Gli utili sono in lieve calo, ma sono stati tutti devoluti in opere di beneficienza. E c’è in generale l’esigenza di mostrare che tutti gli investimenti dell’Istituto per le Opere di Religione non sono speculazione, non sono “soldi per far soldi” – nelle parole di monsignor Giovan Battista Ricca, prelato dell’Istituto – ma piuttosto un modo di aiutare davvero le “Opere di Religione”, secondo un “approccio basato sulla fede” che, in qualche modo, si contrappone all’ “approccio basato sui rischi” utilizzato nel campo degli investimenti.
Sembra essere questo il leit motivi del Sesto Rapporto Annuale dell’Istituto per le Opere di Religione, la cosiddetta “banca vaticana” che in realtà banca non è, né si comporta da tale. I servizi, infatti, sono quelli di deposito di fondi e di gestione patrimoniale e custodia titoli.
Non c’è, in questo rapporto, nessun cenno ad una riforma degli Statuti, che sembra rimanere sospesa. Né ci sono sostanziali novità nella struttura dell’Istituto: erano stati istituiti tre sottocomitati per il Controllo Rischi, le Risorse Umane e Remunerazione e gli Illeciti Passati. Quest’ultimo ha esaurito le sue funzioni a fine gennaio 2017, e allora al suo posto è stato creato il Comitato di Business Transformation Strategy per “indirizzare i cambiamenti necessari in termini di prodotti e di servizi offerti ai clienti”.
La questione degli illeciti è il punto dolente, e il rapporto mostra la volontà di prendere le distanze dalle gestioni precedenti. Il Cardinale Santos Avril y Castellò, presidente della Commissione Cardinalizia, sottolinea nella presentazione del rapporto che si è deciso di affidarsi “ai tribunali competenti per accertare la responsabilità di soggetti che in passato, a vario titolo” hanno tradito la fiducia dell’Istituto e lo hanno “gravemente danneggiato”, e questo “nonostante i consistenti accordi transativi proposti da alcuni degli interessati per riparare ai danni causati dall’Istituto con le loro condotte”.
Il riferimento, nemmeno troppo indiretto, è alla mala gestione di cui sono stati giudicati colpevoli due ex dirigenti dello IOR e al processo contro l’ex presidente del Consiglio di Sovrintendenza Angelo Caloia per una cattiva gestione del patrimonio immobiliare – processo che tocca anche l’avvocato Liuzzi e l’ex direttore generale Lelio Scaletti, ora defunto.
In attesa che quest’ultimo processo arrivi a conclusione, e di sapere le motivazioni della sentenza del primo processo, l’Istituto continua la sua opera di “rottura” con il passato.
Tre sono le fasi che si sono succedute dal 2013 ad oggi, cioè dall’elezione di Papa Francesco preceduta di poco dalla nomina di Ernst von Freyberg come presidente del Consiglio di Sovrintendenza dell’Istituto. Nei primi anni, la necessità era quella di dimostrare una totale trasparenza, e si è conclusa con il processo di revisione dei conti dello IOR e la chiusura di molti conti dormienti. Poi, c’è stata la fase della riaffermazione della missione dello IOR, confermata dopo che Papa Francesco aveva stabilito una Pontificia Commissione Referente per vederci chiaro sulla missione dell’Istituto. E ora, è la fase del rafforzamento della nuova identità dell’Istituto.
Qualche cifra: al 31 dicembre 2017, lo IOR aveva 14.945 clienti. Il 52 per cento di questi clienti erano ordini religiosi, l’11 per cento era costituito da dicasteri della Curia Romana, uffici della Santa Sede e dello Stato di Città del Vaticano e nunziature apostoliche, il 9 per cento da conferenze episcopali, diocesi e parrocchie, l’8 per cento da enti di diritto canonico, l’8 per cento da cardinali, vescovi e clero, l’8 per cento da dipendenti e pensionati vaticani e il 4 per cento da altri soggetti, comprese le fondazioni di diritto canonico.
