I rapidi progressi di intelligenza artificiale e genetica Pensate al famoso affresco michelangiolesco della Cappella Sistina, dove il dito del Creatore dà vita alla creatura. E immaginate una seconda trasmissione di vita dal dito della creatura a quella di un terzo essere/oggetto da lei creato (è il caso delle nuove generazioni di macchine con intelligenza artificiale, ma anche delle manipolazioni genetiche).
È questa la metafora presentata da uno dei giovani e più brillanti creatori di intelligenza artificiale alla recente assemblea plenaria del Pontificio Consiglio della Cultura. Nei prossimi anni i progressi delle tecnologie convergenti (nanotecnologie, biologia, information and communication technology e neuroscienze) promettono immensi sviluppi, di fronte ai quali l’umanità reagisce con un misto di fascino, spavento ed inquietudine. L’aspetto economico è forse quello che presenta problemi meno complessi da risolvere. Nessuna rivoluzione industriale precedente (siamo alla quarta) ha confermato le funeste previsioni delle Cassandre che temevano disoccupazione tecnologica di massa.
Anche stavolta non dovrebbe essere differente. Lo spirito dei tempi è però ben rappresentato in una promozione di un noto liceo romano, in cui si fa presente l’importanza di formare competenze e soft skills dei ragazzi perché «i mestieri che saranno chiamati a svolgere ancora non esistono». L’avvento dell’intelligenza artificiale sta rendendo infatti molte professioni obsolete, prevalentemente quelle caratterizzate da attività ripetitive e dunque più usuranti, ma non solo. Nonostante ciò, la piena occupazione sarà comunque sempre possibile, perché si tratta di un problema fiscale e non tecnologico. In altre parole, ogni rivoluzione tecnologica aumenta la ricchezza globale (come testimonia l’ininterrotta crescita del Pil globale) e la concentra nelle mani dei proprietari delle nuove tecnologie.
Vincendo la sfida di redistribuire la maggiore ricchezza creata, in modo tale che diventi potere d’acquisto diffuso, è possibile far partire nuove domande e nuove professioni. Se è vero che la rivoluzione tecnologica tenderà a ridurre enormemente fin quasi ad azzerare il costo di produzione di ogni unità addizionale di beni materiali, non per questo i beni e i servizi non avranno prezzo, perché in economia i prezzi non dipendono dai costi di produzione, ma dall’interazione tra domanda ed offerta. Al contrario, aumenterà moltissimo la domanda di qualità nel tempo libero e le prestazioni delle ‘superstar’ (gli specialisti più ricercati in ogni disciplina) avranno valore sempre più elevato per la domanda crescente e l’offerta limitata. Per competere con le macchine, i giovani dovranno sviluppare sempre di più competenze e soft skills migliorando le loro doti relazionali e di soluzione dei problemi. È probabile in un futuro prossimo che una nuova generazione di robot farà concorrenza anche alle nostre abilità relazionali, proponendo relazioni meno rischiose e costruite su misura dei desideri dei ‘clienti’.
A fronte di questo scenario, non privo di elementi inquietanti, dovremo competere con le macchine differenziandoci e specializzandoci. Le relazioni tra umani resteranno preziose e uniche, perché in esse sarà possibile provare il brivido della libertà di scelta, impossibile nel rapporto tra robot e persone. Benché la tecnologia sia percepita anche come un temibile avversario nella ricerca di lavoro, non osserviamo in questa rivoluzione industriale (almeno a oggi) forme di conflitto di tipo luddistico. Questo perché, a differenza di quanto avvenne per le prime macchine a vapore della produzione industriale, gli effetti benefici dei nuovi strumenti sono immediatamente percepibili dai consumatori.
Nessuno, in altri termini, si sogna di distruggere telefonini per protesta, essendo evidente a tutti che il loro possesso dà oggi accesso a un vero sesto senso che aumenta le nostre possibilità di interazione con la realtà. Sul fronte bioetico le questioni in gioco sono più sfumate e complesse.
Ormai sfugge solo a pochi che le tecnologie convergenti consentiranno di curare meglio l’umano, realizzare forme di umanità aumentata e persino di programmare le caratteristiche dei nuovi nati. Del primo punto dobbiamo soprattutto rallegrarci e già oggi possiamo godere di un nuovo portafoglio di tecnologie che consente di arrestare, ad esempio, la crescita delle metastasi rendendo molte forme avanzate di tumore da mortali a croniche. Il terzo punto è sicuramente più inquietante, perché apre la grave questione delle manipolazioni genetiche e dell’eugenetica. La conclusione più importante di fronte a queste rivoluzioni è che l’etica non può farsi sorprendere e trovare impreparata. Per questa ragione, anche se alcuni scenari prossimi venturi appaiono a molti ancora lontani, è doveroso iniziare ad analizzarne le implicazioni morali.
Leonardo Becchetti
Avvenire.it, 8 aprile 2018