Il Paradiso
Siamo giunti all’ultimo Novissimo che riguarda il Paradiso.
Il Nuovo Testamento e il Paradiso.
Il Signore Gesù più volte ha parlato del Paradiso anche senza nominarlo: “Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; e chiunque vive e crede in me, non morrà mai” (Gv. 11,25-26); “Se uno mi serve, mi segua; e là dove son io, là sarà anche il mio servitore”(Gv. 12,26); “Nella casa del Padre mio ci sono molti posti” (Gv. 14,2); infine al ladrone pentito promette: “Io ti dico che oggi tu sarai con me in paradiso” (Lc. 23,43).
San Giovanni nel Libro dell’Apocalisse lo cita tre volte mediante le immagini dell’albero della vita e del luogo destinato ai vittoriosi. “Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese: Al vincitore darò da mangiare dell’albero della vita” (2,7); “Mi mostrò poi un fiume d’acqua viva limpida come cristallo, che scaturiva dal trono di Dio e dell’Agnello. In mezzo alla piazza della città e da una parte e dall’altra del fiume si trova un albero di vita che dà dodici raccolti e produce frutti ogni mese; le foglie dell’albero servono a guarire le nazioni” (22,1-2); “Beati coloro che lavano le loro vesti: avranno parte all’albero della vita e potranno entrare per le porte nella città” (22,14).
Cos’è il Paradiso?
“Il Paradiso, più che di un luogo, è uno “stato” dell’anima in cui le nostre attese più profonde saranno compiute in modo sovrabbondante e il nostro essere, come creature e come figli di Dio, giungerà alla piena maturazione. Saremo finalmente rivestiti della gioia, della pace e dell’amore di Dio in modo completo, senza più alcun limite, e saremo faccia a faccia con Lui!” (Papa Francesco, 26 novembre 2014).
E, santa Faustina Kowalska, così lo descrive: “Oggi in ispirito sono stata in paradiso e ho visto l’inconcepibile bellezza e felicità che ci attende dopo la morte. Ho visto come tutte le creature rendono incessantemente onore e gloria a Dio. Ho visto quanto è grande la felicità in Dio, che si riversa su tutte le creature, rendendole felici” (Visione del 27.11.1936).
Infine, in Paradiso, Dante scorge volti luminosi e trasfigurati dalla gioia e atteggiamenti improntati alla più profonda serenità (cfr. Divina Commedia, Paradiso, XXXI, vv. 15-18).
Chi va in Paradiso?
Senz’altro “molti” anche se l’ingresso in questo “nuovo stato” avverrà con modalità differenti.
Sui molti abbiamo una conferma nell’Apocalisse: “Dopo ciò, apparve una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, razza, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello, avvolti in vesti candide, e portavano palme nelle mani (…). Uno dei vegliardi allora si rivolse a me e disse: ‘Quelli che sono vestiti di bianco, chi sono e donde vengono?’. Gli risposi: ‘Signore mio, tu lo sai’. E lui: ‘Essi sono coloro che sono passati attraverso la grande tribolazione e hanno lavato le loro vesti rendendole candide col sangue dell’Agnello’ ”(Ap. 7,9-14).
Gli “abitanti” del Paradiso, dunque, sono molti (l’autore dell’Apocalisse li indica con il numero simbolico di “centoquarantaquattromila”), poiché Dio ha tanto l’uomo da mandare il suo Figlio nel mondo per salvarlo. Di conseguenza, è impossibile, che la forza del “dolore-amore” di Dio non porti frutti abbondanti di santità, che il Sangue di Cristo non sia straordinariamente fecondo.
Chi compone questa moltitudine? Coloro che si sono sforzati, nonostante le fragilità, di vivere un’esistenza conforme al Vangelo, particolarmente allo spirito delle beatitudini. Faticosamente, con abnegazione e sacrificio, accettando a volte anche il martirio.
Rimane aperta la questione “dell’ingresso”.
In base alla Dottrina e alla testimonianza dei santi che hanno dischiuso solo in parte il Mistero, possiamo ritenere un “duplice ingresso”: immediato dopo la morte e al termine di un periodo di purificazione .
– Immediato. “Coloro che muoiono nella grazia e nell’amicizia di Dio e che sono perfettamente purificati, vivono per sempre con Cristo. Sono per sempre simili a Dio, perché lo vedono ‘così come egli è’ (1 Gv. 3,2), ‘a faccia a faccia’ (1 Cor. 13,12)” (CCC 1023).
Concetto spiegato da papa Benedetto XVI: “Possono esserci persone purissime, che si sono lasciate interamente penetrare da Dio e di conseguenza sono totalmente aperte al prossimo – persone, delle quali la comunione con Dio orienta già fin d’ora l’intero essere e il cui andare verso Dio conduce solo a compimento ciò che ormai sono” (Spe salvi n. 45).
