Felicia Simard ha raccontato alla Marcia per la Vita canadese la gravidanza in circostanze tremende: «Ero alcolizzata, drogata, senzatetto, avevo un passato familiare di abusi di ogni tipo, ma accettare la vita e lo Spirito di Gesù mi ha donato una vita nuova».
Grida la verità con forza e ride di felicità, si compiace di se stessa perché «Dio ha tratto qualcosa dal nulla». Sembra impossibile guardando la fierezza, la sicurezza, la gioia di Felicia Simard, occhi azzurrissimi e profondi, capelli lunghi e neri, pelle chiara e labbra scure, credere a quanto ha raccontato alla Marcia per la Vita canadese.
«Grinta, coraggio, audacia e uno spirito impetuoso – non sono queste le parole con cui avrei definito me stessa prima della nascita della mia piccola». Infatti Felicia era quello che il mondo definisce «una ribelle, autolesionista: andavo contro me stessa e contro la società». Non ancora ventenne era già «gravemente alcolizzata, dipendente dalla cocaina e dai farmaci che mi venivano prescritti». Non solo, «ero una senzatetto».
Il perché di una vita senza argini, la giovane lo spiega rivivendo in parte un dolore lacerante, ma mostrando nel tono della voce di non essere più schiava di un passato che Dio trasformato. Felicia nasce da una madre drogata, sopravvive all’incesto, fa parte di una famiglia di trafficanti di droga finita in una sparatoria, «per cui eravamo nel programma di protezione dei testimoni». È addirittura vittima di «relazioni abusive che mi hanno portata fino ad essere ammanettata alla balaustra della cantina di una madre. L’esperienza del trauma era la mia normalità. E come poteva qualcuno osare giudicare la mia normalità?». Questa la sfida che Felicia lanciava al mondo con il suo comportamento ribelle».
La ragazza ha raccontato nelle sue numerose testimonianze anche la relazione con un uomo violento «che pensavo di amare», la mancanza di denaro e quindi la prostituzione, le voci e i pensieri di suicidio. Perciò, il giorno in cui scoprii che la vita viveva dentro di me pensai che sostenerla sarebbe stato impossibile…pensai: non posso sopportare un bambino in queste circostanze». Ma fu proprio in quel momento che qualcosa accadde dentro il suo cuore. «Il mio eroismo venne fuori più che altro così: dire di sì alla vita, anche senza avere idea di come sarebbe diventata».
L’audacia che sviluppò questa giovane donna per sopravvivere all’inferno la portò «a superare le dipendenze che avevo dall’età di 11 anni: bevevo eccessivamente, fumavo sigarette e miscele a mia scelta di veleni vari». Fu proprio questa forza, sviluppata per resistere e trasformata in bene, a tenere in piedi la donna di fronte alla gravidanza: «Lo spirito impetuoso – Gesù – mi ha inseguito e mi ha dato una vita proprio quando pensavo che avrei fatto un grande servizio a mio figlio condannandolo a morte». Uno spirito che portò Felicia a chiedere aiuto ad un centro per ragazze madri dove incontra «una donna di Dio» che si occupa di giovani mamme sole. Qui sperimenta per la prima volta l’amore gratuito e una vita protetta in un ambiente sano, mentre la piccola che ha in grembo la fa letteralmente rinascere a vita nuova, rendendola di fatto figlia di sua figlia.
Perciò felicia è certa che qualunque sia la situazione o la paura di una donna incinta, la sua salvezza è scegliere per la vita. «Non sei una statistica in aumento – ha gridato dal palco della marcia – non quello che società dice che diventerai. Sei abbastanza forte per scegliere la vita». Che ridona la vita, la forza e la speranza soprattutto a chi l’ha persa.
Benedetta Frigerio
La Nuova Bussola Quotidiana, 21 maggio 2018