del Pd e del Pdl sottoposti a indagine.
Reazioni? Blande, blandissime.
Gli intelligentoni delle campagne elettorali hanno suggerito ai candidati di non parlarne, di lasciare cadere le accuse per non dare importanza al messaggio degli avversari.
Il vero motivo di tanta inibizione è uno solo: la paura. Paura di certa magistratura; paura del linciaggio morale autorizzato e protetto dallo Stato italiano a cui viene sottoposto chiunque venga sfiorato da un’inchiesta.
Gli organi di informazione ridotti a notai della propaganda, non hanno posto una sola domanda al tribuno giustizialista.
Poniamo qualche questione a Di Maio. Prima questione da porre a Di Maio: nel programma dei 25 punti del Movimento 5 Stelle viene ripetuto il dettato costituzionale italiano secondo cui ogni cittadino è innocente fino a sentenza definitiva. Invece, Di Maio dice dei suoi concorrenti indagati non che sono innocenti, ma che sono impresentabili, cioè che sono moralmente riprovevoli, tali da essere esposti al pubblico ludibrio.
Faccio ciò che nessuno ha fatto per i candidati inquisiti: non è vero che sono impresentabili.
È falso.
Ne conosco diversi e non ho dubbi sulla loro buona fede.
Mi infastidisce la vigliaccheria: quando qualcuno viene lapidato non può difendersi da solo. I suoi amici devono uscire di casa e difenderlo. Questa è umanità e cultura.
Stare zitti e chiudersi a casa, perché tanto sono cose che riguardano altri, è vigliaccheria.
Noi che siamo stati educati ad avere fiducia nella magistratura, nei carabineri e nelle forze dell’ordine, oggi ne temiamo il potere e il pregiudizio (io ancora oggi, ogni tanto, di notte, penso al perché tre anni fa mi si accusò di peculato sulla base di atti non firmati da me ma da altri con cariche da me mai ricoperte; e se prendo sonno è perché il magistrato titolare tornò indietro, ma chi confezionò il dossier, noto alla stampa prima ancora che io fossi raggiunto da un avviso di garanzia, se volesse, potrebbe riprovare a colpirmi e io non so chi sia) fino al punto da stare tremebondi (io no, oggi sono pronto a portarli di fronte ad altri giudici, fino al CSM) dinanzi al loro cospetto e fino al punto dall’accettare situazioni da paesi mediorientali dove lo Stato è Stato di Polizia.
Tre innocenti al giorno in galera
Di Maio è a conoscenza che, statistiche alla mano, nell’incivilissima Italia entrano mediamente in carcere tre innocenti al giorno?
Di Maio sa che dal 1992 ad oggi sono state indennizzate per errore giudiziario circa 25.000 persone, 1000 all’anno?
Di Maio conosce il caso Mallegni? Lo riassumo: un sindaco di Forza Italia, denunciato dal suo comandante dei vigili e arrestato dal fratello magistrato del comandante dei vigili con 51 capi d’accusa (tra cui gli ormai consueti associazione a delinquere e corruzione), si fa 6 mesi di arresti (tra galera e domiciliari), poi, in giudizio viene assolto da tutto (la Cassazione giunge a definire illegittimo l’arresto) o quasi (spiego subito il “quasi”). Si ripresenta alle elezioni e viene eletto, ma subito dopo il Prefetto lo sospende in base alla legge Severino. Perché? Perché condannato per questo gravissimo reato: istigazione al rilascio di Passo Carrabile. Un reato ormai prescritto, ma fino a che non si fissa il processo, nessuno può dichiararlo prescritto. Il prefetto sospende il sindaco rieletto e il Tribunale fissa l’udienza per il reato, da dichiarare prescritto, non subito, ma dopo un anno. Partono le proteste e il giudizio viene anticipato di nove mesi. Il sindaco di Napoli, ex magistrato, e il Presidente della Regione Campania, sono entrambi condannati in primo grado per reati non prescritti, ma sono in carica dopo i ricorsi presentati e accolti. Nel frattempo, il magistrato fratello del comandante dei vigili è diventato sottosegretario di Stato e il comandante dei vigili ha fatto carriera nella Pubblica Amministrazione.
Cose che riguardano la Sardegna
Cose che non riguardano la Sardegna? Non è vero. C’è un sindaco che si trova più o meno nella stessa situazione di quello precedente e rispetto al quale già nelle udienze per il rinvio a giudizio si è visto il PM suo accusatore sostenere, nel silenzio generale della politica e del Ministero di Grazia e Giustizia, che già al momento dell’arresto esisteva una carta che diceva che il sindaco era innocente rispetto ad uno specifico reato ma che allora si diede peso a un testimone, già smentito allora dalle carte, ma ritenuto comunque credibile (???) dal PM che oggi, di fronte al giudice, chiede l’archiviazione. Incredibile? NO, vero e impunito.
Il caso Mallegni si sta ripetendo anche in Sardegna perché anche in Sardegna esistono le indagini a teorema, le indagini ideologiche, che costruiscono una montagna di carte per arrivare almeno all’avviso di garanzia, magari in campagna elettorale, e poi affidare le persone al lungo percorso della difesa da accuse inconsistenti. Interi gruppi politici – di tutti i colori ideologici, senza esclusione di colpi – dipinti come associazioni a delinquere sulla base dell’ostinazione di chi conduce le indagini.
