L’acqua, nel mondo e in Italia, si adopera male e forse peggio di prima. Certo, le iniziative per un uso più avveduto delle dotazioni idriche ci sono – e proprio nel corso della Giornata sono state elogiate e portate ad esempio -, ma i tubi di tutto il mondo continuano a perdere un mare prezioso che potrebbe ristorare la sete di campi e persone. Così come permangono i conflitti scatenati in nome dell’acqua.
Un tesoro quasi buttato, una risorsa sprecata, un patrimonio sperperato. Se si guarda all’indomani della Giornata mondiale dell’acqua nulla è cambiato. L’acqua, nel mondo e in Italia, si adopera male e forse peggio di prima. Certo, le iniziative per un uso più avveduto delle dotazioni idriche ci sono – e proprio nel corso della Giornata sono state elogiate e portate ad esempio -, ma i tubi di tutto il mondo continuano a perdere un mare prezioso che potrebbe ristorare la sete di campi e persone. Così come permangono i conflitti scatenati in nome dell’acqua. E non solo lontano da noi, ma anche in casa nostra: per capire, basta pensare all’eterna diatriba fra usi civili e usi produttivi delle risorse idriche, fra case e campi, fra persone e animali.
I numeri stanno lì come al solito per sintetizzare in poco spazio l’argomento. Guardiamo all’Italia. Il quadro che si delinea ha – apparentemente -, del contraddittorio. Secondo l’Istat, per esempio, nel 2017 lo Stivale ha vissuto una crisi idrica eccezionale. I quattro bacini idrografici più importanti del Paese (Po, Adige, Arno e Tevere) hanno registrato un abbassamento delle portate medie annuali di quasi il 40% rispetto alla media del trentennio 1981-2010. Italia a secco, dunque. O forse no. Contemporaneamente infatti il Cnr, con l’Istituto di ricerca sulle acque (Irsa), ha spiegato come “il consumo di acqua sia cresciuto del 600% dal secolo scorso” e di come il Paese abbia “circa 7.841 corpi idrici superficiali significativi, 534 grandi invasi (dei quali però 89 non hanno mai funzionato) e oltre 8.000 piccoli invasi”. Certo, è stato precisato, se la siccità assume livelli oltre misura tutto questo non è sufficiente.
Ma che l’Italia sia perennemente a secco non è vero.
Lo ha sottolineato, con ragione, Coldiretti ricordando che “l’Italia è un Paese piovoso con circa 300 miliardi di metri cubi d’acqua che cadono annualmente”. Il problema non sta quindi nella quantità d’acqua che ci arriva dal cielo, ma nell’uso che di questa viene fatto. Sempre Coldiretti ha ricordato a tutti che di fatto per le carenze infrastrutturali, dell’acqua che arriva “se ne trattiene solo l’11%”. Detto in altri termini, “quasi 9 litri di pioggia su 10 sono perduti”.
Acqua preziosa, dunque. E anche economicamente cara. Secondo Cittadinanzattiva, la spesa media annuale per la bolletta idrica per una famiglia è di 408 euro. Senza contare, come hanno rilevato altri, che gli italiani diffidano dell’acqua del rubinetto e preferiscono quella in bottiglia: pagando ancora di più. Tutto tralasciando i mille guai di approvvigionamento dei centri urbani. C’è comunque un dato di fatto: sempre secondo l’Istat, l’Italia tra i 28 Paesi dell’Unione europea, “ha il maggiore prelievo annuo di acqua per uso potabile pro capite, 156 metri cubi per abitante”. Poi però c’è l’agricoltura, che l’acqua la usa per coltivare i campi e quindi per produrre alimenti per tutti. Ma non solo, perché proprio il “governo delle acque” dei tanti Consorzi di bonifica consente un uso razionale delle risorse idriche e argina, per quanto possibile, i disastri ambientali che si scatenano quando di acqua ne piove troppa. Anche qui però i problemi non mancano.
Alla base c’è quella che viene definita la tropicalizzazione del clima: crescita delle temperature, sfasamenti stagionali e soprattutto modificazione della distribuzione ed aumento dell’intensità delle piogge.
Coldiretti e Confcooperative sono d’accordo. È necessario intervenire con investimenti infrastrutturali decisi e continuativi. L’Associazione nazionale delle bonifiche e delle irrigazioni a questo proposito è da anni che ripropone un piano di opere che vale milioni di euro. Le parole d’ordine sono semplici: manutenzione, risparmio, recupero e riciclaggio delle acque. In effetti qualcosa è già stato fatto, ma non è sufficiente. Occorre accelerare, in attesa della Giornata dell’acqua del prossimo anno. E magari ripartendo dai concetti di base che valgono non solo per l’Italia: l’acqua è da una parte bene di consumo essenziale e dall’altra fattore di produzione determinante. Entrambi gli aspetti sono delicatissimi e toccano la produzione alimentare, l’inquinamento, la salute, l’equilibrio del territorio. Acqua dunque fattore strategico al pari dell’alta finanza, forse di più.
Andrea Zaghi
SIR, 27 marzo 2018