In questa Pillola di Saggezza rifletteremo sul “Purgatorio” che non è un Novissimo ma, come vedremo, uno stato di purificazione che la maggioranza dei defunti vivono prima di essere ammessi in Paradiso per contemplare eternamente Dio.
Cos’è il purgatorio
Il purgatorio, proposto dalla Chiesa come dogma di fede, è una condizione di sofferenza temporanea e il luogo di purificazione per chi pur essendo morto in pace con Cristo deve scontare delle pene prima di essere ammesso alla visione di Dio in paradiso.
E’ dunque un luogo di speranza poiché ci mostra che non solo “i perfetti” potranno vivere per sempre in comunione con Dio, realizzando come abbiamo già affermato in precedenza, il desiderio primordiale presente nel cuore di ogni uomo.
Ovviamente, il purgatorio, non è un luogo posto fra le nuvolette, a metà strada fra la terra e il paradiso, dove si chiacchiera e si beve il caffè, come mostra una pubblicità, poiché nessuno sa dirci esattamente com’è. Per conoscere qualche elemento in più dobbiamo riferirci ai santi che ebbero, come dono di Dio, delle visioni.
Noi faremo riferimento a santa Caterina da Genova (1447-1510) che in vita fu un “gigante della carità” ed è conosciuta anche con il titolo di “Dottoressa del purgatorio” avendo scritto il “Trattato sul purgatorio”, riportando alcune visioni di questo “stato”. Papa Benedetto XVI, nell’Udienza Generale del 12 gennaio 2011, utilizzò alcuni passaggi dei suoi scritti per rivisitare il purgatorio, superando immagini errate anche oggi presenti. Affermò il Pontefice: “Nella visione di Caterina il purgatorio non è presentato come un elemento del paesaggio delle viscere della terra: è un fuoco non esteriore, ma interiore. Questo è il purgatorio, un fuoco interiore. La Santa parla del cammino di purificazione dell’anima verso la comunione piena con Dio, partendo dalla propria esperienza di profondo dolore per i peccati commessi, in confronto all’infinito amore di Dio (…). L’anima – dice Caterina – si presenta a Dio ancora legata ai desideri e alla pena che derivano dal peccato, e questo le rende impossibile godere della visione beatifica di Dio. Caterina afferma che Dio è così puro e santo che l’anima con le macchie del peccato non può trovarsi in presenza della divina maestà (…). L’anima è consapevole dell’immenso amore e della perfetta giustizia di Dio e, di conseguenza, soffre per non aver risposto in modo corretto e perfetto a tale amore, e proprio l’amore stesso a Dio diventa fiamma, l’amore stesso la purifica dalle sue scorie di peccato”.
Per approfondire maggiormente il tema faremo riferimento ora alle Sacre Scritture e al alcuni documenti del Magistero.
Le Sacre Scritture
Secondo libro dei Maccabei 12,43-45
“Il nobile Giuda esortò tutti quelli del popolo a conservarsi senza peccati, avendo visto con i propri occhi quanto era avvenuto per il peccato dei caduti. Poi fatta una colletta, con tanto a testa, per circa duemila dramme d’argento, le inviò a Gerusalemme perché fosse offerto un sacrificio espiatorio, agendo così in modo molto buono e nobile, suggerito dal pensiero della risurrezione. Perché se non avesse avuto ferma fiducia che i caduti sarebbero risuscitati, sarebbe stato superfluo e vano pregare per i morti. Ma se egli considerava la magnifica ricompensa riservata a coloro che si addormentano nella morte con sentimenti di pietà, la sua considerazione era santa e devota. Perciò egli fece offrire il sacrificio espiatorio per i morti, perché fossero assolti dal peccato”.
Giuda, un fratello Maccabeo, invitò gli Ebrei a pregare per i loro caduti sul cui corpo erano stati trovati oggetti consacrati agli idoli, perchè il Signore perdonasse il loro peccato.
Prima lettera di san Paolo ai Corinzi 3,12-15
“E se, sopra questo fondamento, si costruisce con oro, argento, pietre preziose, legno, fieno, paglia, l’opera di ciascuno sarà ben visibile: la farà conoscere quel giorno che si manifesterà col fuoco, e il fuoco proverà la qualità dell’opera di ciascuno. Se l’opera che uno costruì sul fondamento resisterà, costui ne riceverà una ricompensa; ma se l’opera finirà bruciata, sarà punito: tuttavia egli si salverà, però come attraverso il fuoco”.
In questo testo complesso esegeticamente quello che ci interessa sottolineare è che Paolo indica il purgatorio per coloro che operano per vanità.