Un altro esempio della magistratura dei teoremi, la magistratura del caso Tortora? Leggete il caso della primaria di cardiologia del Policlinico di Modena, la prof.ssa Maria Grazia Modena che alle 6 del mattino del 9 novembre 2012 sentì bussare alla sua porta: erano i Nas che le notificavano gli arresti domiciliari. L’inchiesta aveva un nome esemplare: “Camici sporchi”, tanto per gradire. La Gazzetta di Modena raccontava così gli arresti. Ovviamente tutto corredato da riprese, elicotteri, certezza delle accuse, stringenti deduzioni e collegamenti tra persone, aziende, case farmaceutiche, rivalità professionali ecc. ecc. Le accuse erano terribili: sperimentazioni cliniche senza autorizzazione; installazione di apparecchiature mediche, alcune difettose, su pazienti ignari; creazione di false cartelle cliniche. Bene, oggi, a sei anni da allora, la dottoressa Modena è stata assolta da tutte le accuse, ma è riuscita a difendersi, lo dice chiaramente, uscendo da Modena, andando verso i tribunali di appello e fino in Cassazione. Questa la sua dichiarazione: “Oggi ho capito che le stesse carte che hanno portato alla mia condanna in primo grado sono state smentite sia dalla Corte d’Appello di Bologna sia dalla Corte Suprema di Cassazione: questo dimostra che quelle che erano state considerate “prove” dalla Procura di Modena sono state, invece, valutate insussistenti e frutto di indagine non accurate”. “Se penso – aggiunge la dottoressa – ai denari pubblici che, a partire dal costo degli elicotteri che hanno circondato casa mia e degli altri otto medici arrestati quell’indimenticabile 9 novembre del 2012 fino a tutte le spese occorse in questo accanimento processuale, hanno pesato sulle tasche dei cittadini, mi assale un grande dispiacere. Perché se quei denari, così sprecati, fossero stati investiti nella sanità pubblica, avrebbero sicuramente apportato a Modena un ulteriore salto di qualità. Questo è stato un processo politico, non penale”.
Questo succede solo a Modena?
NO, questo succede e sta succedendo anche in Sardegna, ma ne parleremo a tempo debito.
Di Maio si è mai chiesto perché mentre un cittadino grazie al Foia (Freedom of information act), una legge italiana non della trasparenza ma della curiosità, può chiedere e sapere tutto di me, come personaggio pubblico (da dove abito a quante auto posseggo, a quanto guadagno, a quali sono i miei parenti e che cosa possiedono), non può invece sapere nulla dei magistrati? Si vada sul sito del Csm e si cerchino i provvedimenti della Commissione disciplina del Csm; non li si trova.
Di Maio sa che non esiste una banca dati degli errori giudiziari?
Di Maio sa che non è consentito ad alcun cittadino sapere se il magistrato che agisce nel suo territorio è uno che fa sbagli seriali, che magari viene da indagini a teorema svolte in altri territori e più volte smentite da diversi tribunali e magari censurati dal Csm ma che ripete serialmente il suo errore senza che nessuno lo fermi?
Di Maio non sa niente di questa ferocia di Stato. E non sa ovviamente, e non capisce, perché noi del Partito dei Sardi proponiamo per lo Stato sardo una Giustizia diversa, più equilibrata, con più basi di diritto e meno esposta alla psicologia dei singoli. Di Maio ricorda il terribile caso Gulotta? 22 anni di carcere da innocente per l’omicidio mai commesso di due carabinieri, sei milioni e mezzo di indennizzo di Stato, risolto grazie alla confessione di un carabiniere che rivelò che l’indagine era stata costruita ad arte. Dei suoi correi, uno si è suicidato in carcere, due sono fuggiti in Brasile ecc. ecc. Di Maio è al corrente di quante cantonate prende la polizia giudiziaria e di quanto si incaponisce sui suoi errori e di quanto potere disponga? Di Maio è al corrente di come si estrapolino frasi dalle intercettazioni non tanto per dimostrare reati quanto per costruire profili psicologici degli indagati coerenti con il teorema d’accusa? Certo, tutto questo in dibattimento si scioglie come neve al sole, ma perché un cittadino deve essere esposto inerme a questo supplizio e poi accettare di liberarsene solo se ha soldi e buoni avvocati?
Questo volto feroce, assurdo e kafkiano della Giustizia italiana è sconosciuto a Di Maio, ma esiste, fa male e chiama a tirare su la testa, a non avere paura, a combattere dentro e fuori delle aule di giustizia.
Di Maio ignora e invece addita alla folla la forca per gli indagati.
E noi?
Noi cittadini europei, noi i cittadini europei più spiati d’Europa, stiamo zitti?
Dove sono i parlamentari?
Dove sono i magistrati giusti?
Tutti muti?
Sì, tutti muti, perché la giustizia in Italia è come il cancro: pensi che non ti riguardi finché non ti colpisce.
Paolo Maninchedda
Tratto da “Sardegna e libertà”