Papa Francesco: “Quell’infemiera italiana che mi ha salvato la vita”

By 22 Marzo 2018Salute

«Non dimenticatevi della medicina delle carezze» ha ricordato il Papa gli infermieri: prendetevi cura di uomini, donne, bambini e anziani in ogni fase della loro vita.

La professionalità degli infermieri “non si manifesta solo in ambito tecnico, ma anche e forse ancor più nella sfera delle relazioni umane”, ed “è proprio in questa sintesi di capacità tecniche e sensibilità umana che si manifesta in pieno il valore e la preziosità del vostro lavoro”. Così il Papa agli infermieri della neonata federazione Fnopi. “Prendendovi cura di donne e di uomini, di bambini e anziani, in ogni fase della loro vita, dalla nascita alla morte, siete impegnati in un continuo ascolto, teso a comprendere quali siano le esigenze di quel malato” e poi ha aggiunto, a braccio: “Non dimenticatevi della medicina delle carezze. È tanto importante. Una carezza, un sorriso è pieno di senso per i malati. È semplice il gesto, ma porta su. Si sente accompagnato, sente vicina la guarigione, si sente persona, non un numero. Non dimenticate”.
Secondo Francesco, “davanti alla singolarità di ogni situazione, infatti, non è mai abbastanza seguire un protocollo, ma si richiede un continuo – e faticoso! – sforzo di discernimento e di attenzione alla singola persona. Tutto questo fa della vostra professione una vera e propria missione, e di voi degli ‘esperti in umanità’, chiamati ad assolvere un compito insostituibile di umanizzazione in una società distratta, che troppo spesso lascia ai margini le persone più deboli, interessandosi solo di chi ‘vale’, o risponde a criteri di efficienza o di guadagno”.
“Proprio la tenerezza: la tenerezza è la “chiave” per capire l’ammalato. Con la durezza non si capisce l’ammalato. La tenerezza è la chiave per capirlo, ed è anche una medicina preziosa per la sua guarigione. E la tenerezza passa dal cuore alle mani, passa attraverso un “toccare” le ferite pieno di rispetto e di amore.
Anni fa, un religioso mi confidò che la frase più toccante che gli era stata rivolta nella vita era quella di un malato, che egli aveva assistito nella fase terminale della sua malattia. “La ringrazio, padre – gli aveva detto – perché lei mi ha sempre parlato di Dio, pur senza nominarlo mai”: questo fa la tenerezza. Ecco la grandezza dell’amore che rivolgiamo agli altri, che porta nascosto in sé, anche se non ci pensiamo, l’amore stesso di Dio.
Non stancatevi mai di stare vicini alle persone con questo stile umano e fraterno, trovando sempre la motivazione e la spinta per svolgere il vostro compito. Siate anche attenti, però, a non spendervi fino quasi a consumarvi, come accade se si è coinvolti nel rapporto coi pazienti al punto da farsi assorbire, vivendo in prima persona tutto ciò che accade loro. Quello che svolgete è un lavoro usurante, oltre che esposto a rischi, e un eccessivo coinvolgimento, unito alla durezza delle mansioni e dei turni, potrebbero farvi perdere la freschezza e la serenità che vi sono necessarie”, ha aggiunto papa Francesco.
Ai 6.500 infermieri raccolti in Sala Nervi il Papa ha anche detto: “Un altro elemento che rende gravoso e talora insostenibile lo svolgimento della vostra professione è la carenza di personale, che non può giovare a migliorare i servizi offerti, e che un’amministrazione saggia non può intendere in alcun modo come una fonte di risparmio”.
Infine un ricordo personale: “Col vostro permesso vorrei rendere omaggio a un’infermiera che mi ha salvato la vita. È un’infermiera, suora – ha proseguito -. Una suora italiana, domenicana, che è stata inviata in Grecia come professoressa, molto colta, ma anche infermiera. Poi è andata in Argentina, e quando io a vent’anni ero vicino alla morte, è stata lei a dire ai dottori a discutere con loro, questo sì, quest’altro di più: e grazie a queste cose io sono sopravvissuto”. La ringrazio tanto – ha detto ancora Francesco, che aveva raccontato l’episodio, legato a una polmonite non diagnosticata, nel dicembre 2016 ricevendo malati e personale dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù -. La ringrazio e vorrei nominarla qui davanti a voi: suor Cornelia Caraglio. Una brava donna. Anche coraggiosa, al punto di discutere con i medici, umile ma sicura di quello che faceva”. “E tante vite, tante vite si salvano per voi – ha concluso il Pontefice tra gli applausi dei presenti – perché state tutto il giorno lì e vedete cosa accade con il malato. Grazie di tutto questo!”.

Redazione Internet
Avvenire.it, 3 marzo 2018