Per 12 anni il signor Castagna ha girato l’Italia parlando di perdono, forse è sopravvissuto per aprire gli occhi a noi che oggi vediamo il piccolo regno della famiglia dilaniato da delitti efferati.
Nella strage di Erba – 11 dicembre 2006 – Carlo Castagna perse il nipote Yousef, la figlia Raffaella e l’amata moglie Paola. E’ morto e il primo pensiero è saperlo di nuovo congiunto ai suoi cari dentro l’abbraccio luminoso del Paradiso, dopo 12 anni di separazione lacerante.
Lacerante, sì; ma non disperata. Per 12 anni il dono della presenza di quest’uomo è stato tra noi, molto probabilmente perché siamo noi quelli in pericolo. Non posso pensare a un Cielo cinico che separa per pura cattiveria un nonno, un padre, un marito dal resto della sua famiglia tenendolo incollato alla carne e al ricordo della mattanza. Carlo Castagna è sopravvissuto per essere un testimone attendibile della follia cristiana, che ha il suo più grande paradosso nel perdono. In un’intervista dichiarò: Il perdono, quando diventa frutto di troppi ragionamenti e di schemi, è difficile da raggiungere. Perché il perdono cozza con il pensiero umano. (da TV 2000)
Motivo per cui lui ha parlato del perdono dato agli esecutori della strage, i coniugi Rosa Bazzi e Olindo Romano, come qualcosa di immediato che gli è piovuto dal cielo, come Misericordia di Dio. È un primo, folgorante, passo da ruminare: il perdono non è un gesto per gli altri, ma per chi lo dà. Il perdono è stato l’àncora che ha impedito a Castagna si sprofondare nelle tenebre.
Seguiamo, proviamoci, la sua lucida riflessione che tante volte ha raccontato girando per le parrocchie italiane. Tutto parte dalla domanda: dov’era Dio quella notte? La sua risposta è: «Dio era accanto ai miei cari e li stava già abbracciando mentre li uccidevano».
E il pensiero di Carlo va subito a sua moglie Paola, la immagina già all’opera appena arrivata in cielo: si sarà indaffarata per infondere forza al marito che restava a patire sulla terra. Lei, Paola Galli, solo una settimana prima aveva lasciato detto al marito, con un’intuizione profetica, che avrebbe voluto scritto sul ricordino del suo funerale questo passo del Salmo 83:
Beato chi abita la tua casa:
sempre canta le tue lodi!
Beato chi trova in te la sua forza
e decide nel suo cuore il santo viaggio.
I due versetti successivi recitano: «Passando per la valle del pianto / la cambia in una sorgente», e descrivono una trasformazione provvidenziale che Castagna sente da subito, dalla notte della strage. Avverte la mano di Dio e dei suoi cari che lo sostengono a guardare, affrontare, sopravvivere una tragedia orrenda. Afferma:
La razionalità, il voler sminuzzare gli eventi, il voler trovare una risposta al perché di queste tragedie, è il modo più sbagliato per affrontarli (da Padre Pio TV).
Non è questo che ci sorbiamo sera dopo sera in tutti i programmi di intrattenimento che si cibano di cronaca nera? Non è un continuo pasteggiare a suon di cadaveri, macabri dettagli e teorie che accarezzano solamente l’ego degli esperti?
Sento di volermi prontamente mettere a tirare un lembo della veste celeste del signor Castagna. Ci aiuti. Chieda per noi l’aiuto di un discernimento umano in queste circostanze orribili che si moltiplicano.
Perché così tanti delitti tra le famiglie normali? Perché padri che uccidono mogli, madri che uccidono figli, fidanzati che s’accoltellano o si suicidano? Non so. Vedo questa ferita che colpisce a morte il seme più piccolo del nostro bene comune, vedo il veleno insinuarsi letale nella trinità terrena di padre-madre-figlio, forse proprio perché specchio della Trinità celeste. La lotta tra la luce e le tenebre oggi non si gioca alla Banca Europea, in Corea, in Iran: si gioca tra le pareti domestiche. Non so se sopravvivremo meglio con o senza l’Euro, so di certo che ci estingueremo se naufraga l’ipotesi di famiglia che ha silenziosamente tenuto in piedi il mondo finora.
Capisco, forse, perché a lei, caro signor Castagna, è stato chiesto questo calvario di 12 anni, fatto del peso del dolore, della condivisione sofferta della sua storia, della fatica degli anni che aumentano. C’era bisogno, e c’è bisogno, per noi di un testimone attendibile che ci faccia sbattere di fronte al paradosso della libertà, che lei ha sintetizzato così bene: «Se loro sono stati liberi di fare il male, io sono libero di fare il bene».
Secco e asciutto. Tutto clamorosamente qui.
Annalisa Teggi
Aleteia, 28 maggio 2018