Il Magistero della Chiesa
-Concilio di Firenze (VI secolo): “Inoltre se gli uomini avendo fatto veramente penitenza moriranno nella carità di Dio, prima d’aver soddisfatto con frutti degni di penitenza per i peccati di commissione e di omissione, le loro anime dopo la morte sono purificate con pene purgatorie e per essere liberate da queste pene giovano a loro i suffragi dei fedeli viventi, cioé il sacrificio della messa, le preghiere e le elemosine e le altre pratiche di pietà che si usano fare secondo le istituzioni della Chiesa da parte di fedeli in favore di altri fedeli” (DS 721).
-Concilio di Trento (XVI secolo): “Poiché la chiesa cattolica, istruita dalla Spirito Santo, in conformità alle sacre Scritture e all’antica tradizione, nei sacri concili, e più di recente in questo concilio ecumenico, ha insegnato che il purgatorio esiste e che le anime ivi trattenute possono essere aiutate dai suffragi dei fedeli e soprattutto col santo sacrificio dell’altare, il santo sinodo prescrive ai vescovi di vigilare con zelo perché la sana dottrina sul purgatorio, trasmessa dai santi padri e dai sacri concili, sia creduta, conservata, insegnata e predicata ovunque” (DS 1820).
-Concilio Vaticano II, Costituzione “Lumen Gentium”: “Fino a che, dunque, il Signore non verrà nella sua gloria.., alcuni dei suoi discepoli saranno pellegrini sulla terra, altri passati da questa vita, stanno purificandosi, e altri godono della gloria contemplando chiaramente Dio uno e trino, Quale Egli è; tutti però, sebbene in grado e modo diverso, comunichiamo alla stessa carità di Dio e del prossimo e cantiamo al nostro Dio lo stesso inno di gloria” (n. 49)
-Paolo VI, Professione di Fede (o Credo del Popolo di Dio): “Noi crediamo che le anime di tutti coloro che muoiono nella grazia di Cristo, sia che debbano ancora essere purificate nel purgatorio, sia che dal momento in cui lasciano il proprio corpo siano accolte da Gesù nel paradiso come Egli fece per il buon ladrone, costituiscono il popolo di Dio nell’aldilà della morte la quale sarà definitivamente sconfitta nel giorno della risurrezione quando queste anime saranno riunite ai propri corpi“.
Come sintesi proponiamo quello che afferma il Catechismo della Chiesa Cattolica.
“Coloro che muoiono nella grazia e nell’amicizia di Dio, ma sono imperfettamente purificati, sebbene siano certi della loro salvezza eterna, vengono però sottoposti, dopo la loro morte, ad una purificazione, al fine di ottenere la santità necessaria per entrare nella gioia del cielo” (n. 1030).
“La Chiesa chiama purgatorio questa purificazione finale degli eletti, che è tutt’altra cosa dal castigo dei dannati. La Chiesa ha formulato la dottrina della fede relativa al purgatorio soprattutto nei Concili di Firenze e di Trento. La Tradizione della Chiesa, rifacendosi a certi passi della Scrittura, parla di un fuoco purificatore: ‘Per quanto riguarda alcune colpe leggere, si deve credere che c’è, prima del giudizio, un fuoco purificatore; infatti colui che è la Verità afferma che, se qualcuno pronuncia una bestemmia contro lo Spirito Santo, non gli sarà perdonata né in questo secolo, né in quello futuro (Mt 12,32). Da questa affermazione si deduce che certe colpe possono essere rimesse in questo secolo, ma certe altre nel secolo futuro’ (San Gregorio Magno, Dialogi, 4, 41, 3: SC 265, 148)” (n. 1031).
Ricordiamoci dei nostri defunti
Come abbiamo potuto notare, la Tradizione della Chiesa, insiste sull’importanza del ricordo per i defunti, poiché la sorte dei morti che si stanno “purificando in purgatorio” è condizionata anche dalle nostre preghiere, dalle nostre elemosine, dalle nostre penitenze. Richiamare alla mente i nostri defunti è un atto di autentica solidarietà e di amore poiché li affidiamo alla clemenza, alla benignità e alla misericordia di Dio. A tale riguardo Sant’Agostino riferisce che sua madre Monica, prima di morire, gli aveva raccomandato: “Seppellite pure questo mio corpo dove volete, senza darvi pena. Di una sola cosa vi prego: ricordatevi di me, dovunque siate, dinanzi all’altare del Signore” (Confessioni 9, 11,27). Ciò significa che non è sufficiente visitarli al cimitero ma dobbiamo far celebrare delle Messe, particolarmente nell’anniversario della morte, essendo la Messa il miglior suffragio per le anime del Purgatorio. Affermò san Tommaso: “Le anime del purgatorio sono sollevate dai suffragi dei fedeli, ma soprattutto dal prezioso sacrificio dell’altare”.
E, “dona loro, o Signore, e a tutti quelli che riposano in Cristo la beatitudine, la luce e la pace”.
Don Gian Maria Comolli
(quinta continua)