–Dopo un periodo di purificazione. Però, secondo Benedetto XVI, “molta sporcizia copre la purezza di tanti di cui tuttavia, è rimasta la sete e che, ciononostante, riemerge sempre di nuovo da tutta la bassezza e rimane presente nell’anima” (Spe salvi n.46). Ecco allora la “purificazione” in purgatorio prima di entrare in Paradiso (tema approfondito nella scorsa Pillola di Saggezza.
Alcune domande comuni
L’individualità sarà annullata?
No, perché gli “abitanti del paradiso”, dopo la risurrezione dei morti, saranno esseri corporei ma immortali, non più soggetti al logoramento fisico-psichico e con facoltà intellettive ampiamente potenziate rispetto alle attuali. E, la loro individualità, sarà totalmente riempita da Dio.
Saremo esseri sessuati?
Il peccato originale ha corroso il rapporto armonico con la propria sessualità e quello tra uomo e donna riducendo il fascino dell’ amore a pulsione sessuale basata sull’irruenza e sull’impetuosità: “Verso tuo marito sarà il tuo istinto, ma egli ti dominerà” (Gen. 16b). In Paradiso, anche la sessualità sarà totalmente rinnovata e trasformata, sparendo ogni atto lesivo della dignità propria e altrui e cesserà la strumentalizzazione da parte dell’istinto. In altre parole si ritornerà al progetto originario che Dio aveva per la prima coppia; uomo e donna riacquisteranno la propria autentica “singolarità” e “originalità”.
Che rapporto avremo con famigliari ed amici?
San Tommaso afferma: “Se parliamo della perfetta felicità che ci attende nella patria, non si richiede necessariamente per la beatitudine la compagnia degli amici poiché l’uomo ha in Dio la pienezza della sua perfezione. La compagnia degli amici conferisce però la completezza della beatitudine” (Summa Theologiae I-II, 4,8). Ciò significa che il rapporto e l’affetto con “i propri cari” continuerà poiché la grazia non distrugge la natura sana ma la eleva. Quindi sarà un “rapporto perfetto”, liberato da ogni deformità, autentico, schietto ed appagante. E, pur essendo chiamati ad amare tutti in ugual modo, la distinzione che possiamo chiamare “qualitativa”, resterà. San Cipriano afferma: “Lì (in paradiso) ci attendono la folla dei nostri cari, ci desidera la moltitudine dei genitori, dei fratelli, dei figli che già sono sicuri della loro incolumità e sono solleciti per la nostra salvezza. Quale grande gioia sarà per noi e per loro giungere alla loro presenza e al loro abbraccio!” (De mortalitate, 26). Il Paradiso sarà dunque un rivedersi e un ritrovarsi!
Il desiderio del Paradiso
Il cristiano dovrebbe spesso “pensare al paradiso”; ciò non significa disimpegno terreno, fantasticheria o evasione ma agire virtuosamente ed adottare uno stile di vita santo.
Papa Francesco che in più occasioni ha parlato della santità e su questo argomento ha scritto anche una Esortazione Apostolica, Gaudete et Exsultate, ha spiegato che “i Santi non sono superuomini, né sono nati perfetti. Sono come noi, come ognuno di noi, sono persone che prima di raggiungere la gloria del cielo hanno vissuto una vita normale, con gioie e dolori, fatiche e speranze. Cosa ha cambiato la loro vita? Quando hanno conosciuto l’amore di Dio, l’hanno seguito con tutto il cuore, senza condizioni e ipocrisie; hanno speso la loro vita al servizio degli altri, hanno sopportato sofferenze e avversità senza odiare e rispondendo al male con il bene, diffondendo gioia e pace. Questa è la vita dei Santi: persone che per l’amore di Dio non sono stati ipocriti ma hanno speso la vita a servizio degli altri”. Di conseguenza, “essere santi non è un privilegio di pochi, come se qualcuno avesse avuto una grossa eredità. Tutti abbiamo avuto quell’eredità nel battesimo, è una vocazione per tutti. Tutti perciò siamo chiamati a camminare sulla via della santità, e questa via ha un nome, ha un volto: il volto di Gesù. Lui ci insegna a diventare santi, lui ci mostra, nel Vangelo, la strada: quella delle Beatitudini” (1.11.2013).
In Paradiso, poi, abbiamo una grande alleata, la Madonna, e il nostro pensiero corre al Canto XXXIII del Paradiso della Divina Commedia: “Vergine Madre, figlia del tuo figlio, umile e alta più di ogni creatura, termine fisso d’eterno consiglio (…). Donna, se’ tanto grande e tanto vali, che qual vuol grazia a te non ricorre, sua disianza vuol volar senz’ali”.
Quale grazia chiederLe? Quella della santità.
Noi saremo in quella “moltitudine”?
È la domanda che dovrebbe accompagnarci nella quotidianità, poiché essere esclusi significa che nella vita abbiamo sbagliato tutto.
Il Paradiso lo costruiamo sulla terra vivendo il “Vangelo delle Beatitudini”, offrendo a Dio l’onore che gli spetta, aprendoci alla solidarietà.
Don Gian Maria Comolli