Sputava su chi andava a Messa. Ora è sacerdote

By 24 Marzo 2018Testimoni

Per lui la Chiesa era una multinazionale con filiali in ogni quartiere per togliere denaro ai fedeli.

Dopo un’infanzia e un’adolescenza anticlericali e segnate dall’odio nei confronti della Chiesa, quello che oggi è il sacerdote Juan José Martínez rivela come ha scoperto che Dio esiste e lo voleva come sacerdote.
“La domenica mattina mi affacciavo alla finestra di casa e mia, e quando passavano le persone per andare a Messa sputavo loro addosso. Dicevo loro che la Chiesa era una setta che voleva il loro denaro”, ha confessato il presbitero della diocesi spagnola di Almería.
I suoi genitori non erano credenti e lui non aveva ricevuto alcuna formazione religiosa, ma assicura di non essere stato educato nell’intolleranza, confessando di non sapere da dove provenissero quelle sue idee, perché la percezione che aveva della Chiesa e di Dio era quella di una “multinazionale con filiali in ogni quartiere per togliere denaro, come una setta”.
“Ero assolutamente anticlericale”, ha ricordato. “Sono stato il primo allievo della mia scuola, nella città di Carboneras, Almería, a non aver mai studiato Religione, perché a 8 o 9 anni ho scelto la materia alternativa, che era Etica. Negli anni successivi ho iniziato a cercare di convincere i miei amici ad abbandonare la lezione di Religione per venire a Etica con me. Alla fine tutta la mia classe ha finito per studiare Etica, nessuno ha scelto Religione”.
Ma quello che non avrebbe mai immaginato è che l’obiettivo del suo cammino sarebbe stato aiutare i suoi amici a tornare alla Chiesa.
Padre Juan José ricorda perfettamente il primo giorno in cui è entrato in una chiesa cattolica: “Ci sono andato per ridere delle persone che mi avevano invitato”.
“Nel gennaio 1995, alcuni amici della mia classe mi hanno invitato a un gruppo di preghiera del Rinnovamento Carismatico Cattolico in parrocchia. Ovviamente ho detto che non volevo andare perché non volevo che mi facessero il lavaggio del cervello. Hanno institito per un mese, e alla fine un giovedì, nel febbraio 1995, sono andato in chiesa. Era la prima volta che entravo in una chiesa”.

Una scatola dorata
In chiesa c’erano molti suoi amici, ed è rimasto sorpreso perché “tutti guardavano una scatola dorata collocata sull’altare. Non sapevo cosa fosse, ma pensai che fosse il posto in cui il parroco teneva il denaro”.
Ma era ben lungi dalla realtà. Quella scatola dorata era il tabernacolo.
Padre Juan José confessa che quel giorno è andato in chiesa per deridere, perché “pensavo che fossero pazzi. Ho riso molto di loro, pur essendo educato e non facendomi vedere. Ma ho deciso di tornare il giovedì successivo per continuare a deriderli”.
E così padre Juan José ha iniziato a ripensare ai suoi preconcetti relativi alla Chiesa e alla religione.
“Pensavo che il parroco fosse un uomo molto sensato che aiutava le persone”, ha spiegato al Gruppo ACI. E a poco a poco l’amore di Dio è entrato nel suo cuore.
“Avevo 15 anni e ho iniziato a cantare a Messa, il che mi obbligava a partecipare alla Messa il sabato. Mi piaceva stare davanti al tabernacolo, e a poco a poco ho capito che Dio esisteva e mi amava. Ho sentito l’amore di Dio. Il gruppo del Rinnovamento Carismatico che deridevo mi ha aiutato molto”.
“I miei occhi hanno iniziato ad aprirsi, e ho visto che Dio non era una leggenda o una favola per persone deboli, ma esisteva e mi sosteneva. Ho sentito che mi amava tanto da volermi per Lui e mi chiamava”.
“Sono tuo per quello che serve”
Padre Juan José è stato battezzato e ha ricevuto la Prima Comunione su richiesta dei suoi nonni, ma non aveva avuto un rapporto con Dio. “Ho ricevuto il sacramento della Cresima durante il processo di conversione, ed è stato un vero dono. Quel giorno ho detto al Signore: ‘Sono tuo per quello che serve’. Mia madre ha partecipato alla cerimonia, ma mio padre no. Ho vissuto un momento unico nella mia vita ricevendo lo Spirito Santo e confidando nel Signore”.
Per alcuni mesi il ragazzo ha resistito alla chiamata a diventare sacerdote. “Dicevo al Signore che non volevo problemi, che non mi parlasse. Fino al momento in cui ho dovuto fare una scelta e ho deciso di seguirlo, di essere sacerdote”.
Un sabato pomeriggio, quando aveva17 anni, il futuro padre Juan José ha detto al padre che voleva andare in seminario. Il padre lo ha picchiato e ha detto che sarebbe diventato sacerdote “solo passando sopra il suo cadavere”.
“È stato molto difficile per la mia famiglia, perché sono sempre stati genitori eccellenti, volevano il meglio per me e mio fratello. Ma non capivano che volevo diventare sacerdote. Mio padre ha proposto di pagarmi gli studi in un’università degli Stati Uniti, ma ha detto che non avrebbe mai pagato il seminario”.
In quel momento complicato, padre Juan José ricorda che aveva in testa solo la preghiera di Santa Teresa di Gesù: “Nulla ti turbi, nulla ti spaventi… solo Dio basta”. Quando il padre ha smesso di gridargli contro, il ragazzo lo ha abbracciato e ha detto: “Sapevo che avresti reagito così, ma so anche che un giorno capirai”.

“Benvenuto”
Il padre è arrivato a minacciare di denunciare il parroco alla polizia se avesse continuato ad aiutare il figlio a discernere la vocazione. “Mio padre aveva molta forza, ma il Signore è più forte, e allora il Signore lo ha sopportato”, ha raccontato il sacerdote con umorismo.
Padre Juan José non ha potuto entrare in seminario per via dell’opposizione paterna, e quindi ha iniziato a studiare Educazione all’università di Almería. Per qualche anno è stato paziente ed è rimasto fedele alla sua vocazione sacerdotale. Un giorno del maggio 1999, ricorda, sua madre gli ha detto che aveva parlato con il padre, che aveva finalmente permesso che entrasse in seminario. “Ho iniziato a piangere tantissimo. Ricordo che quando l’ho raccontato al parroco mi ha detto ‘Benvenuto’ e mi ha dato un forte abbraccio”.
Nel settembre del 2000 Juan José è finalmente entrato in seminario.
Nel 2006 è stato ordinato nella cattedrale di Almería, e il padre ha partecipato alla cerimonia. “Non volva assolutamente che diventassi sacerdote, ma mi vedeva felice, e pur essendo totalmente anticlericale ha capito che la felicità di suo figlio era più importante della sua ideologia e che se ero felice, anche se lui non capiva, doveva accettare”.
Due anni fa, ha ricordato, “prima che morisse gli ho amministrato l’unzione dei malati”.
“Quando qualcuno mi dice che non crede in Dio rispondo sempre che anch’io non ci credevo, ma sbagliavo, perché ho scoperto la vera felicità che Gesù mi ha dato. Se non siete felici, chiedete al Signore di aiutarvi, perché solo Lui vi darà la felicità di cui ha bisogno il vostro cuore”.
[Traduzione dal portoghese a cura di Roberta Sciamplicotti]

ACI Digital, 9 marzo 2018