Una scena dolcissima. Lui, alto, capelli lunghi e biondi, tiene la mano agganciata a quella della sua ragazza. Avanzano dondolandosi, quasi danzando. Scherzano, si fanno le coccole. Ogni tanto si fermano, si guardano negli occhi, si abbracciano. Poi riprendono a saltellare, a correre, a rincorrersi. A fare girotondi. C’è poco da fare, le persone innamorate fanno più bello il mondo. Quel giovanotto lo conosco, è Alberto.
La mente allora va indietro nel tempo. Era una bella e luminosa mattina di primavera. Me ne stavo seduto sul sagrato di una chiesa ad aspettare una persona. Una donna che non conoscevo, passando, mi salutò con cordialità. Fece pochi passi, poi ritornò indietro: “Padre, mi scusi – disse – sento il dovere di dirle una cosa importante. Sara, la figlia di un’amica è rimasta incinta. Il fidanzato, appena saputo la notizia, non si è fatto più vedere. Sara ha deciso di abortire. Se può, cerchi di aiutarla”. Annotai nome e indirizzo.
Un’ora dopo bussai alla sua porta. Mi presentai, ma mi accorsi che Sara e la famiglia mi conoscevano già. Spiegai loro il motivo della mia visita. Rimasero meravigliati ma accettarono di parlare. Sara era distrutta. Un mare di lacrime e di amarezza. All’improvviso le era caduto il mondo addosso. Portava in grembo un figlio, suo figlio, che avrebbe potuto essere la sua gioia ma che per adesso rappresentava il suo tormento. Non era facile per lei accettare quella gravidanza inaspettata. Michele, il fidanzato, aveva fatto perdere le sue tracce e lei era tanto giovane.
“Come faccio, padre? Se ci fosse anche lui sarebbe diverso, insieme avremmo affrontato i problemi, ma da sola come faccio?” Povera figlia, aveva ragione da vendere. Non è facile a 20 anni diventare mamma senza il sostegno di chi, fino al giorno prima, giurava di amarti. “ Hai ragione, Sara; ricordati però che noi ci siamo e non ti abbandoneremo. Se avrai il coraggio di far nascere il bambino che porti in grembo, ti assicuro che non te ne pentirai. Fidati. La vita è troppo bella, unica, preziosa per gettarla via. Con il tempo le cose cambieranno, solo se decidi di abortire non potrai più tornare indietro”.
Sara passava da uno stato d’animo a un altro alla velocità del lampo. A momenti di ansia e depressione ne alternava altri di speranza e di fede. Mille dubbi le inondavano il cuore. La paura era tanta. Povera ragazza. Aveva riposto fiducia nel suo Michele, gli aveva concesso tutto, e lui, nel momento più delicato, l’aveva abbandonata. Alla delusione per l’amore perduto si aggiungeva adesso la paura di diventare ragazza madre.
La sua mamma in un angolo piangeva. “La vita è tua, Sara. Devi decidere tu che cosa fare. Sappi che noi, qualsiasi sia la tua scelta, non ti abbandoneremo”. Che fare? Guardavo Sara con tenerezza immensa. In cuor mio pregavo. Il pensiero correva a tutte le ragazze come lei ingannate e abbandonate. Povere ragazze sulle quali cade tutto il peso della gravidanza, della maternità o la lacerante scelta di eliminare il bambino.
Sara era credente anche se con la chiesa e i sacramenti non aveva troppa confidenza. Però pregava. Si, sapeva bene che l’aborto era un delitto. Sapeva che anche suo figlio aveva il diritto di nascere. Sapeva tutto, ma era decisa a tutto. L’aborto in quelle ore le sembrava l’unica soluzione per uscire da quel labirinto in cui era finita. Sembrava proprio che lo spazio per la speranza andasse scemando. Ci incontrammo ancora.
Dopo i giorni dell’incertezza e dell’angoscia, dopo le lacrime versate e le preghiere innalzate al Signore della vita, Sara prese la sua decisione. Suo figlio sarebbe nato. “In questo mondo tanto grande ci sarà posto anche per lui” disse.
Da quel giorno, come per incanto, divenne più serena. Alberto nacque. Ebbi la gioia di battezzarlo. Mantenemmo la promessa fatta. Gli anni iniziarono a volare. Una domenica, con il giglio in mano, emozionato, ricevette per la prima volta Gesù nell’Eucarestia. In seguito la sua famiglia cambiò casa e non ebbi più modo di vederlo. L’ho incontrato l’altro giorno. Uno spilungone innamorato e felice. Luminoso come quella mattina di tanti anni prima, quando, senza saperlo, la Provvidenza mi aveva dato appuntamento sul sagrato di una chiesa. Sii felice, Alberto.
Maurizio Patriciello
Avvenire.it, 30 aprile 2018