Il piccolo aveva una grave patologia epatica. È stato salvato grazie al trapianto di una porzione del fegato del padre. Entrambi sono stati dimessi e stanno bene.
Un bimbo di neanche un anno, con una grave patologia epatica, è stato salvato grazie al trapianto di una porzione del fegato del padre. È successo a Padova, nel Centro di chirurgia epatobiliare e trapianti di fegato dell’Azienda ospedaliera diretto dal professor Umberto Cillo. Il padre ha donato una parte del lobo sinistro del fegato, circa un quarto del totale.
La vicenda è raccontata dal Gazzettino. Nel Centro nel 2017 sono stati realizzati 109 trapianti da donatore cadavere e uno da donatore vivente, quello del padre che si è sacrificato per il figlio malato di atresia biliare.
Tutto iniziato quando i sanitari capiscono che il piccolo (10 chili di peso) ha bisogno di un trapianto urgente e si scopre che non ci sono organi disponibili. Il papà accetta di donare il lobo sinistro del suo fegato e lo staff del professor Cillo ottiene il via libera dal Ministero della Salute per eseguire l’operazione.
Padre e figlio sono stati dimessi dopo una breve degenza e stanno bene. A Padova non è il primo caso di donazione da vivente: nel 1997 un ferroviere croato donò parte del suo fegato al figlio malato di tumore, salvandolo.
Il Centro nazionale trapianti si è congratulato con il professor Cillo e tutta la sua équipe “per il risultato di questo intervento di alta complessità. Esprimiamo i più vivi complimenti – sottolinea il Cnt – anche all’Assessorato alla Salute della Regione Veneto e all’Azienda Ospedaliera di Padova che si conferma quale eccellenza del nostro sistema, in termini di qualità delle cure offerte e dell’alto numero di trapianti eseguiti. Nell’occasione, ricordiamo che nel nostro Paese si svolge una regolare attività trapiantologica su pazienti pediatrici sia da donatore deceduto che, come nel caso di Padova, da donatore vivente. Negli ultimi anni, grazie ad un protocollo specifico è stato possibile diminuire la lista di attesa per i piccoli pazienti che necessitano un trapianto di fegato. Questo protocollo, infatti, prevede che il fegato di ogni donatore deceduto sotto i cinquanta anni di età venga suddiviso in due porzioni (tecnicamente si chiama “split”) per consentire due trapianti: il primo in favore di un ricevente adulto, il secondo per un paziente pediatrico”.
Redazione Internet
Avvenire.it, 16 aprile 2018