Le attività detenute nei portafogli gestiti dallo IOR sono pari a 3 miliardi di euro, mentre nel 2016 erano di 3,1 miliardi di euro. È calato anche il valore netto in portafogli in custodia e amministrazione, che nel 2016 era di 554,8 milioni di euro e che ora è calato a 474,6 milioni di euro. I fondi deposito erano 2 miliardi nel 2016, e sono 1,8 miliardi nel 2017.
Cala anche l’utile netto dell’Istituto, pari a 31,9 milioni di euro, mentre nel 2016 era di 36 milioni di euro, sebbene si parli nel comunicato stampa di un “miglioramento nel risultato dell’attività ordinaria dell’Istituto”.
Non ci sono stati accantonamenti degli utili. L’anno scorso, l’utile era stato messo nella disponibilità del Papa. Nel 2017, è stato investito.
La linea guida degli investimenti è stata l’enciclica Laudato Si, e, nel nome della cura della casa comune, si sono fatti investimenti su temi come la responsabilità sociale delle imprese e il ruolo delle imprese nella realizzazione di un futuro sostenibile, escludendo perciò “investimenti in imprese che violano o non rispettano in pieno principi globalmente riconosciuti in materia di diritti umani, standard lavorativi, lotta alla corruzione e lotta alla criminalità ambientale”, rinunciando persino ad “investimenti già avviati” per rispettare queste linee guida.
In generale, l’Istituto ha fatto donazioni per rispondere a richieste di aiuto, ma ha anche concesso immobili di sua proprietà in territorio italiano in comodato d’uso gratuito o con affitto agevolato per enti con finalità sociali.
Le erogazioni sono state decise dal Comitato di Beneficenza, presieduto dal Prelato e composto da dirigenti e impiegati dell’Istituto.
Lo IOR ha anche due fondi: il Fondo Opere Missionarie, usato per “elargizioni a congregazioni e istituti che svolgono attività missionarie di carità”, approvate da una commissione; e il Fondo Santa Messe, utilizzato per “elargizioni ai sacerdoti finalizzati a Sante Messe”.
Secondo Jean-Baptiste de Franssu, presidente del Consiglio di Sovrintendenza dell’Istituto, sono quattro i settori che mostrano il progresso dello IOR.
Il primo – spiega de Franssu rafforzamento dei controlli, con “molte iniziative intraprese per migliorare le procedure e la vigilanza. nuove politiche sono state adottate, come da regolamenti AIF, concernenti vari aspetti dell’operatività quotidiana dell’Istituto”; .l’assunzione di nuovi dirigenti che hanno “contribuito a fare dello IOR un istituto finanziario più forte”; quindi, l’analisi sulle operazioni di tesoreria per garantire che siano stabilite e applicate le migliori prassi in quello che è un settore decisivo per l’Istituto; il nuovo impulso dato nella lotta agli illeciti passati con “le azioni legali intraprese a Malta”.
Il secondo, il “miglioramento della qualità e dei servii offerti dell’Istituto”, e un “approccio basato sulla fede da applicare ai suoi investimenti finanziari”.
Il terzo, gli sforzi profusi in ambito fiscale, “che nel 2017 hanno raggiunto il punto di implementazione finale” e che è “il risultato degli accordi sottoscritti con l’Italia e gli Stati uniti d’America”.
“Infine – scrive de Franssu – il 2017 ha continuato a trarre beneficio da una congiuntura favorevole dei tassi di interesse; ciò ha contribuito al raggiungimento di una serie di ottimi risultati. degno di menzione è pure il lavoro intrapreso per avviare con successo relazioni con nuove banche corrispondenti”.
Certo – dice il presidente – “conseguenza dell’impatto dei recenti accordi fiscali tra Stati sovrani e dei prelievi per adempiere alle opere missionarie e caritatevoli dei clienti dell’Istituto, è stata la diminuzione dei depositi della clientela”, ma “molte delle iniziative sopra citate, volte a migliorare qualità ed affidabilità dei servizi dell’Istituto, contribuiranno ad attirare nuovi depositi”.
Andrea Gagliarducci
ACI Stampa, 22 maggio 2018