L’occidente è malato e il morbo che da tempo l’attanaglia “è il relativismo, cioè l’incapacità di dire che qualcosa è oggettivamente giusto o oggettivamente sbagliato”. E’ stato chiaro, parlando qualche giorno fa a New York, il cardinale Péter Erdo, dal 2002 arcivescovo di Budapest e primate d’Ungheria, uno dei paesi più in rotta con Bruxelles circa la strada da percorrere per determinare il futuro dell’Unione. Erdo – che è stato anche presidente delle Conferenze episcopali europee e Relatore generale all’ultimo Sinodo dei vescovi, quello sulla famiglia – ha parlato alla Columbia University, dove ha tenuto la Bampton lecture. “Il relativismo è all’origine della grave crisi che caratterizza gli stati moderni secolari. Senza un fondamento nella legge naturale, le società diventano instabili e il male morale diviene ammissibile”. Una fotografia cupa, la sua, la quale più che nel pessimismo affonda le radici nel realismo: “E’ ormai divenuto difficile per lo stato decidere ciò che è buono per l’uomo, avendo smarrito ogni ancoraggio alla legge naturale e a una prospettiva religiosa. Indebolendo la fede nella razionalità del mondo le società perdono fiducia nelle istituzioni democratiche”. Ecco allora che “anche le maggioranze possono prendere decisioni sbagliate o dannose, soprattutto se il concetto di bene comune diventa incerto, dal momento che non c’è più consenso nemmeno sui fondamenti antropologici della legge”.
Non è un problema di ieri, ha aggiunto Erdo: il modello ha iniziato a cedere qualche secolo fa, prima in modo lento, quindi sempre più veloce. “Fino all’Illuminismo filosofico, le società erano governate efficacemente con l’idea chiara che la legge morale era basata su realtà trascendenti”. Fino all’Illuminismo, quindi, “la legge, la morale e la religione hanno formato un insieme organico, una caratteristica della società occidentale”. Poi, tutto è entrato in crisi. “Con l’avanzare del relativismo, la relazione tra religione, stato e visione del mondo è diventata un problema e la separazione della morale dalla legge ha portato alla creazione di leggi immorali”.
L’esempio citato dall’arcivescovo di Budapest sono le norme adottate dal governo nazista in Germania. Ma il discorso vale anche oltre la Cortina di ferro, perché “in Unione sovietica la religione e la morale sono state sostituite dall’ideologia marxista-leninista, e quando tale ideologia cadde si formò un vuoto morale che le nuove leadership tentarono di colmare con riferimenti religiosi e morali per la società”. Il problema è che “non erano per nulla infastiditi dalla presenza delle ideologie relativiste”. In occidente, ha detto il cardinale ungherese “l’umanità è testimone di uno scuotimento dei fondamenti antropologici della democrazia. Le democrazie occidentali – ha aggiunto – presumono che politici e partiti presentino e difendano i loro programmi politici su basi razionali e che cittadini maturi e responsabili facciano le loro scelte ed eleggano le persone usando argomentazioni razionali”. Un quadro che “oggi sembra un’utopia” visto che “l’immagine della realtà è diventata molto complicata”. Il grande tema della contemporaneità ha a che fare con “l’effetto che i progressi scientifici avranno sui diritti umani in assenza di un quadro morale e religioso che regoli la società”.
Matteo Matzuzzi
Da Il Foglio del 04/02/2018.