Quando all’università gli amici mi dicevano di credere che l’Eucaristia a Messa non fosse più pane ma Gesù Cristo stesso, veramente presente, non li capivo.
“Intendi dire che credi che il pane ricordi Cristo nell’Ultima Cena, giusto?”, chiedevo.
No, mi rispondevano. Non credevano che ci fosse più del pane dopo la consacrazione. C’era solo Gesù. Aveva le sembianze del pane.
Una volta che ho capito cosa stavano dicendo ho pensato che fossero pazzi. In tutti gli anni in cui avevo frequentato la Chiesa cattolica non avevo mai pensato niente del genere.
E allora hanno dovuto in primo luogo convincermi del fatto che la Chiesa crede davvero questo.
Oggi c’è il Catechismo e rende ben chiara questa dottrina, ma all’epoca non c’era, e quindi non si aveva a disposizione alcun modo semplice per scoprire se quello che si stava ascoltando era la vera dottrina della Chiesa o le idee peculiari di qualcuno.
Penso che i miei amici abbiano dovuto far ricorso al libro di Ludwig Ott [teologo tedesco del XX secolo, n.d.t.] per provarmelo. Qualunque cosa abbiano fatto, ho iniziato a credere, seppur senza troppa convinzione, che la “Presenza Reale” fosse una cosa vera.
Le cose che facevamo noi cattolici hanno comunque acquisito più senso da allora – genuflettersi prima di sedersi nel banco, il sacerdote che pulisce i vasi sacri e le tante regole su chi può ricevere la Comunione.
Anche dopo essermi convinto del fatto che la Presenza Reale fosse una vera dottrina pensavo comunque che fosse una follia. Perché Dio vorrebbe assumere le sembianze del pane? Perché mai vorrebbe essere mangiato?
Bob Dylan mi ha aiutato a capire.
Dopo aver perso la fede alle scuole superiori, mi sono aperto di nuovo al cristianesimo solo per lui. Avevo comprato tutti i suoi dischi e li amavo appassionatamente – anche quelli cristiani.
Nella canzone che dà il titolo al suo album Saved, Dylan riassume brevemente le sue convinzioni protestanti in questo modo: “Ero accecato dal diavolo / Nato già rovinato / Morto stecchito / Appena sono uscito dal grembo / Sono stato toccato dalla Sua grazia / Sono stato guarito dalla Sua parola / Sono stato portato alla vita dalla Sua mano / Sono stato sigillato dal Suo Spirito / Sono stato salvato / Dal sangue dell’Agnello”.
E poi ripeteva: “Salvato, dal sangue dell’Agnello”.
Ho capito come Dylan potesse essere “nato già rovinato”. Siamo tutti legati per sangue ad Adamo, e quindi la sua decisione di allinearsi con il peccato mi definiva come il trasferimento di un nonno dal Kansas all’Arizona e dell’altro da El Salvador al Messico.
Ma come poteva il sangue di Gesù effuso nella Palestina due millenni fa salvare Bob Dylan, o me, oggi?
I protestanti credono che lo faccia spiritualmente, ma io non riuscivo a crederci. Dio ha fatto le cose in modo molto più naturale che in qualsiasi altra occasione. Se Dio voleva che il sangue di Gesù invertisse ciò che avevo ereditato dal sangue di Adamo, pensavo, quel sangue doveva essere veramente in me.
Ed è così che ho capito.
“Se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita”, ha detto Gesù. “Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda”.
Giovanni dice che spaventava le persone dicendo queste cose, ma le intendeva davvero.
Gli apostoli devono essere stati sollevati quando hanno capito il ruolo che il pane e il vino avrebbero giocato in questa ingestione di sangue. San Paolo lo descriveva un paio di decenni dopo l’Ultima Cena, verso l’anno 53. Siamo stati salvati dal sangue di Gesù direttamente, non spiritualmente. Perfino Bob Dylan sembra averlo riconosciuto più avanti nella sua carriera, quando dopo aver abbandonato la sua setta cristiana ha cantato: “Non sono mai riuscito a bere quel sangue e a chiamarlo vino”.
Le Scritture hanno completato il quadro. Un passo in particolare.
Molti brani delle Scritture acquistano improvvisamente nuova vita quando vedi che Dio sta preparando la strada all’Eucaristia: il pane e il vino di Melchisedek, la manna nel deserto, l’agnello pasquale e la moltiplicazione dei pani.
Uno, però, ha acquisito il massimo senso per la prima volta per me: la cena di Emmaus. Nella storia, Gesù incontra due discepoli dopo la sua morte. I due non lo riconoscono finché non spezza il pane per poi scomparire subito dopo.
Non mi è mai sembrata una cosa reale. Non mi piace “spiritualizzare” Gesù. Ha compiuto miracoli terreni, con acqua, saliva e fango. Non ha fatto trucchi da mago come svanire nell’aria.
Ma ero disponibile ad ammettere che avesse fatto qualcosa di strano come se stesse cercando di comunicare qualcosa a livello terreno. Ma cos’è che voleva comunicare?
L’Eucaristia chiarisce tutto: non sono più con voi in questa forma (il mio corpo), ma in quest’altra (il pane).
E allora ho creduto. E ci credo ancora.
[Traduzione dall’inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]
Tom Hoopes
Aleteia, 21 febbraio 2018