Quasi 4000 Km, 8 giorni, 11 tappe. Il più grande merito del Bus arancione di Generazione famiglia-CitizenGo Italia è quello di ricordarci quale atto rivoluzionario e sconvolgente sia oggi dire la verità. Lungo il cammino polizia in antisommossa, multe e censure di molte amministrazioni comunali.
Quasi 4000 Km, 8 giorni, 11 tappe: Reggio Calabria, Catania, Napoli, Livorno, Torino, Milano, Verona, Bologna, Cesena, Pescara e Roma. Da 20 gradi di Catania a -3 gradi di Cesena. Qualche migliaia di persone incontrate, alle quali sono stati distribuiti altrettanti Manuali per Genitori Protagonisti nelle Scuole. Sono i numeri del secondo tuor del Bus della Libertà, chiusosi lo scorso martedì con l’arrivo a Roma davanti alla palazzo della Corte di Cassazione, per porre l’attenzione sulla giurisprudenza creativa che smantella il diritto di famiglia.
Ma al di là di tutto questo, il più grande merito del Bus arancione di Generazione famiglia-CitizenGo Italia è quello di ricordarci quale atto rivoluzionario e sconvolgente sia oggi dire la verità. Infatti, se lo scorso settembre fu la scritta “I bambini sono maschi, le bambine sono femmine” a scandalizzare i gendarmi del pensiero unico, in questo ultimo tour, coinciso con la campagna elettorale per le elezioni politiche, è stato lo slogan “Non confondere l’identità sessuale dei bambini” a suscitare le isterie censorie di istituzioni pubbliche, movimenti di estrema sinistra e sigle della galassia lgbt.
Il mezzo che ribadisce le regole elementari dell’antropologia umana scuote le coscienze come un sussulto salutare, sveglia gli animi dal torpore quotidiano e dice che la libertà di pensiero è qualcosa che non può essere mai data per scontata ed acquisita senza che questa sia difesa e coltivata ogni giorno della nostra esistenza.
Il Bus ha difeso la libertà in quelle città in cui a colpi di memorie e di giunta e atti amministrativi si vuole negare il diritto di parola a determinati settori dell’opinione pubblica. Insomma, oggi tocca al pullman di Generazione famiglia ma domani potrebbe essere chiunque di noi a vedersi negata l’agibilità politica e sociale necessaria a rivendicare i propri diritti inerenti la libertà educativa.
Questa volta l’ondata di livore ideologico si è paventata fin dalla prima tappa. Il 20 febbraio, poche ore prima dell’arrivo del mezzo a Reggio Calabria, il Presidente della Commissione Pari opportunità della città sullo Stretto (nonché ex referente dell’arci gay locale) Michela Calabrò ha emesso un comunicato che esprimeva il suo dissenso rispetto al passaggio del Bus, definendolo un’iniziativa “intollerante” e un atto “altamente discriminatorio e irresponsabile”. Filippo Savarese, direttore della campagne di Citizengo Italia, non ha potuto che far notare quanto sia paradossale che la nostra libertà di opinione ed espressione sia attaccata proprio dalla Commissione Pari Opportunità, che dovrebbe difendere il pluralismo democratico.
L’amministrazione locale è protagonista di gravi censure anche nella tappa di sabato 24 a Torino. Nel comune sabaudo il Bus è stato multato dalla polizia municipale, dopo che gli era stato revocato il permesso di sosta, regolarmente richiesto e pagato nei giorni precedenti. Questo perché a poche ore dall’arrivo nel capoluogo piemontese è arrivato il provvedimento di revoca della concessione per l’occupazione del suolo pubblico, voluto dall’Assessore alle Pari Opportunità Marco Alessandro Giusta, già Presidente di Arcigay Torino. La decisione dell’esponente della giunta Appendino (targata Cinque Stelle) si è basata su una delibera approvata mesi fa, che impegna la giunta comunale e la sindaca a non concedere spazi pubblici ad associazioni che non rispettano i principi della Costituzione e professano forme di fascismo, xenofobia, sessismo, omofobia e trans-fobia. Ovviamente chi decide se il tuo pensiero ricade in queste suddette categorie da silenziare è la stessa giunta comunale, che di conseguenza può usare pretesto dell’antifascismo come una clava per annientare qualsiasi voce fuori dal coro.
In questo caso il team di Generazione famiglia non ha voluto sottostare all’ingiusta imposizione del Comune ed ha raggiunto il luogo del ritrovo, ben felice di pagare una tassa sulla libertà di parola (la multa elevata dalla polizia municipale).
Degna di una riflessione anche la tappa di Bologna. L’ingresso in città è dovuto avvenire con la scorta delle forze dell’ordine in tenuta anti sommossa, poi, come da tradizione del capoluogo rosso, ad attendere il Bus c’erano collettivi di sinistra ed esponenti dei gruppi lgbt, che stavano occupando la piazza in cui il mezzo aveva il diritto di sostare. Il mezzo è stato quindi inizialmente dirottato in un altro luogo e, infine, l’incontro con i simpatizzanti si è tenuto solo grazie al cordone di polizia che ha tenuto a distanza il gruppo di esagitati.
Tutto bene invece a Cesena, dove nei mesi scorsi il comune ha tentato di far passare una memoria ad hoc per impedire un’eventuale passaggio del Bus della Libertà nella città romagnola.
Il Bus ha quindi girato sotto scorta ed è stato minacciato dalle autorità locali in diverse parti d’Italia. Un’iniziativa di libertà e autonomia che ha aiutato a rendere ancora più consapevoli i genitori circa il ruolo educativo che sono chiamati a svolgere. L’attivismo delle realtà associative pro family non può infatti sostituire le famiglie. Demandare ad altri la formazione della sfera affettiva è un lusso che non può più permettersi nessuno.
Marco Guerra
La Nuova Bussola Quotidiana, 1 marzo 2018