In tempi di fake news, sarebbe opportuno chiedersi come funziona “la notizia”. Risponde Marcello Foa nel suo ultimo libro, “Gli stregoni della notizia. Atto secondo”.
Se siete tra coloro che, in tempi di fake news e discorsi sull’influenza dei social networks, si sono mai chiesti come siano selezionate le notizie che appaiono la mattina sui quotidiani, e la sera sui telegiornali, l’ultimo libro di Marcello Foa, Gli stregoni della notizia. Atto secondo (Guerini e associati, 2018) dovrebbe risvegliare il vostro interesse, scritto da un professionista che ha iniziato la sua carriera al servizio esteri de Il Giornale ai tempi di Montanelli e continua adesso il suo percorso tra Milano e la Svizzera, dove è amministratore delegato del Corriere del Ticino.
Al di là dell’immaginario popolare, fatto di redazioni colluse con gli interessi dell’editore o, alternativamente, di giornalisti d’inchiesta indipendenti e spericolati, con la seconda edizione di questo volume, già apparso nel 2006 e aggiornato con riferimento agli ultimi 10 anni, Foa mette bene in luce i meccanismi che presiedono alla diffusione e alla circolazione delle news a livello mondiale e locale, mostrando come questi meccanismi siano meccanismi obiettivi e spiegando come sia possibile che alcune notizie conquistino incredibile attenzione a livello mondiale per poi scomparire improvvisamente dall’orizzonte mediatico, salvo poi riaffiorare in forme diverse e alterate a distanza di tempo, con tutt’altri connotati. E molto altro.
Certo, si può parlare in generale di tecniche di manipolazione dell’opinione pubblica e di gestione dello spin delle notizie (gli spin doctors che abbiamo imparato a conoscere), e il volume di Foa è ricco di storie ed eventi anche recentissimi, ma in realtà anche le manipolazioni mediatiche presuppongono una conoscenza (una raffinata conoscenza, dovremmo dire) della struttura attraverso cui le notizie vengono fabbricate e diffuse, che è molto più semplice facile da cogliere, nel suo funzionamento, di quanto non appaia.
Ed è la descrizione di questa struttura, affascinante nella sua logica semplicità, a costituire, per il lettore medio, uno dei maggiori punti d’interesse del volume di Foa. Secondo Foa le notizie, che siano notizie su fatti (l’alluvione o il terremoto in qualche parte del mondo) o su eventi mediatici appositamente costruiti (l’intervista o la conferenza stampa rilasciata da Tizio), vengono letteralmente create e diffuse da una struttura centralizzata composta da una manciata di agenzie internazionali che aprono o chiudono, al vertice della piramide mondiale, i cancelli (gates li chiama Foa) del flusso informativo mondiale. A loro volta questi cancelli lasciano correre il flusso al livello più basso e largo della piramide — le agenzie di stampa nazionali — a cui attingono i quotidiani nazionali, giù giù fino a scendere al più piccolo quotidiano locale. Ciascuno di questi nodi della piramide dell’informazione apre o chiude i cancelli della notizia, fino a generare una corrente a cascata che da un vertice in alto si allarga ai livelli più bassi, fino a coprire l’intero sistema dell’informazione mondiale. Per cui è facile capire che una notizia che proviene da tutti i livelli più alti è una notizia vera e indiscutibile; se alcuni cancelli si aprono, mentre altri restano chiusi, la notizia comincia a diventare problematica o bisognosa di conferma. O non merita di essere diffusa.
L’altro punto rilevante nello schema esposto da Foa è la tesi per cui tutta l’informazione è, di per sé, informazione “istituzionale”. E’ frutto cioè dell’operato degli uffici stampa delle maggiori istituzioni mondiali — dai governi nazionali alle grandi realtà finanziarie, per scendere ai livelli istituzionali più bassi — il cui compito è quello di rifornire continuamente i nodi al vertice della piramide di notizie affinché possano essere diffuse secondo lo schema di base, eventualmente annegando il sistema di informazioni.
Ed è qui, evidentemente, che stanno le possibilità di manipolazione e gli interventi di spin: e cioè nella possibilità di selezionare le notizie e nella possibilità di connotarle in un senso o nell’altro all’atto di immetterle nella piramide informativa disegnata da Foa. Da una parte i fornitori di notizie non sono solo governi ed enti governativi o istituzioni imprenditoriali o finanziarie, ma sempre più istituzioni private “indipendenti”, e cioè centri di ricerca, Ong e Quango’s della cui indipendenza in realtà sembra sempre più lecito dubitare. Dall’altra parte chi immette le notizie nel flusso ha la possibilità di presentare la notizia secondo canoni controllati, impacchettandola o distorcendola secondo obiettivi propri. Controlla, cioè, non solo il cosa, ma anche il come quella cosa deve essere presentata e descritta.
