Ricordate di aver dato un consenso a Facebook perché raccogliesse e usasse i vostri dati? I vostri figli vi hanno dato quel consenso perché poteste postare le loro foto e i loro video sulle reti sociali?
Quando avete creato il vostro profilo di Facebook e quello di Instagram e delle altre reti sociali, vi hanno chiesto di fornire la vostra data di nascita, per verificare che aveste più di 14 anni. La normativa indica che nessun minore di 14 anni può usare quelle reti, e il vostro nome dev’essere reale – niente profili fittizi.
Nel nostro profilo, tuttavia, postiamo foto di altre persone, in questo caso piccole persone, che non hanno dato la propria autorizzazione e non hanno voce in capitolo al riguardo, perché sono piccole, molto piccole. Mentre scoprono ciò che li circonda al proprio ritmo, noi genitori li stiamo già mostrando al mondo postando foto su foto.
Pensateci, perché quel materiale una volta inserito nella web può arrivare molto lontano. E senza il vostro controllo. E ovviamente senza il controllo dei vostri figli, ai quali state creando un’identità digitale da quando iniziate a postarne le fotografie. Vari studi negli Stati Uniti, dove a 5 anni alcuni bambini hanno già migliaia di foto in rete, dimostrano che gli adolescenti non gradiscono gli album di foto infantili che i loro genitori hanno inserito sui social.
I britannici hanno perfino dato un nome a questa tecnica: “sharenting”: gattonamenti, primi passi, castelli di sabbia… Tutto fotografato e postato in rete. Quando vostro figlio crescerà e sarà un adolescente che modella i propri gusti e crea la propria personalità adulta, più o meno timido e più o meno follower dei vari social, quei documenti saranno ancora “lì”.
Starete pensando: “Se quando mio figlio avrà x anni non gli piaceranno le toglieremo”. Avviso a chi naviga in Internet: leggete cosa spiega Facebook al riguardo (e non solo relativamente alle foto dei vostri figli): “Quando eliminate il vostro account, eliminiamo il contenuto che avete pubblicato, come le vostre foto e gli aggiornamenti dello stato, per cui non potrete recuperare quelle informazioni”.
“Le informazioni su di voi condivise da altre persone, invece, non verranno eliminate, visto che non fanno parte del vostro account”. “Non fanno parte del vostro account”. Ricordate questa frase, solo questa frase, ogni volta che posterete una foto di vostro figlio, e vi spiego perché.
Per ragioni di sicurezza
Questo tema è ben spiegato, e noi genitori di oggi lo abbiamo abbastanza chiaro. Un’altra cosa, però, è rispettarlo categoricamente. I dettagli delle fotografie e dei nostri profili – la nostra casa, il nostro quartiere, l’asilo, la scuola, la macchina, il giardino… Tutto questo, accompagnato dal nostro nome e spesso dal cognome. Molti dati personali, vero? Non dimenticate che ci sono scuole in cui si chiede di portare un documento per riprendere i bambini. Ragioni di sicurezza.
Per questo, pensate a quante informazioni si diffondono in un secondo con una semplice fotografia. Un’elevata percentuale delle immagini che finiscono sulle pagine web dei pedofili viene tratta dalle reti sociali, e negli Stati Uniti, secondo la American Medical Association, la percentuale arriva al 50%. Gli esperti raccomandano di non inserire fotografie che apportino dati su località, orari e altri dati relativi ai bambini, né, ovviamente, foto di bambini nudi. È anche importante rivedere periodicamente le condizioni di privacy dei nostri account per evitare un accesso totale ad essi.
L’identità digitale
Come abbiamo letto, ci sono informazioni proprie che una volta in rete sfuggono al nostro controllo. Immaginate quelle dei nostri figli! Sono piccoli, non hanno deciso né hanno alcuna capacità di controllo. Non ci hanno firmato un documento che recita: “Autorizzo mamma e papà a postare tutte le foto che desiderano della mia prima estate in spiaggia, del mio primo uso del vasino o della torta per il mio secondo compleanno”.
Siamo i loro genitori, e quindi dobbiamo vegliare sulla protezione dei loro dati, perché la rete non lo farà. In Spagna, nel marzo 2018, l’Agenzia Spagnola per la Protezione dei Dati ha multato Whatsapp e Facebook per 300.000 euro ciascuno per aver usato i dati degli utenti senza il loro consenso.
È la loro intimità
Vi piacerebbe se postassero una vostra foto del giorno in cui avete perso le chiavi della macchina al supermercato o di quando vi siete sentiti male a quella cena? Forse non vi importa, ma pensate che la persona che dovrà selezionarvi per il vostro prossimo lavoro potrebbe vederla. E lo stesso vale per i vostri figli.
Al di là di tutti i problemi di sicurezza, forse quando compiranno 18 anni non vorranno che tutti i loro colleghi di università possano vederli con il viso imbrattato di minestrina o di marmellata.
[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]Maria Josè Fuenteàlamo
Aleteia, 7 maggio 2018