Il volume diventa così una storia della costruzione di questa piramide nel tempo, dall’America degli anni Dieci del 900 al passato più prossimo, passando per le campagne “pro fumo” degli anni Venti, dove l’immagine scioccante della donna che fuma diventa sinonimo di indipendenza ed anticonformismo, per l’America del Watergate e di Carter, per il sistema di immagini veicolato da Hollywood nell’America di Reagan, fino ad arrivare al Blair di dieci anni fa e, per l’Italia, ai casi Berlusconi e Renzi. E Macron in Francia.
In tutti i casi esaminati il problema è sempre quello di costruire il frame, ossia la cornice in cui deve essere inquadrato ogni evento successivo, fino a far scattare nel destinatario meccanismi di assimilazione o di opposizione. E si capisce che, all’interno di questa struttura, anche il singolo giornalista finisce con l’essere soltanto un ingranaggio di rilevanza limitata rispetto ad un processo enormemente più ampio, che non può essere controllato. Perché un giornale dovrebbe omettere una notizia che tutti gli altri riportano? E perché un direttore dovrebbe opporsi al flusso delle informazioni rilanciato dalle agenzie stampa in tutto il mondo? Non perderebbe di obiettività se la omettesse? Scatta così un meccanismo, più o meno consapevole, di assimilazione tra testate che genera quello sgradevole effetto di uniformità nell’informazione che condiziona e narcotizza innanzi tutto chi nell’informazione ci lavora.
Dura per sempre la magia del gioco di specchi illustrato e smontato da Foa? Il lato divertente del libro è l’ammonimento con cui si chiude la descrizione delle tecniche di spin, italiane ed europee, degli ultimi anni. Se lo spin è una magia amministrata da esperti stregoni — gli “stregoni della notizia” del titolo — cui inevitabilmente si ricorre per costruire una carriera politica, è vero che questa magia può sfuggire dal controllo e scoppiare rovinosamente proprio nelle mani di chi la gestisce, secondo uno schema che da Faust arriva a Topolino apprendista stregone. Quando la forzatura implicita nello spin diviene troppo evidente; quando cioè la narrazione conformata ed addomesticata finisce con l’urtare in modo troppo netto e ripetuto con la realtà quotidiana, sperimentata dai destinatari della notizia — e cioè ciascuno di noi — il giocattolo si rompe. E la perdita di credibilità conseguente alla rottura dello specchio genera semmai un effetto di ripulsa verso quei personaggi o quegli eventi che le tecniche di comunicazione hanno favorito o, addirittura, costruito a tavolino, convertendosi nell’esatto contrario. Quando quel momento arriva ogni riproposizione degli schemi antichi genera un effetto praticamente opposto. E, quel che più è interessante, genera perdita di credibilità non solo del beneficiario dello spin, ma anche dei mezzi di comunicazione che lo hanno sostenuto.
Sulla base di questo passaggio il discorso dovrebbe e potrebbe ampliarsi con facilità alla crisi della comunicazione ufficiale (i media mainstream); al sorgere dell’informazione indipendente (bloggers e giornali on line); alle campagne contro le fake news come strumento per recuperare credibilità, ai canali di comunicazione ufficiale; al problema della censura e della informazione “amministrata”; alla riduzione dell’attività politica ad attività di comunicazione (“abbiamo fatto molto e bene, ma non abbiamo saputo comunicare quanto di buono abbiamo fatto”). E ci si potrebbe chiedere se tutti questi fenomeni non siano in qualche modo correlati alla diffusione uniforme — e all’uso massiccio ed esasperato — delle tecniche di spin nel sistema della comunicazione degli ultimi vent’anni, fino a costituirne una conseguenza. Ma tutto questo, per quanto accennato, va al di là delle intenzioni di Foa, che nel suo libro, curatissimo e dettagliato, si limita a spiegarci come funziona lo spin. Il punto è che questo è già molto e basta a farci guardare con occhio diverso e, vien da dire, più consapevole alle notizie che riceviamo. E al modo in cui sono costruite.
Alessandro Mangia
Il Sussidiario.Net. 19 marzo 2018